Calunnia un Maresciallo e finisce ai domiciliari
I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Daniele Schinardi, classe 1968, ritenuto responsabile del reato di calunnia continuata.
Schinardi, nominato consulente tecnico per l’analisi dei tabulati telefonici dalla difesa di Demetrio Domenico Praticò, imputato nell’ambito dell’operazione “Piccolo Carro”, avrebbe incolpato un Maresciallo dei Carabinieri, in servizio presso il Comando Provinciale di Reggio Calabria, di aver falsificato dati e omesso fatti e circostanze, al fine di arrecare un danno ingiusto al suo assistito.
Il Tribunale di Reggio Calabria, nella sentenza del 4 marzo 2013 pronunciata nell’ambito del Procedimento Penale a carico di Praticò, ha ritenuto sussistenti gli elementi di calunnia e ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica che sotto la direzione del Procuratore Federico Cafiero de Raho e con il coordinamento dei sostituti Procuratori Giovanni Musarò e Sara Amerio ha proceduto nei confronti di Schinardi.
Il GIP di Reggio Calabria ha ritenuto adeguata alle esigenze cautelari da tutelare quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione dell’indagato, con applicazione del “braccialetto elettronico”.
La vicenda in questione trae origine dal procedimento penale noto come Piccolo Carro, che ha visto imputato Praticò, Giovanni Ficara, classe 1964, e Giovanni Zumbo. Nel procedimento penale Praticò sarebbe stato accusato di associazione mafiosa, e per questo condannato a 15 anni e8 mesi di reclusione. Praticò avrebbe predisposto e sistemato una Fiat Marea a poche centinaia di metri dall'Aeroporto dello Stretto, al cui interno è stato ritrovato un arsenale di armi e munizioni, in occasione della visita a Reggio Calabria del Presidente della Repubblica. Successivamente Praticò avrebbe tentato di eludere gli investigatori fornendo dichiarazioni false al pm e al difensore Francesco Nocera, al fine di confermare la ricostruzione data da quest’ultimo circa il presunto patito furto dell’autovettura da parte di ignoti.
Fondamentale nella ricostruzione di fatti contestati al Praticò sarebbero state le emergenze relative all’analisi dei tabulati riguardanti le utenze in uso a quest’ultimo e a Francesco Nocera, nella mattinata del 21 gennaio 2010, riassunte nell’informativa del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria del 25 maggio 2010 (in particolare in un’annotazione redatta dal un Maresciallo in servizio presso il Nucleo Investigativo di Reggio Calabria) e in una nota del R.O.S. del 28maggio 2010.
In questo contesto investigativo e successivamente nella fase propriamente processuale, si sarebbe inserita l’attività tecnico-scientifica di Schinardi a supporto della posizione difensiva di Praticò e concretizzatesi in una “relazione di consulenza tecnica di parte” redatta dallo stesso Schinardi, nominato “specialista informatico, audio, video, ponti BTS”.
Nella sua relazione il consulente, non riuscendo a “smontare” l’analisi dei dati oggettivi che aveva portato la P.G. a ricostruire la cronologia dei fatti e gli spostamenti dei soggetti, così come riepilogati nell’annotazione di polizia giudiziaria redatta nella circostanza dall’analista dell’Arma che aveva effettuato l’analisi dei tabulati telefonici, avrebbe accusato accusare la stessa P.G. di aver manipolato i dati contenuti nei tabulati telefonici, di aver occultato file relativi a presunti tabulati telefonici acquisiti dalla P.G. e non consegnati alla difesa e di avere introdotto quindi nel processo prove false a carico di Praticò, quantomeno, intralciato l’accertamento della verità per arrecare intenzionalmente un danno ingiusto al PRATICÒ.
L’obiettivo perseguito da Schinardi sarebbe stato quello di “neutralizzare”, se non azzerare del tutto, la portata probatoria delle risultanze compendiate nell’annotazione di P.G., con effetti potenzialmente devastanti sull’esito del processo: a tale scopo, egli avrebbe prima evidenziato una serie di gravi errori commessi dalla P.G. - ingenerando nel lettore la sensazione dell’assoluta inattendibilità delle conclusioni cui erano pervenuti gli inquirenti - quindi avrebbe lamentato di non essere stato messo in condizione di ricostruire esaustivamente i fatti, a cagione del fatto che la P. G. avesse inquinato le prove, modificando i file trasmessi dalle società telefoniche e giungendo a costruire prove false a carico di Praticò.
Le censure e i rilievi mossi dallo Schinardi nella sua relazione portavano l’A.G. a richiedere alla Polizia Giudiziaria un supplemento di indagini volte a verificare se le gravissime accuse mosse dal consulente avessero un fondamento di verità, circostanza che, qualora fosse stata accertata, avrebbe certamente determinato l’inizio di un procedimento penale a carico del Maresciallo.
L’attività in questione, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, consentiva quindi al P.M., in udienza, durante il controesame del teste Schinardi, di dimostrare l’assoluta correttezza dell’operato dei carabinieri e contestualmente la malafede e la falsità delle sue affermazioni, solo in parte ritrattate nel corso della testimonianza resa innanzi al collegio giudicante, di fronte alle insuperabili contestazioni mosse dal Pubblico Ministero.
Parimenti la testimonianza offerta in udienza dal Maresciallo in servizio presso il Comando Provinciale di Reggio Calabria, avvalorata da spiegazioni e da riscontri tecnici puntualmente dedotti dal sottufficiale, ha consentito di dipanare senza più dubbi e senza possibilità di letture alternative, la condotta tenuta dallo Schinardi, tanto nella redazione della sua relazione quanto affannosamente ricercata - senza possibilità di riuscita - nella sua “falsa” testimonianza.