Reggio, ‘ndrangheta: un arresto per omicidio
I Carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 4 persone legate alla 'ndrangheta. Uno degli arrestati è accusato dell'omicidio di Rocco Frisina, compiuto nel gennaio del 2008 a Delianuova (Reggio Calabria) mentre gli altri tre rispondono di detenzione illegale di armi. Il delitto, secondo gli investigatori, fu compiuto nell'indifferenza di molte persone presenti all'agguato.
DETTAGLI | I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale D.D.A., nei confronti di 4 soggetti legati alla ‘ndrangheta, di cui uno ritenuto responsabile di omicidio aggravato dal metodo mafioso e gli altri indagati per reati in materia di armi. Le indagini, condotte dai Carabinieri della Compagnia di Palmi e coordinate per la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria dal Procuratore Aggiunto dott. Michele Prestipino Giarritta e dal dott. Giovanni Musarò,hanno consentito di far luce sull’omicidio di Rocco Frisina avvenuto tra l’indifferenza della folla il 03 gennaio del 2008 a Delianuova.
Il commando composto da 2 killer (Angelo Macrì [destinatario del provvedimento e resosi irreperibile] e Leo Italiano), infatti, erano entrati in azione tra le 17:00 e le 18:00 in una via centralissima del centro aspromontano alla presenza di numerose persone (parenti, amici, semplici conoscenti o curiosi), nessuna delle quali, però, forniva un apporto significativo all’indagine, anzi tutti negavano di aver assistito alla sparatoria, sostenendo addirittura di essere giunti sul posto solo successivamente. Rocco Frisina, gravemente ferito, era stato trasportato d’urgenza presso l’ospedale di Polistena e di lì presso gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, dove è morto il 5 gennaio 2008 a causa delle ferite da arma da fuoco riportate. Le investigazioni, svolte dai Carabinieri di Palmi, hanno consentito di ricostruire con assoluta chiarezza il contesto nel quale l’omicidio è maturato, la dinamica e la causale dello stesso e di identificarne i responsabili. A tale risultato si è giunti progressivamente, costruendo con pazienza un mosaico probatorio che ha consentito via via di accertare che l’omicidio di Rocco Frisina era inserito nel contesto mafioso di Delianuova, centro aspromontano collocato nel cosiddetto “mandamento tirrenico”, dove operano diverse famiglie appartenenti all’organizzazione unitaria denominata ‘ndrangheta, in particolare quella degli Italiano (all’epoca capeggiata dal vecchio boss Giuseppantonio Italiano, storico “Patriarca” della ‘ndrangheta operante nella fascia tirrenica della provincia reggina, deceduto per cause naturali nel gennaio 2010) e quella dei Macrì (eloquentemente soprannominati “i pacci” per via della follia e della violenza che da sempre ne contraddistinguono le azioni);
che Frisina (la vittima dell’omicidio) era uomo di fiducia di Giasone Italiano (figlio di Giuseppantonio e tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Meta” per il delitto di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e tuttora detenuto); che fra gli Italiano ed i Macrì erano sorti dei dissapori per una somma di denaro (pari ad € 20.000) che questi ultimi pretendevano dagli Italiano, a titolo estorsivo, per alcuni lavori realizzati sul territorio di Delianuova, in particolare emergeva che i Macrì pretendevano dagli Italiano una quota delle tangenti che questi avevano percepito da una ditta che eseguiva i lavori sul territorio di Delianuova; che per tale ragione Frisina era intervenuto in difesa degli Italiano, e su preciso incarico di questi (i quali ritenevano di dover pagare una somma corrispondente ad € 10.000), litigando furiosamente con i Macrì; che nel pomeriggio dello stesso giorno Rocco Frisina era stato eliminato, a seguito di un vero e proprio agguato di chiara matrice mafiosa eseguito a colpi di arma da fuoco; che, successivamente, gli Italiano avevano consegnato ai Macrì la somma da questi pretesa, pari ad € 20.000; che l’omicidio di Frisina era stato materialmente eseguito da Angelo Macrì (detto “Pinello”), giunto sul luogo dell’agguato a bordo di una autovettura condotta da Leo Italiano, cognato di Salvatore Macrì (fratello di Angelo).
Al fine di addivenire all’identificazione degli autori dell’omicidio, veniva avviata una complessa attività d’indagine anche nei confronti dei parenti della vittima. Proprio indagando in tale ambito familiare, venivano acquisiti importantissimi riscontri e delle chiare conferme a quanto stava emergendo dal complesso dell’attività svolta. Nel corso delle intercettazioni che hanno riguardato, in particolare, un cognato di Frisina, Elio Giordano, inoltre, sono emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di diversi soggetti, tutti di Taurianova, per delitti in materia di armi. Gli indagati sono il predetto Elio Giordano, il nipote Raffaele Giordano e Francesco Alampi. Si accertava, infatti, che i predetti avevano la materiale disponibilità di diverse armi da sparo, che riuscivano a procurarsele ed a rivenderle con facilità, dimostrando inoltre notevole dimestichezza nonché competenza tecnica in materia, al punto da essere in grado di eseguire personalmente modifiche e/o riparazioni. Nelle loro conversazioni, gli indagati usavano un lessico convenzionale (es. macchine, figliola) che però è apparso di facile comprensione anche alla luce di diverse prove tecniche (spari o “scarrellamenti”) che venivano compiute con le armi e che sono state intercettate. I predetti sono ritenuti responsabili di detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo, sia singolarmente, che in concorso tra loro. I due Giordano ed Alampi sono stati tratti in arresto alle prime luci dell’alba e sono stati condotti presso la Casa Circondariale di Palmi (RC), mentre Macrì è tuttora attivamente ricercato.