Salute: dolore cronico colpisce 1 su 5 nel mondo,in Italia 1 su 4

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Foto: Agi

Nel mondo un adulto su 5 soffre di dolore cronico, percentuale che sale a uno su 4 in Italia. In Europa, il primato del dolore è dei norvegesi: ne è colpito il 30%, quasi uno su 3. Il Paese dei fiordi è seguito da Polonia (27%) e Italia (26%). I Paesi dove si soffre meno, invece, sono Spagna (12%), Irlanda e Gran Bretagna col 13%. Mal di schiena ed emicrania sono i dolori più diffusi: si stima, infatti, che una persona su 2 soffra di mal di testa almeno una volta all'anno, mentre ogni adulto ha sofferto di un episodio di dolore muscolo-scheletrico almeno una volta nella propria vita.

I dati sono stati presentati nel corso della conferenza stampa di presentazione del 14mo congresso mondiale sul dolore, in corso al MiCo (Milano Congressi) fino al 31 agosto. All'evento partecipano oltre 7mila esperti, provenienti da più di 110 Paesi. Il paziente tipo che soffre di dolore cronico, indipendentemente dal Paese di provenienza, è donna (56% dei casi) e ha un'età media tra i 40 e i 50 anni. In un caso su 5 la patologia porta alla perdita del lavoro o a un ridimensionamento del percorso professionale e nel 21% dei casi influisce sullo stato emotivo, portando alla depressione. Inoltre, gli esperti identificano una relazione inversamente proporzionale tra il livello di istruzione e il grado e la persistenza del dolore. Paolo Marchettini (presidente del comitato organizzativo locale del congresso e responsabile del centro di medicina del dolore di Milano) spiega: "Il 30% dei cittadini con un livello di istruzione medio-basso ha esperienza di dolore severo, mentre l'incidenza scende al 17-18% nella popolazione con un titolo di studio elevato. Questo fenomeno si spiega con la presumibile migliore capacità di una persona più istruita di comunicare con il medico".

Nell'anno mondiale contro l'emicrania (che termina a ottobre) gli esperti sostengono che l'analisi del cervello con le moderne tecniche di brain imaging apra nuove prospettive per la terapia. Irene Tracey, dell'Università di Oxford, ha sottolineato che grazie al brain imaging si possono "identificare le aree più importanti da cui nasce il dolore e studiare come altre aree, una volta divenute attive, lo peggiorino notevolmente generando ansia, depressione e aspettative negative". Dunque, aggiunge Marchettini, lo stato emotivo di una persona o un'aspettativa negativa "possono aumentare il dolore" al punto tale da "abolire completamente gli effetti della morfina". Al contrario "dormire profondamente quasi annulla il bisogno di analgesici post operatori". Insomma si è aperta un'ampia e interessante prospettiva per gli studi sul dolore, un campo ancora in gran parte da scoprire.