Cicala: la Ra.Gi. ad un convegno sul riciclo creativo
Grande l’interesse suscitato dalla Ra.Gi Onlus, nell’ambito del convegno svolto in seno alla Fiera d’Autunno a Cicala. L’evento, promosso dall’associazione culturale “La Giurranda”, riguardava il riciclo, come si evince anche dal titolo: “Riciclo creativo, un’arte sociale e solidale”. Lo staff della Ra.Gi Onlus è stato invitato per dare una testimonianza della sua esperienza del riciclo proposto come percorso terapeutico di cura per gli anziani malati di demenza, all’interno dello Spazio Al.Pa.De.. All’incontro, svolto domenica, hanno preso parte, oltre ad Elena Sodano, presidente della Ra.Gi, anche il sindaco di Cicala, Alessandro Falvo, Andrea Dominianni, vicepresidente di Legambiente Calabria, Maria Sannino, responsabile “Roots & shoots regione Campania per The Jane Goodall Institute Italia, e le insegnanti del Compresivo “D.Lamannis” Gimigliano – Cicala coi loro allievi. Gli interventi sono stati moderati da Stefania Rotella, vicepresidente de “La Giurranda”.
“Se consideriamo la demenza di Alzheimer - malattia per la quale una terapia risolutiva ancora non esiste – poco spetta alle competenze tecniche di colui che si prende cura del malato e quasi tutto il suo compito diviene di ordine morale. Egli, rispettando il principio di autonomia e dignità del paziente, dovrà fare tutto il possibile per conservargli il massimo di qualità di vita concesso in quelle condizioni, salvaguardarne il benessere fisico e ridurre, per quanto sia possibile, la velocità di deterioramento delle capacità intellettive, nonché facilitargli l’adattamento al sociale”, così ha esordito il presidente della Ra.Gi.
“In particolare oggi, che il crescente numero di patologie inguaribili ha messo in crisi l’abituale modello “diagnosi-terapia-guarigione” della medicina tradizionale, si percepisce la necessità di cercare nuove soluzioni in grado di fronteggiare, comprendere ed alleviare la sofferenza. Pertanto, siamo convinti che preoccuparsi della qualità di vita del malato di Alzheimer significhi prendersi cura attivamente di pazienti che non rispondono ai trattamenti “riparativi”, proponendo loro degli interventi riabilitativi – complementari e sinergici rispetto ai farmaci - mirati ai vari aspetti cognitivo, funzionale, comportamentale e affettivo. Ecco perché le “terapie espressive” fanno leva sulla somma del bagaglio di tecnica e di espressione artistica che costituiscono l’impianto teorico e metodologico di una serie di discipline unite da un denominatore creativo”, ha proseguito la Sodano. “Da qui l’utilizzo del termine terapie espressive per indicare delle “tecniche che vengono accomunate dal fatto di essere non verbali, cioè contrapposte alla psicoanalisi e alle terapie che si basano sull’uso e sulla filosofia della parola, cioè della obiettivazione, della definizione, del contenimento logico delle emozioni.
Noi riteniamo che il grosso rischio dei tradizionali programmi riabilitativi nel campo delle demenze sia quello di banalizzare il contesto, prendendo in considerazione solo il modesto recupero o la faticosa conservazione di alcune funzioni cognitive che stanno per svanire. In tale ottica le performances del malato di Alzheimer vengono giudicate buone solo se sufficientemente rapide e precise. Noi siamo convinti, al contrario, che sia più utile combattere la depressione e l’isolamento del malato di Alzheimer cercando nuove vie di comunicazione. Più che stimolare i nostri malati a fornire “prestazioni efficaci” e “spiegazioni logiche” ci sforziamo di lasciarci andare in una comunicazione empatica con il nostro paziente. D’altro canto, le arti-terapie, pur indubbiamente utili, godono di una certa “a-specificità”, poiché, per impostazione metodologica, tendono a valorizzare la creatività artistica con propositi curativi, sono fondate su di un rapporto tipo maestro-allievo, ed hanno come scopo, più che la riabilitazione o la terapia di specifici quadri psicopatologici, il benessere psicologico dell’individuo, sia esso affetto da malattia di Alzheimer, o da qualsiasi altro tipo di patologia.
Il riciclo creativo, ovvero la creazione di oggetti ornamentali con l'utilizzo di materiali da riciclo, si inserisce in questo contesto, generando un perfetto connubio di intenti: quello terapeutico e quello eco – sostenibile. Nei trattati sulle demenze, le terapie espressive vengono collocate assieme alla terapia occupazionale, nei paragrafi dedicati agli “interventi di stimolazione aspecifica. Questa è la nostra posizione nuova e, per certi versi, controcorrente: ciò che l’operatore deve favorire è l’emergenza di nuovi fenomeni e di nuovi comportamenti nel malato di Alzheimer, proponendo degli stimoli aperti. L’operatore non può e non deve essere un modesto “riattivatore” di funzioni perse. Egli dovrà diventare l’attore responsabile del cambiamento del proprio malato, ovvero, il perturbatore costruttivo di un nuovo sistema. Noi siamo convinti che la “sconfitta terapeutica” si realizzerà laddove c’è rinuncia ad ogni tentativo di dare senso all’esistenza”.