Bertolone: la Pasqua apre per tutti l’orizzonte della vita eterna
Il messaggio pasquale di Mons. Vincenzo Bertolone vescovo di Catanzaro-Squillace:
«Il solo e vero peccato è rimanere insensibili alla resurrezione». Isacco il Siro, padre della Chiesa antica, scolpiva così la ricchezza ed il senso della Pasqua. L’efficacia di queste parole é di grande attualità perché per la stragrande maggioranza delle persone il giorno di Pasqua scivola quasi inosservato a parte la possibilità di costruirsi (chi può, naturalmente) uno dei tanti ponti da trascorrere fuori porta. Anche la nostra Calabria, dove pure resistono riti e liturgie e dove più forte che altrove è la religiosità popolare e conserva la memoria cristiana, non fa più eccezione. Tuttavia, come ci suggerisce l’apostolo Paolo, bisogna guardare il Mistero non più con gli occhi di prima, non più con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, bensì con àzzimi di sincerità e di verità (1Cor 5.6b-8). Di fronte al buio di giorni futuri e di incertezze materiali e spirituali; di fronte alla dura e lancinante situazione di malessere, spesso non si è capaci di andare oltre gli occhi di carne, oltre i precetti e le regole, oltre i ragionamenti chiari e distinti, oltre le ultima oscurità della notte. E’ il senso della precarietà umana, figlia del terrore della morte, una potenza
efficace non solo perché desta paura e angoscia, ma anche perché a causa di essa gli uomini diventano cattivi e peccano e così trasformano le aspettative di vita in odio per l’altro, in concorrenza, rivalità, sopraffazione. Questa è la morte contro la quale Gesù ha lottato fino a riportare la vittoria. Cristo è venuto per far balenare davanti ai nostri occhi anche quest’altra faccia della morte. Certo, non viene meno il volto tenebroso, fatto di solitudine, di lacerazione, persino di urlo lanciato a un Dio apparentemente distante. Ma all’alba del mattino pasquale il velo si squarcia e si intuisce l’oltrevita, l’altro viso della morte. Come si legge nell’Apocalisse, oltre c’è «la dimora di Dio con gli uomini. Là non ci sarà più la morte, né lutto né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (21, 3-4). La Resurrezione di Gesù è dunque il sigillo posto dal Padre sulla lotta del Figlio, sul suo agón. Per fare esperienza piena del Risorto non si può stare troppo fermi né alla lettera dei racconti sacri, né alle leggi della natura, né vale chinarsi a guardare le bende, il sudario, i teli, la pietra rotolata per poter cogliere davvero il senso di ciò che è avvenuto. La Risurrezione del Signore ha rotto gli schemi della normalità.
Ma allora, perché la Pasqua non è l’occasione per una ricarica della propria fede? In questa stagione particolare dello spirito, i cristiani dovrebbero anzitutto tornare alle sorgenti di luce, amore e bellezza e poi spingere i propri passi verso coloro che sono soli e abbandonati. Dovrebbero mostrare, davanti alla Risurrezione, che la vita è più forte della morte. E ciò agendo con giustizia, con l’accettare di spendere la propria vita per gli altri; rinunciando ad affermare se stessi su gli altri fino a pregare per gli stessi assassini. Insomma, i cristiani dovrebbero mettere in pratica quello che già secoli fa suggeriva l’apostolo Pietro: «Siate pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. E questo sia fatto con dolcezza, rispetto e retta coscienza» (1Pt 3,15-16). Non si nasconde la fiaccola sotto il moggio, ma la si lascia risplendere «davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone».
Credere l’incredibile, amare chi non è amabile, sperare contro ogni speranza: solo così davvero l’ultima nostra parola non sarà la morte né l’inferno, ma la vittoria sulla morte e sull’inferno. La morte non fa più paura, i grandi interrogativi dell’aldilà trovano la loro risposta, anche se non completa nella sua fantastica bellezza. Risposta incompleta, perché la Resurrezione di Gesù non è il ritorno in vita di un cadavere, come è avvenuto nel miracolo di Lazzaro. In tal caso, la Risurrezione sarebbe un prolungamento della vita precedente prima della morte definitiva. Essa, invece, è un vertiginoso passo in avanti verso una vita totale che non conosciamo, ma dove né la morte né la corruzione della carne potranno più esserci. Gesù ha detto: «lo sono la Resurrezione e la Vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11,25). Solo la fede può assicurarci che la vittoria sulla morte è possibile e che, dopo di essa, ci attendono le braccia amorose del Salvatore. La Pasqua apre per tutti l’orizzonte della vita eterna: che sia questa, allora, la Pasqua di tutti. Auguri!
Vincenzo Bertolone, Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace