Asp Catanzaro: “dati Agenas interpretati ad arte per danneggiare l’ospedale di Lamezia”
“Il raffronto dei dati dell’Agenas, relativi alla mortalità degli scompensati di cuore nel nostro ospedale, con quelli riferiti al S. Anna Hospital di Catanzaro o al Policlinico di Germaneto falsa la realtà, dal momento che in queste strutture non ricoverano pazienti con quel tipo di patologia, né esiste il Pronto soccorso che accoglie le emergenze”. Sono le prime osservazioni espresse da Andricciola, direttore facente funzione dell’Unità operativa Cardiologia dell’Ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, sul contenuto dell’articolo pubblicato su un quotidiano regionale, nel quale sono riportate le affermazioni delle Associazioni “Ssl” e “Lamezia 2.0”, che puntano il dito sulle presunte inefficienze del nosocomio lametino. Sulla questione sono intervenuti anche tutti i primari dell’ospedale lametino, che condividono le osservazioni di Andricciola e che sono indignati per quello che è stato scritto sui giornali, dove la realtà è stata falsata.
Andricciola spiega che “lo scompenso cardiaco è una patologia molto complessa e grave, che si presenta in svariati modi, e che già per questo è difficile fare dei paragoni con altre realtà, ma diventa addirittura surreale confrontare i dati sulla mortalità per scompenso cardiaco nel nostro ospedale, dove vengono trattati pazienti provenienti anche da altri centri, con quelli di strutture dove i casi di morte per la medesima patologia sono a zero semplicemente perché fanno zero ricoveri per scompensati di cuore”.
“E’ importante anche considerare - continua - quanto si è fatto nei reparti per fronteggiare queste malattie. Nella Cardiologia di Lamezia, con interessamento anche del Direttore Generale, abbiamo aperto un ambulatorio per lo scompenso cardiaco a cui afferiscono tantissime persone che sono state ricoverate da noi o in altri reparti. Questo tipo di ambulatorio serve proprio per diminuire sia i ricoveri sia ovviamente le complicanze di tipo infausto, quelle stesse che strumentalmente ci vengono attribuite. Questo è un modo per cercare di aiutare le persone, per cercare effettivamente di migliorare quello che è la prognosi. Nella nostra regione poi, le persone più anziane non si rivolgono ad altre strutture, come per esempio accade in altre regioni dove ci sono RSA o cliniche o altro, e quindi se anche lì la mortalità si attesta su una bassa percentuale, ciò è dovuto al fatto che i tanti malati con questa patologia hanno la possibilità di andarsi a ricoverare in cliniche private o altre case di cura, distribuendosi sul territorio senza concentrare la loro presenza in un solo ospedale, determinando di conseguenza un alleggerimento per ciascuna struttura dei casi di mortalità a breve termine”.
“Quindi il problema è complesso e prima di fare terrorismo mediatico pubblicando dati e tabelle, sotto titoli azzardati e facendo paragoni assurdi - stigmatizza Andricciola - bisognerebbe valutare con scrupolosa attenzione quei numeri ai quali con troppa superficialità e imperizia viene dato un valore non realistico e fuorviante. In questo modo si fa del male sia ai pazienti, che diventano dubbiosi su un eventuale ricovero, sia naturalmente agli operatori sanitari, che si sentono tacciare di incompetenza. Offrire ben evidenti al pubblico dei prospetti che vanno letti non semplicemente per come appaiono, ma tenendo conto di aspetti che i lettori e non solo loro ignorano, non può che indurre a ritenere che per gli scompensati è conveniente farsi curare là dove il dato sulla mortalità è zero, non sapendo che a non fare morire nessuno non sono le cure migliori a cui viene sottoposto il paziente, ma è, più realisticamente, l’assenza di ricoveri per scompenso cardiaco”.
