Ledda (Legacoop):“Scavi di Copanello abbandonati”

Catanzaro Attualità

Nonostante il Comune di Staletti' abbia bonificato con gusto l'area in cui sorgeva l'ecomostro abbattuto anni fa creando uno spazio libero dalla vergogna della cementazione la stretta terrazza del promontorio roccioso famoso per le vasche di Cassiodoro, a pochi metri i resti che non escludono un sarcofago attribuito a Cassiodoro e' totalmente coperto da erbacce di ogni tipo, che non permettono ne una visita, ne il riconoscimento dei ruderi". Lo afferma, in un comunicato, Quirino Ledda, responsabile del settore cultura della Legacoop calabrese.

"Il sito di San Martino di Copanello - dice Ledda - e' stato identificato da P.Courcelle nel 1938 con il monasterium Vivariense o Vivarium, fandato da Cassiodoro, il cui nucleo iniziale era probabilmente costruito dalla villa costiera di proprieta' del senatore stesso; probabilmente esso sopravvisse durante l'altomedioevo sotto il nome di San Martino, conservato fino agd oggi. Emilia Zinzi ipotizza invece un periodo di abbandono seguito da una ripresa connessa con una immigrazione di monaci dall'Oriente Cristiano. Concesso (forse ridotto ad una semplice chiesa con degli annessi) all'abbazia benedettina della Santa Trinita' di Mileto alla finer del XI secono, il monastero viene definitivamente abbandonato nel XII secolo e la comunita' si trasferisce nel monestero castellense. Del complesso restano i ruderi pertinenti ad una basilichetta a navata unica, affiancata da ambienti rettangolari, gia' precedutra da un nartece e terminante con una cella trichora, con a sud-est un ambiente poligonale contenete un sarcofago attribuito a Cassiodoro".

"La chiesa - segnala Ledda - ha subito gravi danni negli ultimi decenni a causa di una sconsiderata espansione edilizia, piu' volte denunciata. I sondaggi compiuti dall'Ecole francaise - continua - nel 1985, riprendono le indagini compiute dal Courcelle negli anni Trenta, hanno permesso di verificare l'esistenza di piu' fasi ipotizzate dalla Zinzi. Le indagini hanno accertato che la Trichora, probabilmente pertinente alla villa preesistente (spogliata dalle installazioni termali) o ad un mausoleo (come frequentemente attestao) si apriva all'origine su una sala quadrangolare, corrispondente al troncone orientale della navata. Alla meta' del VI secolo, con la trasformazione in chiesa, la sala quadrata e' prolungata a costituire la navata, subito affincata a sud da una sala laterale; la chiesa, che misura oggi metri 15X5, e' costruita con una tecnica edilizia meno raffinata. Di recente, ne e' stato distrutto il c.d. Nartece. Dopo una distruzione (connessa all'invasione longobarda?), l'edificio subisce radicali trasformazioni; i muri, rasati all'altezza delle fondazioni, sono ricostruiti ed alla trichora si addossa un ambiente quadrangolare connesso probabilmente ad un culto funerario. La tecnica edilizia e' caratterizzata dall'impiego di materiali diversi: blocchi di calcare, frammenti di granito e di laterizi, probabilmente provienti dalla spoliazione della citta' di Scolacium. L'ambiente e' pavimentato con laterizi quadrangolari (cm.35X30) che, come i muri, mostrano tracce di un incendio. Ci auguriamo - conclude - che la Soprintendenza provveda urgentemente alla bonifica di uno dei siti piu' significativi della storia cassiodorea". (Agi)