Concluso a Trebisacce il primo convegno ecclesiale diocesano

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«La Chiesa è chiamata ad essere famiglia, privilegiando attraverso l’azione pastorale gli aspetti educativi. Solo così l’esperienza della fede e dell’amore cristiano può essere fatta propria e vissuta dalle famiglie e trasmettersi da una generazione all’altra». Questa la riflessione con la quale monsignor Nunzio Galantino, vescovo della Diocesi di Cassano all’Jonio, ha concluso il convegno ecclesiale diocesano, incentrato sui temi del ruolo degli adulti, della loro formazione cristiana, del loro contributo alla definizione di una più incisiva pastorale della famiglia. Argomenti trattati ed approfonditi nei saloni del “Miramare hotel palace” di Trebisacce nel corso di tre giornate (l’ultima delle quali quella di ieri) segnate da un’intensa partecipazione di fedeli, laici, religiosi e sacerdoti: circa 500 per ognuna delle sessioni in programma.

I lavori, aperti dal Pastore della Chiesa cassanese alla presenza di diversi sindaci del territorio, in primis quello di Trebisacce Franco Mundo, sono entrati nel vivo con la relazione di don Armando Matteo, teologo e assistente nazionale della Fuci. «L’essere adulti – ha spiegato don Matteo - non è solo una questione anagrafica, ma sotto il profilo educativo è la capacità di assumere in pieno la vocazione umana, che è vocazione al bene, alla giustizia, alla capacità di porsi quale modello autorevole per le generazioni più giovani». Ha quindi aggiunto don Matteo: «È importantissimo formare adulti pronti ad accettare il tempo che passa, ad accogliere la morte ed a testimoniare ragioni di vita che suscitino amore e dedizione nei giovani. Senza adulti con queste caratteristiche, ogni progetto di educazione e ogni progetto di Chiesa corre il rischio del fallimento». Traccia poi ripresa e sviluppata da don Antonio Mastantuono docente di Teologia pastorale e catechetica presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale di Napoli: «Occorre guardare alla catechesi per adulti come alla strada per costruire comunità adulte nella fede: sono ancora troppi gli adulti che vivono il dualismo tra fede pensata e fede praticata. La sfida sarà di individuare un modo di essere Chiesa che stia più con la gente e che contribuisca ad irrobustire la fede pensata trasformandola in testimonianza».

Nella seconda giornata i lavori sono ripresi con l’intervento di don Pietro Romeo, delegato della Consulta regionale di pastorale familiare, che ha accesso i riflettori sulla corresponsabilità missionaria, attraverso l’analisi dei testi paolini dedicati alle figure di Aquila e Priscilla: «I due sposi vengono portati ad esempio dall’apostolo perché incarnano i tratti che definiscono bene i laici: l’annunciazione di Gesù, la collaborazione con l’apostolo e l’accoglienza della comunità cristiana nella propria casa. La sfida delle parrocchie sarà di creare una pastorale con le famiglie e non soltanto per le famiglie, sostituendo alla generica collaborazione una forma organica di corresponsabilità». Quindi a seguire, la testimonianza di una coppia di sposi, Guido e Lucia Gliozzi, responsabili della Commissione regionale per la famiglia.

Ieri la terza e ultima sessione, con la nuova relazione di don Pietro Romeo. «La crisi che stiamo vivendo – ha affermato il delegato della Consulta regionale di pastorale familiare - scaturisce da molteplici fattori che possono ricondursi sostanzialmente ad uno: una profonda svolta antropologica. Nelle parrocchie, nelle congregazioni religiose, nelle associazioni ecclesiali il futuro è dar vita a comunità in cui portare avanti una grande sperimentazione di nuovi itinerari iniziatici, in cui vivere e condividere i processi reali della nostra trasformazione nello Spirito del Cristo». Infine, il dialogo tra relatori e pubblico e le conclusioni del Vescovo. «I convegni servono per aiutarci a recuperare il senso vero dell’essere Chiesa oggi e la capacità di rispondere al mandato di Cristo Gesù: quello di essere in un territorio segno concreto e visibile della sua presenza amorevole. Ed è in questo spirito che vanno lette le mie conclusioni, che aprono all’impegno di ciascuno, a rivedere qualche nostra posizione acquisita e ben radicata e, soprattutto, a quanto lo Spirito di Dio può averci suggerito». Quindi la chiosa finale: «Da questi giorni esco con l'impegno di farmi custode attento e geloso dei sogni sulla nostra Chiesa. E mi sento obbligato a difenderli da quanti vogliono farli morire, orientando di più la mia azione perché nelle nostre parrocchie e in tutte le nostre realtà ecclesiali si possa osare di più nelle scelte: osare più Vangelo, più carità, più relazioni, più formazione. E quindi meno ripetitività, meno gesti di culto fine a se stessi, meno parate. Facciamo entrare nelle nostre Chiese un po' di quell'aria, un po' di quella sofferenza, un po' di quella incertezza e un po' di quella speranza che caratterizza tante famiglie del nostro territorio per essere loro sempre più vicini e per diventare noi stessi ancor più, sempre più, famiglia».