Catanzaro, Wanda Ferro sull’incontro con Salvatore Borsellino al Liceo Campanella
“Per un concomitante e urgente impegno istituzionale – la riunione convocata dal prefetto Raffaele Cannizzaro sugli interventi per far fronte ai danni alluvionali – non mi è stato possibile prendere parte, come avrei voluto, all’importante incontro organizzato dall’osservatorio Falcone-Borsellino-Scopelliti con gli studenti del liceo “Campanella” di Lamezia Terme”. E’ quanto afferma in una nota il Commissario straordinario della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, che prosegue: “Tenevo molto a partecipare a questa straordinaria opportunità di riflessione, di conoscenza, di confronto con le pagine più drammatiche e oscure della nostra storia recente, offerta ancora una volta dal presidente dell’Osservatorio Carlo Mellea e dal dirigente del Liceo, prof. Giovanni Martello, che ringrazio per la sua grande sensibilità ai temi della giustizia e della legalità.
L’incontro ha offerto ancora una volta l'opportunità della memoria, non come semplice celebrazione di quei Servitori dello Stato che hanno sacrificato il bene supremo della vita per l’affermazione della Giustizia e della Legalità, e che forse da quello stesso Stato sono stati traditi. Ha offerto la possibilità, soprattutto ai tantissimi studenti presenti, di accendere la fiamma della memoria per alimentare la costruzione di un futuro in cui affermare dei valori della legalità, delle regole, della responsabilità, del rifiuto della mafia con le sue logiche diviolenza e di prevaricazione. Valori che rappresentano la linfa con cui nutrire il futuro della Calabria, di questa nostra terra che vede il suo ricco patrimonio paesaggistico, ambientale, culturale, messo a rischio dalla malapianta della criminalità che insanguina le strade, deturpa il territorio, affossa l’economia, ma soprattutto colpisce a morte la speranza di costruire un futuro di progresso e giustizia sociale, un futuro in cui i nostri giovani possano mettere a frutto le loro competenze, i loro meriti, le loro energie vitali.
E’ quindi necessario parlare al cuore dei giovani non solo con le parole, con i racconti, con le riflessioni, ma offrendo anche l’occasione, come è successo oggi, di conoscere persone straordinarie come Salvatore Borsellino, un uomo che ha saputo tenere acceso un fuoco di ribellione che ha coinvolto migliaia di giovani desiderosi di Giustizia e di Verità. Riflessa negli occhi di Salvatore Borsellino c’è la presa di coscienza dei giovani del disvalore di questo cancro che divora il futuro, c’è la luce di quella vitale ribellione contro la mafia che rappresenta il più grande gesto d’amore che si può rivolgere alla nostra terra e alle sue comunità. Una rivolta civile delle coscienze, che va oltre l’indignazione, e realizza un fronte comune, quotidianamente impegnato insieme alle Forze dell’ordine ed alla Magistratura. Proprio tra i banchi di scuola, durante il processo di formazione dei nuovi cittadini, bisogna incidere per privare di alimento le radici della sottocultura mafiosa, formando una nuova coscienza civica e diffondendo tra i giovani la cultura della legalità e delle Istituzioni. Oggi c’è bisogno più che mai di questa rivolta civile, perché le stragi del ’92 non appartengono soltanto al passato, se ancora dal carcere Totò Riina rivolge le sue rabbiose parole di vendetta e di morte ad un valoroso magistrato come Nino Di Matteo. Sarei stata particolarmente felice di conoscere personalmente Salvatore Borsellino. Mi sono sempre sentita vicina emotivamente alla sua battaglia per la verità, ammirandone il coraggio, la trasparenza, lo straordinario carisma. Una persona semplice, perbene, che rappresenta l’immagine dell’Italia onesta, dell’Italia che non vuole piegarsi alle ingiustizie e ai soprusi. Egli è anche il simbolo del sangue che sgorga da quella ferita alla nostra coscienza collettiva rappresentata dalle stragi del ’92. Una ferita che senza verità non può essere rimarginata. Per questo abbiamo tutti il dovere di parlare ancora di quei mesi, fra il maggio e il luglio del 1992, in cui quella mafia che aveva una inquietante confidenza con alcuni pezzi dello Stato, spazzò via con il tritolo Giovanni Falcone e Palo Borsellino, i due magistrati che sfidarono Cosa nostra guardandola negli occhi.
