Cgil Cosenza: presentato il rapporto “Por Calabria e mancato sviluppo”
La Cgil di Cosenza ha presentato il rapporto “Por Calabria e mancato sviluppo”. I lavori sono stati introdotti da Giovanni Donato, segretario generale della Cgil di Cosenza. “Questo report rientra in una serie di attività che abbiamo in calendario e che culmineranno con una conferenza programmatica – ha detto Donato -. Giovedì 15 dicembre discuteremo di Area urbana e crisi, lanciando una serie di progetti per il rilancio del territorio. A inizio 2012 inoltre affronteremo le problematiche di altri due zone: le aree interne e il Tirreno cosentino”. “E’ nostra intenzione affiancare la mobilitazione, che ci vede costantemente in prima linea, con le proposte e con l’elaborazione di studi dal rigore “scientifico” – ha concluso Donato -. In questa visione di sindacato rientra anche questo rapporto sui finanziamenti europei che analizza le motivazioni di un fallimento che è sotto gli occhi di tutti”. Il report è stato illustrato nel dettaglio da Claudio Sposato, segretario organizzativo della Cgil di Cosenza. “Dal rapporto emergono con chiarezza le responsabilità delle classi dirigenti calabresi che nel corso del tempo hanno negato il futuro ai giovani – ha affermato Sposato -. La Cgil di Cosenza non si rassegna al declino del nostro territorio, per questo motivo siamo in campo con le nostre idee che, ci auguriamo, possano essere accolte da istituzioni, partiti e parti sociali”.
SINTESI DEL RAPPORTO | I fondi comunitari non hanno prodotto risultati significativi in termini di sviluppo e occupazione, un fallimento comune a tutti i tipi di finanziamento pubblico che dal 1906 ad oggi sono giunti in Calabria. Basti pensare che solo nell’ambito della programmazione 2000-2006 la regione ha ricevuto fondi Por per 4.034.497.392 euro, impegnando 4.858.537.408,84 euro e spendendo 4.160.570.699,25 euro. Per la programmazione 2007-2013, la Calabria è destinataria complessivamente di 3.858.738.806 euro di fondi Por. Si tratta di somme rilevanti che, come detto in precedenza, non hanno inciso sul tessuto socio-economico calabrese.
D’altronde, i dati sull’economia regionale parlano chiaro: l’occupazione e il Pil calabresi sono tornati ai livelli di dieci anni fa, la crisi ha cancellato i timidi e fragili passi in avanti nel recente passato. I numeri fotografano bene quella che è una realtà di ritardi e gap sotto gli occhi di tutti: secondo la Svimez, il Pil in Calabria nel 2010 è aumentato dell’1%, un dato inferiore a quello nazionale (1,3%) e del Centronord (1,7%). Il Pil calabrese rappresenta il 55,8% del Pil del Centronord, la percentuale complessiva del Sud è del 58,5%. Sul fronte del lavoro, nel 2010 i disoccupati sono cresciuti del 3,5%, mentre gli occupati sono calati del 12,7%. Neanche sul fronte delle infrastrutture sia materiali sia immateriali i contributi stanziati dall’Unione hanno determinato un salto di qualità.
L’analisi sul disastro dei finanziamenti europei è complessa e presenta molti punti di contatto con gli insuccessi che hanno caratterizzato gli interventi straordinari del secolo scorso, a testimonianza del fatto che in più di cento anni nessuno è stato in grado di mettere in campo serie politiche di sviluppo. Probabilmente nel corso del tempo è mancato un progetto chiaro di crescita sociale, culturale, lavorativa ed economica nel quale inquadrare le politiche legate ai fondi comunitari. Spesso è stata preferita una strada più semplice, quella di una spesa fine a se stessa, giusto per non perdere i fondi o per favorire l’amico di turno. A questa considerazione di carattere generale, si accompagnano criticità specifiche: burocrazia farraginosa, mutamenti di strategie dovuti ai cambi di governo nazionale e regionale, scarso coordinamento, assenza di controlli rigorosi, una classe politica concentrata più sugli interessi particolari che su quelli pubblici, un tessuto sociale debole, imprenditori incapaci di stare sul mercato senza le sovvenzioni, se si esclude qualche eccezione, l’impiego dei contributi comunitari per coprire la spesa ordinaria. Un quadro così confuso ha naturalmente favorito la crescita dell’affarismo, delle truffe e della criminalità. A questo proposito preoccupano i dati sulle frodi ai fondi Ue che vedono l’Italia ai primi posti in Europa e la Calabria ai primi posti nel nostro Paese. Solo nel 2010 la Guardia di finanza ha accertato nella regione frodi ai fondi strutturali per oltre 145 milioni di euro. Ulteriori effetti negativi sui contributi comunitari derivano dal meccanismo di erogazione: per ottenere materialmente i soldi del finanziamento occorre rendicontare la spesa e quindi anticiparla di tasca propria.
Un capitolo a parte meritano i ritardi nell’utilizzo dei fondi che da sempre contraddistinguono la Calabria. Se per la programmazione 2000-2006 il pericolo di restituzione è stato scongiurato per un soffio, a scapito della qualità della spesa, per la programmazione 2007.2013, la Ue ha più volte richiamato la Calabria a rispettare i target di impiego. Ai rilievi di Bruxelles ha replicato la giunta regionale, assicurando il rispetto dei tempi. L’Unione ha altresì sospeso i pagamenti giudicando parzialmente inaffidabile il sistema di gestione e controllo regionale. Sui tempi di spesa ha inciso pure il fatto che la nuova giunta regionale ha voluto dare una propria impronta all’utilizzo di fondi comunitari. Al termine di un lungo processo di ricognizione e determinazione, la giunta Scopelliti, con una delibera del luglio scorso, ha varato i Pisl (Progetti integrati di sviluppo locale) e confermato i Pisr (Piani integrati di sviluppo regionale) che hanno una dotazione di più di 400 milioni di euro. Così come accaduto in precedenza a tentativi simili di sviluppo dal basso, ad esempio i Pit, e più in generale a tutti i finanziamenti pubblici, anche i Pisl e i Pisr soffrono la mancanza di un progetto più complessivo di crescita. Al contrario, i Pisl e i Pisr dovrebbero essere accompagnati da una visione teorica più ampia e da una verifica sul campo della fattività dei progetti. L’auspicio quindi è che le istituzioni, soprattutto la Regione Calabria, già da subito elaborino una necessaria strategia di crescita economica, occupazionale, sociale, culturale di largo respiro costruita intorno alle finalità fissate dall’utilizzo dei fondi comunitari. Solo così si potrà superare il principale ostacolo che ha impedito finora ai finanziamenti europei di incidere sullo sviluppo della regione.