Dichiarazione di Trematerra sulla manifestazione di domani promossa dalla Coldiretti
In merito alla manifestazione indetta dalla Coldiretti Calabria, in programma per domani a Catanzaro, l’assessore regionale all’agricoltura Michele Trematerra ha rilasciato – tramite un comunicato dell’ufficio stampa della Giunta - la seguente dichiarazione:
“Nella mia qualità di assessore all’agricoltura, foreste e forestazione della Regione Calabria, sento il dovere di intervenire sulla manifestazione di domani organizzata dalla Coldiretti dal titolo ‘Difendere e valorizzare la Calabria bella e vera, che piace e vince’. Bello ed efficace l’incipit di presentazione dell’iniziativa, che condivido ed apprezzo tantissimo. Tanto da ritenerlo mio, sin dal mio insediamento, nel 2010, alla guida dell’assessorato all’agricoltura. Condivido anche la grande rilevanza delle problematiche per le quali si manifesta, realmente centrali e strategiche per una terra che, come spesso ripeto, prima di ogni cosa è una regione agricola con profondissima cultura rurale.
E condivido infine, ma questo forse casualmente, anche il particolare momento storico nel quale la manifestazione avrà luogo, non solo perché un percorso legislativo volge al termine ed il nostro prioritario interesse non può che essere quello di consegnare una Calabria agricola migliore di come l’abbiamo trovata, ma anche perché ci troviamo in una delicata fase di transizione fra la vecchia programmazione, 2007-2013, e la nuova 2014-2020. Con le conseguenti scelte strategiche che vanno prese. Affermare però che l’ ’agricoltura non è mai stata nell’agenda di questo governo regionale per via di continui tagli lineari’, non è consentito a nessuno, in quanto falso e fuorviante. L’agricoltura, al pari di tutti gli altri settori dell’economia reale, non si è potuta sottrarre alle politiche di contenimento della spesa, ulteriormente aggravate dalla brusca interruzione degli importanti finanziamenti nazionali, sempre garantiti guarda caso proprio fino al 2009. E nonostante tutto, sono stati numerosi i fronti sui quali non ci siamo risparmiati.
In questo quadriennio molteplici questioni sono state affrontate nella convinzione che l'ipotesi di base dei modelli della crescita settoriale endogena, afferma che i fattori determinanti sono l'esistenza di elementi specifici presenti nel territorio e le capacità dei soggetti e delle istituzioni (pubbliche e private) di individuare, coordinare e governare tali fattori. In altre parole, si intende dire che quando si parla di sviluppo locale e di politiche attive settoriali, diviene fondamentale investigare sulle effettive capacità di un territorio di esprimere il meglio che può, in termini di legami tra sistema produttivo, territorio e sistema socio-istituzionale, e bisogna essere convinti che nessun alveo di rappresentanza, nessun momento della catena della creazione degli agenti di innesco dello sviluppo siano deboli, sottoutilizzati o malfunzionanti. Rendere attiva e vincente una politica di settore, implica che tutti gli elementi caratterizzanti lo sviluppo dei sistemi territoriali, siano alla loro massima abilità espressiva: il sindacato che faccia scelte chiare, le organizzazioni di settore che si svincolino dalle rappresentanze di sistema, il mondo delle professioni che si presti al servizio delle imprese, il mondo del credito e delle assicurazioni che interpreti appieno il suo ruolo, la burocrazia che si spogli dei personalismi e dell’inefficienza, il mondo della ricerca che sia funzionale al sistema della crescita e non autoreferenziale e supponente e, in ultimo, la politica che sappia fare giusta sintesi ed elaborare la proposta che deriva dal mélange di tutti i fattori e le relazioni espresse.
Ora la domanda che mi pongo, e lo faccio ogni giorno, è la seguente: le scelte fatte dal mio assessorato sono peggiori della capacità propositiva del mélange regionale di settore? Le scelte che ho compiuto sono andate in direzione diversa rispetto alle istanze espresse, in forma diretta o latente, dagli attori del mélange? Allora ripercorro tutti i provvedimenti e le scelte di policy che ho posto in essere in questi quattro anni, insieme al direttore generale, all’Autorità di gestione, al dipartimento. Naturalmente non proporrò qui una lista delle questioni che ho affrontato e delle soluzioni che ho adottato, né tantomeno mi dilungherò in elenchi autocelebrativi.
Non farò un elenco, però vorrei dire come io ho interpretato il mélange. Vorrei solo dire quale è stato il modello interpretativo cui ho inteso dare corpo.
