Rossano: “Chi Banda non Sbanda”, concerto in carcere
Il 19 dicembre nel carcere di Rossano si è svolto un concerto di musica che, per l’ennesima volta era aperto al pubblico esterno, e – soprattutto- alle scolaresche rossanesi. Si tratta della seconda edizione del progetto “Chi Banda non Sbanda” che vede impegnata l’Orchestra “Paolo Ragone” di Laureana di Borrello all’insegna della musica e della solidarietà. I ragazzi dell’Orchestra, diretti dal loro instancabile maestro Maurizio Managò, si sono esibiti in un concerto memorabile, nel Teatro del penitenziario di Rossano in una dimostrazione di autentica vicinanza da parte dei ragazzi alla popolazione detenuta, al fine di abbattere le barriere e trasmettere emozioni, sensazioni e vibrazioni che solo la musica può regalare. Prima di iniziare l’esibizione il Direttore del penitenziario, Dott. Giuseppe Carrà, ha consegnato una targa ricordo al maestro dell’orchestra Managò, e una alla Presidente dell’Associazione a sugellare la collaborazione che dura da circa un anno.
Impeccabili come sempre, i giovani Orchestrali, per nulla intimoriti dall’atmosfera del carcere, dove due mondi agli antipodi s’incontrano, legati dal filo conduttore universale della musica, hanno suonato una serie di pezzi in maniera magistrale, come fossero su uno dei palcoscenici di altissimo livello cui sono, ormai, abituati.
Circa 350 i partecipanti della Comunità Rossanese a conferma del livello, della validità e della qualità di una manifestazione che è cresciuta sempre di più nel corso di pochi mesi. Hanno partecipato le scolaresche del Liceo Classico, Liceo Scientifico, Liceo Linguistico e numerose classi dei diversi plessi diretti dal Preside Michele Grande, presente personalmente al teatro con i suoi insegnanti di cui alcuni insegnano anche nell’Istituto penitenziario e numerose associazioni impegnate nel sociale. Particolare significato ha avuto anche la presenza di una rappresentativa della squadra di pallavolo di Corigliano che ha voluto anch’essa simboleggiare l’agire nel rispetto delle regole e della legalità. Altrettanto importante è stata la partecipazione della scuola media “Leonardo da Vinci” con bambini della I^ -II^ e III^, corrispondenti alle classi di chitarra, flauto, pianoforte e violoncello facenti parte dell’orchestra musicale della scuola in una sorta di gemellaggio con i ragazzi dell’Orchestra di Laureana.
Il Direttore Carrà ha anche voluto ricordare Fabrizio Pioli, l’elettrauto di Gioia Tauro scomparso da diversi mesi e presumibilmente ucciso, indicandolo come vittima non tanto e non solo della mafia ma della “mentalità mafiosa” e come esempio da seguire per contrastare quella che può essere definita una vera e propria ideologia mafiosa o filomafiosa cercando di fare capire ai giovani la gravità del dare spazio a tale forma di sub cultura che uccide, non solo fisicamente, ma che strumentalizza disagi e bisogni diffusi per andare a vantaggio solo delle associazioni criminali schiavizzando la Calabria e i calabresi.
Dichiarazione del Direttore Carrà | “Quisque faber fortunae suae. I ragazzi di Laureana sono portatori di questo messaggio: ognuno è artefice del proprio destino! Hanno dimostrato e dimostrano che è possibile, oltre che doveroso, trovare percorsi alternativi alla criminalità, andare oltre il futile, riuscire a dimostrare che l’uomo non deve essere preso in considerazione come “Homo oeconomicus ” ovvero di un uomo che persegue come obiettivo la massimizzazione del suo proprio benessere e l’interesse esclusivo per la cura dei suoi propri interessi individuali. Questi ragazzi dimostrano come il carcere non deve essere concepito come luogo di “vendetta sociale” ma come luogo in cui deve essere scontata una pena per un reato commesso ma -anche e soprattutto – come luogo in cui ci sono persone che prima o poi usciranno e ritroveremo nella società accanto a noi; al bar, in coda alla cassa del supermercato, in fila al semaforo.
Allora, se non si perde di vista questo spunto riflessivo, si intuisce che il carcere deve diventare il posto dove si offre la possibilità di cambiare la vita condotta sino ad allora verso un percorso di revisione critica del proprio vissuto in cui il tempo della pena diventa tempo della vita. Il carcere può e deve essere un prezioso strumento a disposizione del cittadino, deve concorrere all’accrescimento della società attraverso, come in questo caso, l’elargizione di un contributo autentico che rappresenta l’interesse, il vincolo indissolubile, del mondo penitenziario al mondo libero e alla società civile. In tal senso, il carcere, diventa quindi una sede di sperimentazione sociale sia per la società che per gli studenti che per i detenuti.