‘Ndrangheta: imprenditori milanesi chiedevano aiuto alle cosche
Una 'ndrangheta ormai così radicata in Lombardia da incutere timore ai testimoni fino alle porte del Palazzo di Giustizia di Milano, talmente pervasiva da attrarre nella sua orbita gli imprenditori del Nord, ben felici di pagare le cosche in cambio di favori e protezione: ecco il quadro che emerge dall'operazione messa a segno da carabinieri e Guardia di Finanza che - coordinati dal pm Paolo Storari - ha condotto stamattina all'arresto di otto affiliati alla 'ndrina dei Barbaro-Papalia, originaria di Platì ma presente nell'hinterland milanese ormai da decenni.
"Il concetto di infiltrazione della 'ndrangheta nel tessuto produttivo del Nord, ormai, non rende l'idea del fenomeno - ha affermato il pm Storari nel corso della conferenza stampa che si è tenuta stamattina - perché sembra presupporre una malattia che aggredisce un corpo sano. Qui, invece, in quasi tutte le indagini, ho visto sempre l'imprenditoria milanese che si rivolge per prima alla 'ndrangheta, e non viceversa".
Imprenditori come Silvano Scalmana, titolare di numerose discoteche milanesi, che nel 2012 si mette in contatto di sua spontanea volontà con la cosca per ottenere protezione e di fatto - secondo quanto emerge dalle indagini - acquista dal clan Barbaro-Palia un "pacchetto completo di servizi", che non includono solo la vigilanza sui suoi locali, ma anche la capacità d'intimidazione: quando qualche mese dopo Scalmana sarà coinvolto in un'ordinaria procedura fallimentare, gli 'ndranghetisti si metteranno a disposizione per convincere i teste a ritrattare le dichiarazioni rese alla magistratura in precedenza. Agli uomini della cosca basta presentarsi con il loro spessore criminale e - senza bisogno di esercitare la violenza - ottenevano dai testimoni un cambiamento di 360 gradi delle loro deposizioni.
Imprenditori come Flavio Scarcella, uno degli arrestati, attivo nel business della fornitura di buttafuori ai locali della movida milanese, anch'egli corso a chiedere la protezione della 'ndrangheta. Ma l'inchiesta sta permettendo anche di risolvere crimini ormai lontani nel tempo, come l'omicidio di Giuseppe De Rosa, un nomade ucciso nel 1976 alla discoteca "Skylab", un assassinio che - secondo quanto si legge nell'ordinanza - rappresenta "una sorta di pietra miliare nell'affermazione della 'ndrangheta di Platì al nord". La ricostruzione degli investigatori punta il dito contro il boss Rocco Papalia, che avrebbe ucciso il nomade - ex di una donna calabrese - per affermare davanti a tutta la mala di Milano che i nuovi arrivati dal meridione erano degni del massimo rispetto.
I Barbaro-Papalia si nascondono anche dietro l'omicidio del brigadiere dei carabinieri Antonio Marino, ucciso durante una festa patronale a Bovalino (nella Locride) nel 1990: le indagini milanesi hanno infatti stabilito che il carabiniere, ex comandante della stazione di Platì, continuava con le sue indagini a infastidire il clan. Le attività più recenti della cosca, oltre al racket e ai "servizi" offerti alle imprese, comprendono ovviamente anche il traffico di stupefacenti, concentrato soprattutto nelle zone di Buccinasco, Trezzano sul Naviglio e Corsico, dove l'egemonia dei Barbaro-Papalia sembra indiscussa. I proventi venivano distribuiti anche per garantire tutti i confort alle famiglie dei tre boss Rocco, Antonio e Domenico Papalia, da tempo dietro le sbarre.
4 le discoteche milanesi ‘protette’ dai boss | Sono note a tutti gli appassionati della vita notturna milanese le discoteche colpite da infiltrazioni della 'ndrangheta, stando all'indagine condotta dalla Dda del capoluogo lombardo. I loro nomi - Magazzini Generali, Codice a barre, De Sade e Borgo dei sensi (ex Parco delle rose) - emergono dall'ordinanza di custodia cautelare. L'uomo - chiave dell'inchiesta è Agostino Catanzariti, arrestato per associazione mafiosa quale capo e organizzatore, in possesso della dote de "'Il vangelo' (...) con il compito di coordinare la attività degli altri associati, di tenere i contatti con gli altri sodali detenuti, provvedendo anche al loro sostentamento economico".
Tra gli arrestati anche Flavio Scarcella che avrebbe chiesto e ottenuto "l'intervento di Catanzariti Saverio (anche lui finito in carcere, ndr) per mediare con la famiglia mafiosa Flachi ed in particolare con Flachi Enrico, per la gestione della sicurezza alla interno della discoteca De Sade". Un ruolo di capo lo avrebbe rivestito Antonio Papalia, sovraintendendo "alla attività di spaccio di stupefacente nel territorio di Corsico - Buccinasco, manifestando il suo ruolo di vertice non maneggiando mai la sostanza stupefacente". Tra i destinatari del provvedimento restrittivo ci sono anche Michele Grillo, Halil Abderrahim, Giuseppe Massari, Giuseppe Mesiti, Natale Trimboli, Antonio Virgara. (AGI)