Penso quanto fatto per il Made in Calabria per valorizzare al giusto i nostri prodotti sui mercati internazionali; alle azioni nell’ambito fitosanitario, agli investimenti nel comparto della pesca, alle filiere tipiche calabresi, e molto ancora. Per non parlare di quanto fatto per le nettarine e gli agrumi per la crisi del 2010 e 2011; del rilancio del comparto bergamotticolo, che versava in uno stato di completo abbandono; della definizione, con relative risorse, di un nuovo piano agrumi per la zona di Gioia Tauro; della copertura di tutti gli oneri per la forestazione; alle azioni dimostrative svolte in tutto il mondo; dei programmi di qualità; degli investimenti nelle strutture regionali di attuazione. Su queste ultime penso sia opportuno ricordare che è opera di questo governo regionale, la messa in campo di aziende nuove e moderne, Calabria Verde ed Arsac, rifondate dalle ceneri dall’inopinata messa in liquidazione avvenuta nel 2007, che recuperano anche l’importante patrimonio di professionalità delle soppresse Comunità Montane.
Che cosa dire poi della gestione delle risorse finanziarie. Sono convinto che non basta dire che abbiamo portato questa ragione dal 20° al 7° posto in Italia per quanto riguarda la capacità di spesa dei fondi comunitari o che siamo stati in grado di fare della Calabria l’unica regione con un organismo pagatore regionale: dal 2010 Arcea eroga mediamente 400 milioni di euro all’anno fra domanda unica e Psr. Il nostro sistema, oggi, è affidabile. Lo è agli occhi della Commissione Europea, che ci affida le sue risorse, e lo è agli occhi dei beneficiari. Oggi siamo credibili. Lo siamo perché abbiamo investito sulle regole, perché ogni bando è dotato di schede autovalutative oggettive, e di nuovi parametri dimensionali delle aziende, come l'innovazione delle Ude, Unità dimensionale economica, che hanno permesso per la prima volta di non finanziare aziende di soli 2 ha con 4 milioni di euro.
Ma anche perché abbiamo investito sulla creazione di nuovi modelli relazionali nel rapporto con le istituzioni europee. Il rapporto è cambiato: oggi ho la convinzione che la Regione Calabria venga percepita dai servizi comunitari come un partner, un interlocutore credibile ed affidabile. Mai un’istanza formulata durante la mia gestione ha avuto un diniego da Bruxelles, mai un bando o una azione dell’Autorità di gestione è stata censurata o modificata. Non si tratta di essere più o meno bravi, si tratta di lavoro, di duro lavoro. La Calabria è percepita oggi come un’ istituzione in grado di decidere con solerzia il da farsi, un’istituzione che studia i problemi, contestualizzandoli alle esigenze del territorio, ma con mano ferma sui regolamenti. Abbiamo reso gli obbiettivi reali, forse piccoli, ma reali, e li stiamo raggiungendo.
E restando in tema di Psr, abbiamo triplicato i fondi per il benessere animale, abbiamo quasi raddoppiato la capacità della Misura 121, abbiamo accresciuto gli investimenti nel settore biologico e, scusate il tecnicismo, per la prima volta siamo riusciti ad ottenere aiuti di stato esclusivi per la Regione Calabria nel comparto forestale ed in quello della promozione dei prodotti (nettarine ed agrumi). I risultati dei Comitati di sorveglianza sono sotto gli occhi di tutti. E questa metodologia di lavoro la stiamo attuando anche per la nuova programmazione, 2014-2020. Abbiamo avviato i lavori già da molto tempo, oltre ai canonici tavoli istituzionali, stiamo incontrando gli operatori direttamente sui loro territori, stiamo concertando e negoziando le migliori possibilità per questa regione, incoraggiando e invitando il mondo rurale a fare proposte costruttive, a dare suggerimenti e contributi che possano veramente aiutarci nella stesura di un nuovo programma di sviluppo rurale che non sia bello, ma realmente utile, attento alle esigenze dei comparti e dei lavoratori e che possa generare effettive ricadute sui nostri territori. E rendite e privilegi sono logiche assolutamente al di fuori della filosofia del dipartimento che guido, che sostiene invece unicamente la qualificazione della spesa ed il coraggio di compiere delle scelte. Scelte che, se anche per alcuni potrebbero risultare impopolari, mirino davvero allo sviluppo dei territori, alla crescita dell’economia regionale ed al miglioramento della qualità della vita dei calabresi.
