Confagricoltura Calabria. Presidente Statti su rapporto Unioncamere
"I dati -scive il presidente di Confagricoltura Calabria Alberto Statti - contenuti nel rapporto Unioncamere Calabria 2012 restituiscono della nostra regione un’ immagine certo non esaltante ma che – allo stesso tempo e con la tenacia che contraddistingue i calabresi – fornisce comunque elementi validi per guardare con fiducia ad un futuro che dipende solo ed unicamente dalle scelte che saremo in grado di fare. La contrazione del Pil, il reddito pro capite significativamente inferiore alla media nazionale, il tasso di disoccupazione, il gap infrastrutturale sono certamente punti di assoluta criticità la cui percezione è solo parzialmente mitigata dal dinamismo dell’imprenditorialità femminile e giovanile.
L’agricoltura, le cui 32.000 imprese incidono sul totale regionale per circa il 17%, registra un segno negativo, conseguenza di molteplici fattori, strutturali e congiunturali; nelle cinque provincie vi sono accenti diversi ma la contrazione del numero delle imprese è, più o meno, uniforme. Complessivamente il settore agricolo ed agroalimentare – in un contesto di straordinaria e permanente crisi – conserva intatto lo straordinario potenziale in termini di crescita; un potenziale dalla cui valorizzazione dipenderebbe – per esempio – l’inversione di rotta per un’altra delle note dolenti del rapporto e cioè la capacità di esportare, sull’export i nostri numeri, come sistema Calabria, sono troppo bassi.
Strutturalmente l’agricoltura paga il peso di ritardi storici e di scelte che, fino ad oggi, o sono mancate oppure non hanno avuto la capacità di incidere concretamente; va letto cosi – per esempio – il dato sulla dimensione delle aziende agricole calabresi che continuano a rimanere troppo piccole, a ciò dobbiamo inevitabilmente associare il tema di un associazionismo che potrebbe consentire a tante imprese d’eccellenza e con volumi produttivi poco significativi di reggere la sfida del mercato globale ed irrobustire la voce delle esportazioni. Congiunturalmente l’agricoltura sta pagando un prezzo altissimo, frutto della combinazione diabolica tra l’aumento delle materie prime e di tutto ciò che necessità per la produzione agricola e la generalizzata diminuzione dei prezzi riconosciuti agli imprenditori, una morsa che stringe le imprese tra prezzi che aumentano e guadagni che si erodono.
In un contesto siffatto assume fondamentale importanza, dunque, il tema dell’accesso al credito – come da sempre Confagricoltura sostiene - ed i dati evidenziati nel rapporto di Unioncamere lo confermano in modo indiscutibile; si materializza sempre di più l’analisi – sviluppata da tanto tempo – secondo la quale la Calabria, e più in generale gran parte del meridione d’Italia, sia considerato un territorio nel quale viene raccolto e gestito il risparmio ma gli impieghi sono eccessivamente ridotti. Il rapporto ci conferma questa tendenza e Confagricoltura Calabria ritiene sempre più giusta la strada intrapresa, quella cioè di concentrare ogni sforzo per garantire – attraverso l’interlocuzione con gli Istituti di Credito – quanta più liquidità possibile alle aziende che oggi, in un contesto del genere, si trovano a gestire i cicli produttivi, fronteggiare gli aumenti e le contrazioni del reddito, programmare i sempre necessari investimenti.
Esprimiamo dunque un giudizio prudente sui dati contenuti nel rapporto, il lavoro realizzato dalle Camere di Commercio è assolutamente utile e fondamentale tanto per le associazioni di categorie quanto per quella politica che ha su di sé il peso e la responsabilità di scelte senza le quali è difficile immaginare un futuro più confortante della realtà attuale. Da questo punto di vista – ed in considerazione delle previsioni economiche per il 2013 – l’organizzazione degli imprenditori agricoli calabresi ritiene strategico l’approccio unitario e responsabile; occorre che la Calabria faccia sistema e che la sua classe dirigente sia consapevole della complessità delle sfide. Le imprese agricole – seconda voce del contesto economico regionale – sono pronte a fare la propria parte ma urgono riforme radicali ed investimenti.