Cosenza: confronto tra sindacati e gruppo Ubi

Cosenza Attualità

Riceviamo e pubblichiamo una nota sindacale della segreteria Cgil Cosenza e Fisac/Cgil Cosenza in merito alla riduzione di personale all’interno del gruppo Ubi e Banca Carime.

“Il 7 settembre inizierà a Bergamo il confronto tra i vertici del gruppo UBI e le Organizzazioni Sindacali del credito relativamente all’ennesima trattativa che ha quale oggetto la riduzione del personale del Gruppo UBI e quindi anche di Banca Carime, giustificata in questo caso dalla crisi economica e dal contesto di recessione strisciante che ha colpito anche il sistema bancario che, pertanto, ha necessità di rafforzarsi sia sotto il profilo patrimoniale che della liquidità, puntando pressoché unicamente sulla riduzione dei costi.

Nelle precedenti occasioni – ormai così tante e così frequenti che se ne è perso il conto – le giustificazioni di analoghe manovre sono state altre, ma il risultato finale è sempre stato lo stesso: una riduzione di personale con una perdita secca di posti di lavoro mai completamente recuperati con nuove assunzioni; la perdita di professionalità e di strutture organizzative; l’arretramento delle quote di mercato detenute; il distacco progressivo dal territorio ed il disinteresse rispetto al sostegno ed allo sviluppo dell’economia sana, con il corollario in una Regione come la Calabria di lasciare campo libero alle organizzazioni criminali nella conquista, nel controllo e nel finanziamento di quello che rimane del sistema produttivo.

Questa volta, però, c’è una punta di amarezza in più nell’affrontare la discussione, perché tra le misure che verranno adottate dal punto di vista organizzativo c’è la previsione di accentrare su Bari a partire già da gennaio 2013 le due uniche strutture direzionali della Banca rimaste a Cosenza. Dalla costituzione di Carime avvenuta il 1° gennaio 1998, tali strutture peraltro sono andate sempre più ridimensionandosi, quando non ricollocate altrove, e sempre più spesso Nord, in particolare per quanto riguarda le strutture più importanti e dotate dei poteri decisionali, in ossequio al modello cosiddetto “federale” che solo formalmente ha lasciato autonomia alle Direzioni Generali delle singole aziende. Si tratta di una esperienza che oggi si dovrebbe avere il coraggio di dichiarare conclusa, come ha fatto la quasi totalità degli altri gruppi bancari italiani, scegliendo la “banca unica”: così davvero si conseguirebbero risparmi e sinergie, eliminando inutili duplicazioni delle strutture gestionali e direzionali, nelle quali siedono anche i rappresentanti dei territori e delle imprenditorie locali.

Proprio a tale ultimo riguardo ci chiediamo ora – e pensiamo di poterlo fare legittimamente – se in Carime qualcuno di tali esponenti abbia almeno chiesto di approfondire le motivazioni addotte per lo spostamento degli Uffici prima di accettarlo, temiamo, senza alcuna recriminazione. Ma ci domandiamo anche perché in un intero quindicennio mai nessun esponente istituzionale e politico, qualunque fosse lo schieramento di appartenenza, abbia inteso alzare la voce a difesa di una istituzione più che di una azienda quale era la Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania. Dal sogno forse megalomane del grande Centro Direzionale di Cosenza dove operavano all’inizio degli anni ’90 oltre ottocento fra lavoratrici e lavoratori, si sta per pervenire probabilmente all’abbandono definitivo di Cosenza da parte della Banca, lasciando qualche decina di lavoratrici e lavoratori – quelli che non hanno i requisisti necessari all’esodo – in un palazzo semideserto, che probabilmente verrà dismesso come accaduto per l’immobile gemello. Un tristissimo epilogo per una storia più che centenaria, le cui ricadute graveranno ancora una volta sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali, se anche stavolta le istituzioni, la politica e la società cosentina e calabrese – alle quali pubblicamente ci appelliamo - non alzeranno la voce per tentare di fermare tale scelta, nella consapevolezza che lo spostamento degli Uffici da Cosenza, insieme alla chiusura ed al ridimensionamento che riguarderà circa 30 filiali in tutto il Sud ed alla fuoriuscita entro la fine dell’anno di oltre duecento dipendenti, impoveriranno ulteriormente i territori meridionali, in assenza di un contestuale ma soprattutto concreto progetto di rilancio della Banca e delle sue strategie commerciali.

La presenza anche simbolica della Banca ha significato per loro la possibilità di uscire dal secolare isolamento del Mezzogiorno, di non accettare senza lottare un declino che ci è stato descritto come inarrestabile ma per realizzare le aspirazioni di crescita delle forze sane, intelligenti e creative che con grande fatica e spesso con grandi sacrifici continuano a restare in queste terre, scommettendo sul loro futuro e quello delle nuove generazioni”.


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