Barresi: per cambiare il paese i cattolici devono partecipare
Riceviamo e pubblichiamo nota del sociologo economista Salvatore Barresi dal titolo “per cambiare il paese i cattolici devono partecipare”:
“C’è un rischio che incombe sul nostro Paese, un rischio che sia chiama “disoccupazione”. Se non partiamo da questo grave rischio, come urgenza del Paese, non possiamo affrontare nessun altro problema come il lavoro, la famiglia, la crisi economica e sociale e la nuova povertà. Risulta evidente che si pone il problema per chi votare alle Elezioni Politiche del 24 e 25 febbraio 2013. Per chi voterà il cattolico? È chiaro che se sbagliamo adesso non possiamo più avere alibi e affermare che i cattolici non hanno colpa, perché i cattolici contano e per cambiare devono partecipare andando a votare. Non c’è un Vangelo che ci ammonisce a votare a destra, centro o sinistra.
Non c’è un Profeta che ha parlato per nome e per conto di Dio su quale partito e candidato votare. Non c’è un Comandamento di Dio che intima per chi votare, ne un articolo del Credo per quale candidato credere, ne c’è una petizione nel Padre Nostro che ci indica la scelta migliore. C’è solo la coscienza e la coerenza dell’uomo di fede. Il cattolico ha un compito preciso quello di partecipare alla vita sociale e evangelizzare la politica: “C’è chi pensa che la politica sia un’arte che si apprende senza preparazione, si esercita senza competenza, si attua con furberia. È anche opinione diffusa che alla politica non si applichi la morale comune, e si parla spesso di due morali, quella dei rapporti privati, e l’altra (che non sarebbe morale né moralizzabile) della vita pubblica.
La mia esperienza lunga e penosa mi fa invece concepire la politica come saturata di eticità, ispirata all’amore per il prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune” (Don Luigi Sturzo). Allora per chi deve votare il cattolico? Sono in tanti ad affermare che quasi il 38% degli italiani sono indecisi e che di questi il 30% sono credenti e praticanti cattolici. Non mi viene difficile pensare che i cattolici hanno fatto l’Italia e l’Europa ed hanno saputo dimostrare di essere sempre protagonisti degli eventi, costituendo una base solida di equità e solidarietà senza rinunciare a valori e principi non negoziabili. Perché oggi c’è questa indecisione? A mio avviso l’indecisione del cattolico italiano è dovuta alla paura di non farcela, una paura che viene dal non fidarsi di Dio, una paura che proviene dalla mancanza di fede adulta e matura. Una paura che limita il cattolico a partecipare al cambiamento vero e reale.
Un cambiamento che deve arrivare a riproporre una democrazia libera e partecipata. Oggi, più che mai, la democrazia italiana ha bisogno del contributo dei credenti cattolici. Uomini di fede che credono nell’intervento di Dio nella storia dell’umanità; che credono che Dio non abbandona l’uomo al caso né lo lasci marcire nel male. Se oggi la grave urgenza del nostro Paese è la disoccupazione, sapendo che se non si risolve il rischio è di sacrificare intere generazioni; se oggi in Italia è evidente una assenza di politiche familiari adeguate e durature e la famiglia rischia il tracollo; se la crisi economica e sociale è il sintomo drammatico di uno spaesamento più profondo, i cattolici devono ritornare a sperare in Dio che opera per il bene dell’uomo, convinti che possa avverarsi la democrazia dell’alternanza evitando che si cristallizzi in modo stabile e duraturo un gruppo sociale al potere, ristabilendo e affermando il valore infinito della persona, la sua libertà, l’uguaglianza, la natura plurale della società, il valore della legge e l’importanza dell’autentico consenso popolare.
I cattolici devono andare a votare convinti e sorretti da un’incrollabile speranza che ogni persona - la più piccola, la più debole o deforme, disoccupata, povera, ultima - abbia una dignità infinita e che davanti ad essa la politica non possa che mettersi in ginocchio a servirla e che quindi ogni società, ogni istituzione, ogni denaro, ogni cosa non sia che uno strumento, perché la vita delle persone possa meglio fiorire liberamente. Un grande uomo di fede e di chiesa oggi vivente, mons. Fisichella, ministro vaticano per la nuova evangelizzazione, ha affermato recentemente che: «…i cattolici in politica, a qualunque partito appartengano, abbiano a cuore i principi non negoziabili».