E’ importante inoltre sottolineare che siamo stati la prima regione in Italia ad aver organizzato un tavolo tecnico sulla questione del credito e degli strumenti finanziari per quanto concerne la nuova programmazione, con interlocutori del calibro di Ismea, Abi, Inea e Rete rurale nazionale, che hanno riconosciuto la bontà e la lungimiranza della nostra iniziativa.
Chi si occupa di agricoltura sa bene quale sia stata l’unica regione italiana a rivendicare un regime di continuità per il premio accoppiato nell’olivicoltura, quale sia stata la nostra posizione per il programma nazionale sulla zootecnia, piuttosto che sulle politiche per il rischio. Queste cose, che appaiono dibattito di questi giorni, hanno radici lontane. Basti pensare che la prima riunione, nella quale la nostra regione assunse una posizione di netta rottura, porta la data del 14 ottobre 2010, allorché fummo l’unica regione a porre un altolà alla definizione di agricoltore attivo, che avrebbe massacrato decine di migliaia di micro imprese a vantaggio delle imprese più strutturate. Allora non sentimmo alcuna voce del territorio accanto a noi, né di plauso né di dissenso. Oggi è il momento del fare, di portare proposte concrete sul tavolo della discussione e della programmazione.
Sono io che voglio dire basta al populismo ed alla facile demagogia. I primi documenti di programmazione sono online da luglio dello scorso anno e da allora è aperto il forum per raccogliere indicazioni e suggerimenti, ma nessun contributo è giunto, alcuna questione è stata sottoposta. E anche dai tavoli partenariali in verità, ci saremmo aspettati apporti più costruttivi rispetto a quelli ricevuti.
E per mantenere fede al mio impegno di sinteticità massima, mi fermo. Non prima però di aver ricordato che abbiamo completato l’attività riformatrice con l’approvazione di importantissime leggi, proprio su iniziativa di questa Giunta regionale, che hanno colmato dei clamorosi vuoti in settori fondamentali per la nostra Calabria, rappresentati dal patrimonio forestale e dal patrimonio olivicolo.
Ritengo quindi che una manifestazione come quella di domani sia utile, ma per fare prendere maggiore coscienza delle problematiche di settore e di quelle sottese al momento delle scelte. A patto però che non finisca con il diventare l’ennesimo momento di inutile fanfara. Le proposte, e non le proteste, che mi aspetto da questa giornata, le immagino già formulate in modo compatibile con le previsioni regolamentari, cioè che non siano sterili elenchi non fattibili perché contrari alle normative di settore che, voglio dirlo, non sono di competenza né regionale né nazionale. Mi aspetto che non si faccia la solita demagogia sulle ferite aperte delle imprese, quali quelle dell’accesso al credito, della mancanza di un prezzo remunerativo o delle scarse capacità competitive. Sarebbe una demagogia devastante per il comparto, atteso che, come non sufficientemente noto, moltissime di queste questioni attengono alle dinamiche d’impresa e a vincoli di offerta che non possono trovare residenza nell’attività dipartimentale.
La politica non faccia rappresentanza d’impresa e la rappresentanza d’impresa non faccia la politica. Questo è il paradigma di riconoscibilità.
In tutto questo ritengo sia possibile e giusto manifestare per chiedere maggiore attenzione alla politica, ma alla politica tutta, non solo all’amministrazione regionale, e non solo rivendicando risorse. Quali e quante dovrebbero essere queste risorse che possano consentire l’esplosione del sistema? Se non sbaglio, nel passato queste risorse c’erano, ma i risultati quali sono stati? L’eccesso di risorse alimenta inefficienza, genera resilienza di sacche di potere marcio, di clientela spicciola, di droga del sistema, esattamente tutto ciò che ha ridotto il comparto nello stato in cui versava al momento del nostro insediamento. Si può immaginare che ulteriori 7 o 10 o 15 milioni di euro, rispetto agli oltre 750 milioni che attualmente vengono immessi nel sistema, siano la soluzione delle questioni?
Ripeto che non sto dando una valutazione politica sul sussistere delle questioni che sono all’agenda della manifestazione. Questioni che in larga parte condivido, ma ritengo che bisogna assolutamente evitare di infondere malanimo e sfiducia nel settore e, soprattutto, non rappresentare le fattispecie in maniera puntuale e completa.
Chiaro che si può lavorare per creare un ambiente più favorevole, che si può immaginare un contesto di crescita più omogeneo e coeso, ma questo passa innanzitutto, anzi, esclusivamente, attraverso la capacità che avremo noi tutti, insieme, di stabilire rapporti equilibrati, fattivi e di reciproca riconoscibilità di ruolo, che possano davvero esaltare il mélange di cui parlavo prima”.