Infiltrazioni della ‘ndrangheta, 20 arresti e sequestri nel nord Italia

Crotone Cronaca

20 persone indagate per associazione di tipo mafioso, estorsione, usura e traffico illecito di rifiuti, sono destinatarie di altrettanti ordini di custodia cautelare che i carabinieri del Ros stanno eseguendo tra Torino, Milano, Genova e Catanzaro nel corso dell’operazione “San Michele”. Disposto anche il sequestro preventivo di società e beni per un valore complessivo di 15 milioni di euro.

Gli inquirenti stanno indagando su un sodalizio ritenuto di matrice 'ndranghetista essendo la proiezione in Piemonte della cosca dei Greco di San Mauro Marchesato. Sarebbero state infatti documentate le infiltrazioni del clan crotonese nel tessuto economico e imprenditoriale della provincia di Torino, in particolare nel settore degli appalti pubblici. Le ordinanze sono state emesse su richiesta della Procura distrettuale antimafia del capoluogo piemontese.

LA ‘NDRINA “DISTACCATA” E IL RUOLO DEL “BOSS”

La struttura criminale, individuata e colpita dai provvedimenti, è da tempo operativa in Piemonte e viene denominata, nel gergo delle organizzazioni calabresi “’ndrina distaccata di San Mauro Marchesato”. L’indagine avrebbe consentito di comprendere come i vertici dell’’ndrina distaccata siano Mario Audia e Domenico Greco, in stretto collegamento con analoghe strutture ‘ndranghetiste insediate in Piemonte, ossia la locale di Volpiano ed il Crimine di Torino. Il sodalizio, dalle indagini, sarebbe risultato costantemente sottoposto alla supervisione del capocosca Angelo Greco, stanziale prima a San Mauro Marchesato e, a partire dal giugno 2013, a Venaria Reale (TO).

Tre anni di serrate investigazioni, caratterizzate da intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione controllo e pedinamento, anche mediante l’impiego di innovative tecnologie, e l’analisi incrociata dei flussi di denaro, hanno permesso di monitorare e ricostruire le dinamiche del sodalizio e di stabilirne forza ed operatività in terra piemontese. Le risultanze autonome raccolte dai Carabinieri sono state poi di fatto confermate dalle dichiarazioni di numerosi Collaboratori di Giustizia.

I controlli telefonici ed i servizi di osservazione statici e dinamici effettuati, hanno, sin da subito, evidenziato come i soggetti aderenti al sodalizio fossero legati da stretti vincoli di parentela e di comparaggio, oltre che compartecipi nella gestione di numerose realtà economiche, alcune direttamente riconducibili agli interessati ed altre fittiziamente intestate a terzi operanti a Torino e provincia. I soggetti risultavano infatti operativi in società, collegate tra loro, operanti nel settore delle costruzioni, del movimento terra, della ristorazione, della vendita al dettaglio di generi alimentari e della compra-vendita di auto usate.

La caratura criminale di Angelo Greco sarebbe stata evidenziata nel corso di precedenti attività investigative condotte sin dalla metà degli anni ’90. Esaminando gli atti giudiziari si sarebbe messo in peraltro in risalto lo stabile legame esistente tra Mario Audia e Angelo Grego permettendo di riattualizzare i legami tra il gruppo “crotonese” stanziale ed operativo a Torino ed i vertici delle cosche sedenti in provincia di Crotone.

La connotazione mafiosa del gruppo criminale sarebbe emersa anche dal diffuso utilizzo del metodo intimidatorio quale mezzo per il conseguimento dei propri scopi, sia nelle attività apparentemente lecite sia nella commissione di delitti, in particolare estorsioni ed usura, che avrebbero visto, tra gli autori, non solo aderenti allo stesso sodalizio, ma anche esponenti di altre entità criminali ‘ndranghetiste (come ad esempio l’attività estorsiva compiuta da Luigino Greco in concorso con Adolfo Crea e Giacomo Lo Surdo).

Le attività avrebbero permesso di accertare un’altra delle condotte tipiche delle associazioni mafiose sul territorio di aderenza, ossia l’offerta di “protezione ad esercenti ed imprenditori che vi si rivolgono per risolvere contrasti con persone giudicate pericolose o per scongiurare, rendendo nota la contiguità a tali famiglie, tentativi di estorsione o atti intimidatori. L’organizzazione era armata e tendeva al continuo approvvigionamento di armi da fuoco, come emerso nel corso della trattativa per la compravendita di una pistola tra Gregorio Sisca e Antonio Capellupo, quest’ultimo arrestato a seguito di un’ulteriore vendita di armi durante l’inchiesta.