Forse da qui che bisogna ripartire per avere una idea su chi votare. La presenza trasversale dei politici cattolici in tutti i partiti è un dato ormai acquisito. La Chiesa ha a cuore i principi non negoziabili e chiede ai credenti di impegnarsi a loro difesa nella vita pubblica, a prescindere dallo schieramento nel quale si trovino ad operare. Anche se si sentono dire tante fantasie, il cattolico che assume una responsabilità pubblica, da credente deve essere un esempio di stile e di contenuto, animando la politica verso una speranza di miglioramento per essere la più alta forma di carità. Mons. Fisichella ha affermato che: "È compito dei politici cattolici attivare sinergie di forze positive anche con chi non crede: fede e ragione sono complementari". Le elezioni del 24 e 25 febbraio 2013 sono il traguardo verso cui procede a grandi passi la politica italiana e la paura dei cattolici porta ad un impoverimento delle idee da mettere in campo.
Una paura che limita il pensiero cattolico e la trasmissione della fede di cui è impregnato. Io sono convinto che il contributo dei cattolici democratici ha contribuito a costituzionalizzare il potere politico, lottando prima contro il totalitarismo, quando il potere si era fatto assoluto, e sforzandosi poi di portare la democrazia italiana a compimento in una matura democrazia dell’alternanza. Oggi più di ieri, senza dimenticare che i cattolici democratici hanno combattuto il fascismo, ed hanno scritto quella che viene definita la più bella Costituzione del mondo, hanno cercato di sviluppare la democrazia in Italia fino a comprendere - con Aldo Moro, Ruffilli, Elia, Scoppola e molti altri - che il compimento del loro contributo alla democrazia italiana doveva essere quello di realizzarne le condizioni di funzionamento attraverso un moderno sistema di partiti.
Partiti aperti, puliti, popolari, stabili, europei che non cambiano ad ogni stagione. Io credo, da Diacono cattolico credente e praticante, che sia importante votare per chi vuole rinnovare l'assetto istituzionale e affrontare il problema della crisi demografica collegati, in primis, al lavoro e alla famiglia. C’è un assetto istituzionale obsoleto che va rinnovato, che ha paralizzato, in questo ultimo ventennio, come con il fascismo, tutte le energie sane del Paese iniettando paura e sconcerto soprattutto tra i cattolici. Un’epoca caratterizzata dalla mancanza di speranza che ha fatto dimenticare Dio, occupati a sopravvivere, senza lavoro. Se il lavoro manca non è possibile costruire una famiglia. Senza la famiglia non si fanno figli. Senza la famiglia non c’è impresa, non c’è sviluppo.
Un’epoca caratterizzata da una burocrazia asfittica e da una pressione fiscale, non ultima l’IMU contro la famiglia, che ha bloccato la crescita economica e sociale. Un’epoca caratterizzata da fenomeni di perdita di aderenza al certo, al sicuro; giovani e adulti precari a vita senza possibilità di futuro. Io credo che sia importante votare per chi vuole creare lavoro attraverso una politica integrale per la famiglia, che la favorisca sotto ogni profilo, anche quello fiscale e che non trattenga i privilegi. È importante votare per chi vuole affrontare subito il problema demografico, il nostro è un paese che non fa figli e dunque non cresce. I cattolici devono riappropriarsi della loro natura di fede, quella fede pensata che porta ad alimentare una buona tensione morale, proveniente dalla società civile ‘pulita’ che oggi non alimenta più né le istituzioni politiche né quelle economiche.
Infine, i cattolici, praticanti e non, devono affrontare i problemi senza partito preso e senza foderare la nostra coscienza con la formula magica dei temi non negoziabili, perché i “principi non negoziabili”, che riguardano la tutela della vita e della famiglia tradizionale, sui quali la Chiesa giustamente non intende derogare, non devono svilire e radicalizzare le posizioni, anzi, creare le condizioni per discussioni di alto profilo. Dovremmo farci risuonare, e prima di decidere per chi votare, le vigorose parole di Maria nel Magnificat: "Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili".
Qualunque scelta, qualunque pensiero politico, dovrebbe sempre tenere ben presente questo: che la logica del potere prima o poi rovescia tutti quelli che la vivono, mentre la logica dell'umiltà prima o poi offre i suoi frutti alla vita di chi la vive. L’impegno sociale del cristiano trova il suo fondamento nel fatto che Dio in Gesù Cristo si è incarnato, si è fatto uomo. Dunque non si può sfuggire alla storia, all’impegno per la giustizia, per la pace, per la salvaguardia del creato”.
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