Arbitro di calcio indagato per diffamazione

Reggio Calabria Cronaca

Archiviato a scioglimento della riserva il procedimento giudiziario per diffamazione. Lo ha deciso il Gip del Tribunale di Rossano, accogliendo integralmente le motivazioni difensive, per l’arbitro di calcio della Sezione AIA di Cosenza, Paolo Pranno, difeso dall’avvocato Luigi De Gaetano del Foro di Rossano. Ha denunciarlo un calciatore della società di calcio Paludi squalificato a seguito di una gara per aver inseguito l’arbitro. Era l’11 dicembre 2011, quando l’arbitro Pranno, per come consuetudine, si recava a Scala Coeli per dirigere una partita di calcio di 3° categoria tra la squadra ospitante e il Paludi. Nel corso della gara, molto intensa dal punto di vista agonistico e non solo, si verificavano diversi episodi gravemente sleali che comportano l'adozione di alcune espulsioni a carico dei calciatori della squadra ospitata. Il risultato della partita decretava la sconfitta per 2-1 della squadra ospitata ed alcuni calciatori di essa, ritenendo che l'arbitro avesse determinato, con i suoi molteplici errori, il risultato negativo della gara, si lanciavano al suo inseguimento, tentando a più riprese, di speronare la sua auto e provocandole danni alla carrozzeria. Questi, per evitare di sbandare richiedeva l'intervento dei Carabinieri di Rossano al fine di essere soccorso, senza tuttavia riuscirvi.

L'indagato riconosceva uno di essi e riportava fedelmente punto per punto sul referto di gara ogni episodio che aveva scatenato la furia dei calciatori. Conseguentemente, il giudice sportivo di Rossano comminava sanzioni disciplinari (squalifica) e pecuniarie (ammenda) rispettivamente a carico dei soggetti autori di tali atteggiamenti violenti e della società. Il calciatore squalificato, ritenendo di non aver partecipato a tale inseguimento in quanto, a suo dire, dopo la partita si trovava all'interno di un bar di Paludi, denunciava l'arbitro per diffamazione, essendo i dati riportati non veri e lesivi della sua immagine. Esaurite le indagini, il pubblico ministero presso il Tribunale di Rossano richiedeva l'archiviazione, ma il Gip non l'accoglieva e fissava l'udienza in camera di consiglio per il 21 marzo 2013. A tale udienza compariva, nell'interesse dell'indagato, l'avvocato Luigi De Gaetano, il quale depositava memoria difensiva con allegato Statuto della Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio), ritenendo l'insussistenza dei presupposti di un'imputazione a carico dell'arbitro. In primo luogo, secondo il difensore, che tra l'altro riveste la qualifica di Presidente degli arbitri di calcio della Sezione di Rossano da diversi anni ed ha acquisito una comprovata esperienza nel settore, la presente vicenda rientra nel “cd. ordinamento sportivo” che è autonomo rispetto a quello statuale, come prevede espressamente la Legge 280/2003 ed anche la giurisprudenza, per cui ogni questione di natura disciplinare dei propri tesserati deve essere devoluta agli organi di giustizia sportiva; vige, in sostanza, il principio del “cd. vincolo sportivo”. In sostanza lo Stato ha dichiarato il proprio disinteresse per ogni questione concernente l'osservanza delle norme dell'ordinamento sportivo. In secondo luogo, rileva il medesimo penalista, tutti coloro che partecipano ad un campionato di calcio devono sottostare a quanto previsto dallo Statuto della Figc ed il Giudice sportivo, organo sportivo deputato a sanzionare le condotte colpose dei calciatori e/o dirigenti di squadre, sia esso locale che gerarchicamente superiore, aveva, nella fattispecie, confermato quanto riportato dall'arbitro nel referto.

Inoltre, l'avvocato De Gaetano, nel corso della sua disquisizione di diritto sportivo, sottolineava che i tesserati, in virtù della cd. “clausola compromissoria”, sono obbligati ad adire gli organi di giustizia sportiva per ogni questione che riguardi le gare di calcio. Nel caso di specie, i fatti riportati dall'arbitro sono stati confermati dal giudice sportivo sia di primo che di secondo grado, atteso che il denunciante si è visto rigettare anche il reclamo. Ne discende l'assoluta carenza di una valenza diffamatoria nel provvedimento emesso dal giudice sportivo e diramato nel comunicato ufficiale partorito dal referto di gara dell'arbitro. Difatti, il Gip nei giorni scorsi depositava il provvedimento di archiviazione nei confronti dell'arbitro.