Ciancio: Catanzaro prenda esempio dal coraggio di Don Pino Puglisi
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione a 19 anni dalla tragica uccisione del Beato Don Pino Puglisi da parte di Sebastian Ciancio Presidente della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) di Catanzaro:
"Oggi, 15 Settembre 2012, dovrebbe rappresentare per tutti noi una data speciale in memoria dell’esempio e del coraggio di Don Pino Puglisi. Doppiamente cruciale, doppiamente significativa poiché, parallelamente al Suo 75simo anno di nascita, ricorre il XIX anniversario della Sua “nascita in cielo”. – Lo scrive in una nota Sebastian Ciancio Presidente della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) di Catanzaro - Una vita vissuta all’insegna della solidarietà, al servizio dei giovani dei quartieri più emarginati, silenziosa, umile, pacata, lontana dalla visibilità e dal clamore. Una testimonianza di santità posta al servizio di una piaga sociale che non ha risparmiato e non risparmia tuttora i giovani, colpendoli e privandoli di prospettive sociali sane. Una testimonianza di fede autentica stroncata (ma solo sulla carta) dalle tenebre, dalla sopraffazione e dalla violenza brutale della mafia; sulla carta perché due assassini Lo hanno strappato dall’ombra dove operava senza enfasi, senza retorica ma con la tenace determinazione dell’operaio del Vangelo, per mostrarLo in piena luce e consegnarLo definitivamente alla memoria collettiva.
“Più che uccidermi non possono fare”. Così Don Pino Puglisi, rispondeva sorridendo a coloro che Lo invitavano alla prudenza e al ripensamento quando sceglieva di non cedere alle lusinghe e ai ricatti dei mafiosi. Già allora Lo definivano “eroe”, “prete- coraggio”, “prete anti-mafia” ma Lui controbatteva con la schiettezza e semplicità d’animo che Lo caratterizzava, ammettendo di non conoscere e di non comprendere il prefisso “- anti”, segno della profonda coerenza e umanità con il quale praticava il Suo ministero. "Chi diede l'ordine di ucciderlo – testimonia Mons. Bertolone, postulatore della causa di beatificazione di Don Pino Puglisi nonché nostro amato Arcivescovo - lo fece non per eliminare un pericoloso nemico, alla stregua di magistrati, giornalisti, esponenti delle forze dell'ordine e della societa' civile ma per cercare di fermare un luminoso testimone di fede". E adesso, dopo un lungo e complesso processo canonico, è arrivato il decreto con cui Papa Benedetto XVI ha riconosciuto il “martirio in odium fidei” del sacerdote e ne autorizza l'auspicata beatificazione nei prossimi mesi.
Ritengo, però, che Don Pino Puglisi non debba essere ricordato e celebrato come un prete “eccezionale” , “straordinario” ma come un prete “ normale”, “vero”, che ha cercato di vivere la sua missione sacerdotale con la forza della coerenza e l’armonia della lealtà. Don Pino Puglisi non usava parole complicate, non compieva gesti clamorosi; viveva straordinariamente l’ordinario, raccontando a tutti la fede semplice del Vangelo tradotta con l’umanità del pastore che chiama i suoi figli ed è sempre pronto ad accoglierli. L’opera di Puglisi si potrebbe riassumere più sinteticamente in tre punti: “la Parola, le parole e i fatti”. La “Parola” di Dio predicata con passione e intensità durante il proprio ministero, le “Parole” con cui è divenuto possibile trasmettere l’amore di Cristo e scuotere le coscienze della gente ed infine i “fatti” che testimoniano alla storia come Don Pino Puglisi abbia aiutato tanti giovani ad uscire dal tunnel della paura e dell’ignoranza. Don Pino Puglisi è stato quindi un uomo che ha portato a compimento il suo dovere fino in fondo.
La Sua immagine non dovrebbe rimanere impressa in santini e libri di spiritualità ma nei cuori di tutti noi cittadini del Mezzogiorno. Il Suo messaggio dovrebbe essere incessantemente veicolato come monito nella lotta per la legalità e la denuncia sociale. Il martirio di Don Pino Puglisi dovrebbe indurre a riflettere i nostri amministratori locali e i nostri operatori di giustizia. Dovrebbe incoraggiare tutti a sentirsi responsabili riguardo alla costruzione della pace e del bene comune perché Don Pino non è stato solo il chicco di grano che si è lasciato gettare nella terra, dove marcire per dare frutto ma è stato un chicco di grano che si è lasciato porre sotto la macina, stritolare e ridurre a farina. Ma la farina, solo incontrando il lievito, si arricchisce di fermenti che l’aiutano a crescere e a divenire pane digeribile e soprattutto conservabile.
E quel lievito è nelle mani di chi crede oggi a un mondo diverso, a chi si è impegnato e vuole impegnarsi ancora come Don Pino a costruire una realtà nuova, densa di amore e altruismo. La nostra e le altre città prendano esempio dalla testimonianza vivissima e limpida di questo prete palermitano. Don Pino Puglisi ci insegna che non è poi così assurdo vivere e crescere i propri figli nel rispetto della legalità, della dignità e della libertà personale anche in un Sud schiavo dell’impossibilità di governare bene, in un Sud sempre più solo e schiavo di se stesso”.