I TENTATIVI DI INFILTRAZIONE NEI LAVORI DELLA TAV

Le investigazioni avrebbero documentato la progressiva infiltrazione della cosca crotonese nel tessuto economico ed imprenditoriale della Provincia di Torino, anche attraverso il sistematico ricorso alle minacce ed alle intimidazioni di tipo mafioso. Il gruppo criminale, molto attivo in campo imprenditoriale, si sarebbe interessato per l’acquisizione di commesse per lavori di movimento terra e per la realizzazione di opere pubbliche ed ha tentato, senza riuscirci, ad inserirsi nella filiera della tratta Alta Velocità Tav Torino-Lione. In questo contesto sarebbe risultato fondamentale, per le dinamiche del sodalizio, l’apporto fornito da Giovanni Toro, titolare della Toro srl e locatario di una cava collocata in una zona strategica della Val di Susa, tra i comuni di Chiusa di San Michele e Sant’Ambrogio di Susa.

Le cointeressenze tra Giovanni Toro ed il sodalizio mafioso avrebbero riguardato anche attività di gestione illecita di rifiuti speciali, compartecipazione in lavori di movimento terra, pulizia e sgombero neve acquisiti in subappalto o attraverso il sistema dei noli a caldo e a freddo da stazioni appaltanti pubbliche o concessionarie di servizi pubblici.

Le modalità utilizzate per acquisire commesse lavorative, che evidenzierebbero la commissione di condotte delittuose di diversa specie, estorsioni, intimidazioni, turbative d’asta, avrebbero permesso alla Toro srl, riconducibile all’indagato, di assicurarsi l’aggiudicazione di lavori.

Giovanni Toro, il 6 marzo 2013 era stato raggiunto da una misura cautelare per violazione della legge sugli stupefacenti ed estorsione e, in tal modo, sarebbero state arginate le ingerenze della compagine mafiosa nel tessuto economico sociale della Valle di Susa. “Il profilo apparentemente lecito assunto dai sodali Domenico Greco, Vincenzo Donato e Nicola Mirante - spiegano gli investigatori - in virtù dell’attività imprenditoriale svolta nel settore delle costruzioni, ha permesso al gruppo criminale di interfacciarsi con soggetti appartenenti o contigui alle istituzioni ed in particolare agli ambienti giudiziari, al fine di acquisire notizie su eventuali attività investigative in corso. In tale quadro – aggiungono gli inquirenti - vanno letti i rapporti intrattenuti da membri del sodalizio con un ispettore della Polizia Municipale di Torino, già in servizio presso l’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Torino a cui venivano richieste informazioni provenienti dalle Banche Dati in uso alle FF.PP. e con un investigatore privato ritenuto al servizio della cosca, tratto in arresto per concorso esterno che, a sua volta, avrebbe intrattenuto rapporti con un carabiniere al fine ottenere informazioni riservate”.

IL FALSO AVVOCATO E LE RIUNIONI IN UNA CONCESSIONARIA

L’attività tecnica, ed i servizi di osservazione svolti, hanno messo in evidenza anche il ruolo che avrebbe rivestito Antonello Donato nelle dinamiche criminali del sodalizio, con particolare riguardo alle riunioni organizzate, all’insaputa degli stessi titolari, all’interno di un noto concessionario d’auto di Torino, dove l’indagato era stato addetto alle vendite sino al giugno 2011 e presso l’auto rivendita Autoamici poi divenuta Auto Outlet con sede a Torino, che secondo gli inquirenti sarebbe divenuto un vero e proprio centro logistico dell’organizzazione.

Le indagini avrebbero consentito ancora di evidenziare lo stretto rapporto esistente tra Nicola Mirante e G.T., “falsa avvocatessa” che, il 27 marzo 2013, è stata condannata dal Tribunale di Torino a tre anni ed otto mesi di reclusione, poiché ritenuta responsabile di una serie di truffe milionarie ai danni di facoltosi imprenditori. Le indagini avrebbero consentito di verificare il coinvolgimento, nell’artificioso meccanismo di truffe imputato alla donna, indagata come concorrente esterna al sodalizio, di alcuni esponenti della ‘ndrina di San Mauro Marchesato a Torino ed, in particolare, di Mario Audia e Nicola Mirante.

Nel quadro generale, veniva effettuato un minuzioso approfondimento sulle figure di Mirante Nicola, Audia Mario e DONATO Vincenzo, imprenditori attivi nel settore edile, che si rivelavano essere personaggi di particolare caratura sotto il profilo economico. Le risultanze investigative, acquisite mediante l’attività tecnica d’intercettazione e gli accertamenti patrimoniali, permettevano di verificare l’esistenza di ingenti patrimoni, marcatamente sproporzionati rispetto alle attività imprenditoriali svolte ed alla capacità reddituale dichiarata, in capo a Nicola Mirante, Vincenzo Donato e Mario Audia.

All’esito delle indagini, il Gip del Tribunale di Torino oltre alle ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti degli indagati, ha ordinato il sequestro di beni mobili, immobili, conto correnti e rapporti bancari intestati a Nicola Mirante, Mario Audia e Vincenzo Donato nonché alle società ad essi facenti capo. Nella mattinata di oggi si è quindi proceduto all’esecuzione della misura cautelare in carcere nei confronti di tutti gli indagati (ad esclusione di Franco Aracri al momento detenuto in Germania) nonché al sequestro di 18 società; 145 immobili; 25 autovetture; 1 yacht; conti correnti; per un valore stimato di oltre 15 milioni di euro.