Clan Arena, maxi sequestro e confisca di beni agli Scerbo di Isola
Le Fiamme Gialle della Compagnia di Crotone hanno effettuato, stamane, sequestri e confische di beni ad Isola di Capo Rizzuto per un ammontare complessivo di € 1.500.000.
Nello specifico, in esecuzione di un apposito decreto emesso dal Tribunale di Crotone – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro (Direzione Distrettuale Antimafia), Dott. Vincenzo Lombardo, sono stati sequestrati beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore di 850.000€ nei confronti di Giancarlo Scerbo, 47 anni, di Isola Capo Rizzuto.
Con due distinti provvedimenti giudiziari, inoltre, è stata disposta la confisca di beni (mobili, immobili, quote societarie, un intero compendio aziendale, autoveicoli e diponibilità finanziarie), per un ammontare di 710.000 € nei confronti di Antonio Romeo Scerbo, 49 anni, e Romolo Scerbo, 51 anni, ritenuti tutti affiliati all’associazione criminale della famiglia Scerbo, considerata una cellula della “cosca Arena”.
La “famiglia Scerbo” era già stata oggetto di attenzioni investigative nell’ambito dell’operazione di polizia giudiziaria denominata “Tucano”, condotta dalla Compagnia di Crotone, che, nel giugno del 2009, aveva portato alla luce molteplici episodi estorsivi ed intimidazioni ai danni degli amministratori dell’omonimo villaggio di Le Castella, da anni sottoposti a vessazioni per continue richieste di assunzione di personale e imposizione di fornitori di beni, servizi e guardiania.
In questo contesto, i tre fratelli erano stati tratti in arresto e tuttora sono in stato di detenzione per effetto delle pesanti condanne riportate nel processo di primo grado, integralmente confermate dal giudizio d’appello dell’ottobre 2011, per i reati di estorsione aggravata commessa avvalendosi dei metodi mafiosa.
Proprio gli elementi emersi nel corso delle indagini di polizia giudiziaria a suo tempo effettuate dai finanzieri crotonesi, furono alla base di una richiesta di delega rivolta al Procuratore Distrettuale Antimafia di Catanzaro per l’esecuzione di accertamenti finalizzati all’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale.
Le indagini effettuate, estese anche ai componenti dei rispettivi nuclei familiari, secondo quanto previsto dalla normativa antimafia, hanno evidenziato, per tutti gli interessati, la titolarità di redditi assolutamente insufficienti a giustificare l’ingente patrimonio, direttamente o indirettamente riconducibile agli stessi, individuato nel corso dell’indagine patrimoniale dalle Fiamme Gialle crotonesi, determinando l’adozione dei provvedimenti di sequestro nei confronti di Antonio Romeo Scerbo e Romolo Scerbo eseguiti nel mese di gennaio 2011.
L’indagine patrimoniale è tuttavia proseguita in quanto sono emersi nuovi spunti operativi che hanno consentito l’individuazione di ulteriori beni riferibili ai proposti. In particolare, si tratta di 3 ville con giardino, di notevole valore economico, edificate abusivamente, a partire dagli anni 2002/2003, in località Santa Domenica di Le Castella, proprio di fronte al complesso turistico “Tucano”, all’interno di appezzamenti di terreno risultati formalmente intestati ad un’altra persona, deceduta nel 2008 in Lombardia.
Queste nuovi risultati hanno ampliato ancor di più la già notevole differenza tra il tenore di vita ed i redditi percepiti e, pertanto, hanno costituito oggetto di una proposta di sequestro integrativa da parte della Procura della Repubblica – DDA - di Catanzaro, pienamente recepita dai Magistrati del Tribunale di Crotone .
Infatti, nei decreti si sottolinea come “la sproporzione tra la capacità reddituale e la consistenza patrimoniale sia di tale evidenza da costituire manifestazione chiara e concreta del reimpiego e dell’investimento in attività lecite dei proventi dell’attività criminale, consistita in condotte estorsive agevolate dall’appartenenza a sodalizi criminali che si avvalgono della forza intimidatoria tipica delle associazioni di stampo mafioso”.
Inoltre, con riferimento ai redditi dichiarati dai proposti, tutti dipendenti del villaggio “Tucano”, viene rimarcata la circostanza che essi rappresentano il profitto dell’illecito contestato, costituendo la remunerazione di un contratto di lavoro non liberamente voluto dagli amministratori, ma ad essi imposto con metodo mafioso.
L’operazione odierna rappresenta un ulteriore tassello del quotidiano sforzo profuso dall’Autorità Giudiziaria e dalla Guardia di Finanza nell’attività di contrasto alla criminalità organizzata attraverso l’aggressione dei patrimoni illecitamente costituiti, finalizzata anche al recupero di ricchezze che, per quanto possibile, saranno destinate alla collettività.