“Lasciare credere – prosegue Andricciala - che in un ospedale la mortalità per una data patologia è più elevata rispetto a un altra struttura, senza tenere conto che dove si muore ci sono 500 ricoveri in un anno e dove non si muore non ci sono ricoveri per la stessa patologia, significa che o si è molto superficiali oppure in mala fede. In entrambi i casi si fa solo terrorismo e questo non giova a nessuno. E’ giusto, inoltre, precisare che lo scompenso cardiaco viene classificato in classi da 1 a 4, in ordine crescente secondo la gravità. Ciò significa che chi ha uno scompenso al quarto stadio va incontro alla morte in un anno al massimo un anno e mezzo. Quindi è chiaro che se io ricovero uno scompenso al quarto stadio, il rischio che quella persona muoia è più elevato, mentre se ricovero un paziente al primo stadio, vuol dire che ha un potenziale di vita di 10, 20, 30 anni”.
“Il primo dato da considerare è che lo scompenso aumenta man mano che avanza l’età; il secondo dato è che arrivare al quarto stadio significa che, a iniziare dall’esordio della malattia, il paziente è stato varie volte in Cardiologia, in Medicina, in Bronco, arrivando molto lentamente fino al quarto stadio ricevendo per decine di anni cure e assistenza. Alla fine, dopo un progressivo peggioramento, la maggior parte muore nei nostri reparti, proprio perché, a differenza del nord Italia, questa tipologia di pazienti non ha da noi la possibilità di essere ricoverata in altre strutture, non ce ne sono, c’è solo l’ospedale, per cui quando qualcuno sta morendo lo portano in ospedale dove muore o muore a casa subito dopo esserci ritornato. Ovviamente ogni decesso fa aumentare la percentuale di mortalità, ma non per questo smettiamo di ricoverare e prestare assistenza a un malato grave. Possiamo arrivare pure al 20 - 30% di morti, però non smettiamo di stare fino all’ultimo istante vicino a queste persone. A questo punto chi “mischia le carte per confondere i lametini” non è il Dott. Mancuso, ma qualcun altro. Peccato che dopo aver studiato con tanta solerzia i dati dell’Agenas, le associazioni che vorrebbero apparire come tutori della sanità lametina, appaiono invece come i suoi maggiori detrattori”.
A queste considerazione del primario di Cardiologia Andricciola bisogna poi aggiungere alcune osservazioni su come sono state effettuate queste indagini e chi ha elaborato i dati. Il primo novembre scorso il Corriere della Sera pubblica un’inchiesta sul lancio del portale www.comedovemicuro.it dove spiega che la pagella-semaforo “non è proprio parziale”. Anche al Tg1 delle 20 del primo novembre viene mandato in onda il servizio sul portale anche se non si chiarisce che si tratta di un portale privato e quindi non istituzionale. "Anche sul portale, alla sezione 'chi siamo' - spiegano dall'Asp -, non è chiaro chi lo gestisce, solo che si tratta della Formex Srl di Milano, una società di servizi in ambito sanitario..."
"Il lancio del portale www.comedovemicuro.it è stato fatto a Roma in pompa magna - sostengono ancora dall'Azienda Sanitaria - alla presenza dell’ex ministro della Salute Ferruccio Fazio, insieme a Walter Ricciardi, direttore del dipartimento di Sanità pubblica dell’Università Cattolica-Policlinico A. Gemelli e coordinatore del team di ricerca che in due anni ha raccolto tutte le informazioni riguardanti ospedali, cliniche, presidi sanitari e policlinici universitari del nostro Paese".
Le fonti relative ai dati degli indicatori considerati sono: il Programma Nazionale valutazione Esiti, gestito dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali per conto del Ministero della Salute e lo Sportello Cancro - Corriere della Sera, in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi per il progresso delle scienze. Il periodo cui si riferiscono i dati corrisponde all’ultimo anno disponibile e cioè: la prima è del 2005-2010 (pubblicata nel 2011) e la seconda del periodo 2005-2012 (pubblicata nel 2013).