Curinga: vendeva prodotti contraffatti, commerciante denunciata

Catanzaro Cronaca

Le fiamme gialle del comando provinciale di Catanzaro - gruppo di Lamezia Terme - hanno individuato un negozio di abbigliamento che, parallelamente a indumenti “originali”, immetteva nel circuito commerciale anche vestiti, scarpe ed accessori apparentemente riconducibili alle più note case di moda nazionali ed estere, ma - in realtà - abilmente contraffatti.

Il commercio illecito avveniva presso un normale esercizio commerciale di vendita al dettaglio di abbigliamento, ubicato a Curinga.

Il controllo è stato effettuato anche perché, nei giorni precedenti, alcuni cittadini avevano segnalato al gruppo della guardia di finanza di Lamezia Terme la scarsa qualità di indumenti acquistati nel negozio - certamente non adeguata ai prezzi pagati - nonostante si trattasse (solo apparentemente, come accertato dai finanzieri) di capi prodotti dalle più note marche commerciali del settore.

Dopo alcuni mirati approfondimenti di rito, effettuati anche in forma occulta, i sospetti si rivelavano fondati, poiché, subito dopo l’ingresso nel negozio, i militari notavano esposti per la vendita, accanto ad oggetti “originali”, numerosi capi di vestiario, calzature ed accessori ingegnosamente contraffatti, dei quali, peraltro, la titolare non ha esibito alcuna documentazione contabile e commerciale giustificativa del possesso.

I militari hanno quindi proceduto all’immediato sequestro dei beni illeciti ed hanno tempestivamente denunciato alla competente procura della repubblica di Lamezia Terme la responsabile per commercio di prodotti contraffatti e ricettazione.

I finanzieri hanno sequestrato complessivamente 263 oggetti, consistenti in 198 capi di abbigliamento, 1 paio di occhiali, 46 paia di scarpe, 12 confezioni per scarpe, 3 accessori per scarpe e 3 confezioni per occhiali, tutti recanti marchi imitati, riproducenti illegalmente i più noti dei rispettivi settori merceologici.

Se immessi sul mercato, i predetti beni avrebbero fruttato all’indagata un ricavo stimato in oltre 15,000 euro, alterando il regolare funzionamento del mercato e dell’economia ingannando anche i consumatori finali dei beni, soprattutto quelli meno attenti.