Loro invece furono uccisi da lontano, con il telecomando, protetti soltanto dai loro angeli in divisa, mentre pezzi dello Stato voltavano loro le spalle. Uccidendo i magistrati, insieme agli uomini e le donne delle scorte, quel tritolo non è riuscito però a cancellare l’orgoglio della lotta per la Giustizia, la loro schiena dritta, il loro coraggio di continuare nonostante la consapevolezza di una condanna a morte. Quella fierezza, quel coraggio, quella forza, sono ora negli occhi di Salvatore Borsellino, e dei tanti giovani di quel movimento che ha preso il nome dal simbolo stesso dei segreti e delle ambiguità che si trascinano dietro quelle stragi: l’agenda rossa di Paolo Borsellino, fatta sparire da via D’Amelio forse per nascondere inquietanti verità alla storia del nostro Paese. Dalla strage di via D’Amelio ad oggi sono trascorsi vent’anni di bugie, di depistaggi, di misteri, di scandali, di uomini delle istituzioni che sanno troppo poco e di giovani che invece vogliono conoscere la verità. Che vogliono sapere se lo Stato, o qualche suo rappresentante, è sceso a compromessi con la Mafia. Che vogliono sapere se Paolo Borsellino fu sacrificato sull’altare di quella trattativa destinata a riscrivere gli equilibri del nostro Paese. Da quei giorni sanguinosi del 1992 l’Italia, e quella terra di Sicilia alla quale sono tanto legata, non furono più le stesse. Dopo la morte di Paolo Borsellino si accese una reazione fortissima della parte sana della società. Ricordo i funerali a Palermo, il cordone delle forze dell’ordine, il dolore, la rabbia e l’indignazione urlati con tutto il fiato da quei siciliani abituati a chinare la testa per secoli di dominazioni. Si accese una speranza attorno al sogno di quei magistrati, poi quella reazione civile si è andata via via affievolendo nel corso degli anni. Finché Salvatore Borsellino ha deciso di riaccendere la rabbia, ma anche la speranza in quei giovani che gli hanno dato ancora di più la forza di combattere contro quella sorta di congiura del silenzio, contro quella cortina fumogena con cui si cerca ancora di nascondere la verità su quanto avvenuto in quegli anni. Se oggi un po’ di quella verità sta venendo a galla, lo dobbiamo alla determinazione di valorosi magistrati, ma anche al coraggio di uomini come Salvatore Borsellino, e all’impegno di tanti giovani che hanno avuto la voglia di conoscere in maniera più profonda le pagine oscure del nostro Paese. Borsellino e Falcone combatterono la mafia con la consapevolezza di avere a che fare con un fatto umano, quindi destinato a morire in un modo o nell’altro.
“Se la gioventù le negherà il consenso – ricordava Paolo Borsellino - anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. Ai giovani l’impegno di negare il consenso alla mafia, e di ricercare, sempre, in ogni vostra azione quotidiana, la Giustizia e la Verità, valori così preziosi per i quali magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uomini e donne delle forze dell’ordine, non hanno esitato a sacrificare la propria vita. Ai giovani il dovere di stare dalla parte dei magistrati, delle forze dell’ordine, di quegli amministratori che scelgono di contrastare, anziché di assecondare, gli appetiti della criminalità. Saranno più forti se non saranno soli. Ai giovani l’invito che ha lasciato Paolo Borsellino a ricercare “la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.