‘Ndrangheta: boss, aprite processo a stampa, nulla da nascondere
Hanno chiesto di "aprire il processo alla stampa perché non abbiamo niente da nascondere" e minacciato di revocare il mandato ai loro legali - come facevano i brigatisti nei processi per terrorismo - molti degli imputati del maxi-processo milanese d'appello 'Infinito', con al centro le infiltrazioni della 'ndrangheta in Lombardia. - Lo scrive l'Agi - "Vogliamo maggiori garanzie", hanno spiegato, in sostanza, i detenuti dalle gabbie rivolti alla Corte, lamentando, in particolare, "lo scarso rispetto della singole posizioni processuali e delle garanzie costituzionali" in un processo che vede alla sbarra 110 imputati, tutti condannati in primo grado con rito abbreviato, nel novembre 2011, a pene fino a 16 anni di carcere.
Oggi all'inizio dell'udienza numerosi imputati dalle gabbie hanno prima annunciato di voler revocare il mandato difensivo ai loro legali per protesta e poi hanno deciso di tornare sui loro passi "nel rispetto dei nostri avvocati". A quel punto, Domenico Lauro, presunto affiliato alla ‘locale’ di Cormano (uno dei 15 clan sparsi, secondo l'accusa, tra Milano e l'hinterland) ha preso la parola davanti ai giudici a nome di molti degli imputati, tra cui anche Cosimo Barranca, il presunto boss della ‘locale’ di Milano.
"Vogliamo maggiore rispetto per le nostre singole posizioni - ha detto Lauro - e non vogliamo che venga celebrato una sorta di 'rito ambrosiano' solo per noi, senza garanzie". Per Lauro, poi, "questo processo (con rito abbreviato e quindi a porte chiuse, ndr) deve essere aperto alla stampa, perché non abbiamo niente da nascondere".