Romeo (Lista Scopelliti): “Il vero sacco di Reggio”

Reggio Calabria Politica

"Un primo bilancio, dopo un anno e mezzo di Legislatura e ben due Governi sorretti da alleanze “innaturali”, consente di affermare che le elezioni politiche dello scorso anno non hanno restituito credibilità ad uno Stato che alle nostre latitudini riserva, sempre e comunque, una intollerabile sottrazione di democrazia, quasi che il Meridione d’Italia fosse solo un aggregato di barbari, in quanto tale, destinatario a pieno titolo di stato d’assedio e leggi liberticide, l’uno e le altre "rimedi" grazie ai quali coprire vergogne nazionali quali il caso Monte dei Pacchi di Siena, lì dove non si intendesse volgere lo sguardo al Mose piuttosto che alla stessa EXPO 2015." Lo si legge in una nota di Oreste Romeo Coordinatore Provinciale lista Scopelliti.

"Un passaggio fondamentale- prosegue la nota - per avvicinarsi a quell'obiettivo, primario per la sopravvivenza della Democrazia, era la ricerca di una nuova sintonia con la gente comune da tradurre in un patto che conferisse dignità e vigore alle esigenze dei territori, fin qui sistematicamente annichilite dagli eccessi di una politica ottusa e centralista. Segno tangibile della perdurante, forse anche accresciuta, incapacità di restituire pregnante significato all’istituto della rappresentanza politica era apparso sin da subito il conferimento, a Rosy Bindi da Siena, del comando delle truppe paracadutate dal livello romano in testa alle liste elettorali del nostro territorio. I risultati di scelte così distanti dalla gente sono puntualmente giunti. E vanno evidenziati! L'On. Bindi, il mese scorso, si è apertamente pronunciata a favore di un illogico trasferimento della sede dell'Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati da Reggio Calabria a Roma, e ciò, di per sé, ha fatto pensare ad una “intelligenza politica” orientata alla sistematica spoliazione della Città dello Stretto, dove i simboli della presenza dello Stato inevitabilmente assumono un significato di non comune rilievo.

Come se ciò non bastasse, sul finire del mese scorso, il Governo Renzi, con un decreto legge, dunque ritenendola una straordinaria necessità ed urgenza della Nazione, ha manifestato la inconcepibile e gravissima volontà di cancellare, tra le altre, la sezione staccata del TAR Calabria, e ciò induce ad interrogarsi, una volta ancora, se esista, come ormai appare sempre più chiaro, una precisa quanto sconsiderata volontà politica alla base di scelte non in linea con il comune senso del pudore istituzionale. La sezione staccata del TAR Calabria venne istituita a Reggio a metà degli anni '70 con una dichiarata finalità "compensativa". Certo, qualcuno ha dimenticato, o forse ha interesse a (far) dimenticare che la Città aveva subito lo scippo di Stato del capoluogo di regione, non senza registrare l’aberrante marginalizzazione, se non l'isolamento che ne era seguito nell'avvio della stagione del regionalismo che per quarant'anni in riva allo Stretto ha lasciato solo le briciole di ben più lauti banchetti altrove consumati. Ma non va taciuto che privare Reggio Calabria di un importantissimo e vitale presidio di legalità, qual è la sezione staccata del TAR Calabria, agli occhi di tutti, eccezion fatta per le inaffidabili lenti dell’On. Bindi, pericolosamente equivale a sottrarre un irrinunciabile riferimento istituzionale ad amministratori locali e comuni cittadini. La sola politica dello struzzo non si avvede che ciò assume i connotati di una intima contraddizione del processo decisionale che si traduce nella formazione della Volontà Popolare, lì dove si consideri che quello Reggino è un territorio metropolitano per legge, realtà normativa consapevolmente ignorata dall'azione messa in campo dal partito politico che governa la Nazione con l’uomo solo al comando.

E, per solo rimanere nel campo delle contraddizioni, non si comprende per quale ragione la Presidente della Commissione Antimafia non abbia ritenuto di lanciare sulla vicenda del TAR reggino lo stesso allarme che le aveva consentito qualche mese prima di esercitare un atipico pressing istituzionale finalizzato alla proroga del commissariamento del Comune di Reggio Calabria. Quella proroga, a conti fatti, era conveniente solo per gli interessi di bottega di una parte politica, ben diversi da quelli di uno Stato autorevole e credibile, senza tacere dell'arretramento che ha fatto ripiombare la Città nell’oscurantismo. Lo Stato, infatti, attraverso i suoi organi, seppur dopo tanti lustri, ha messo nuovamente a nudo la già nota incapacità di riservare quaggiù, nel profondo Sud, “attenzioni” che non fossero altro che fastidio o malcelata ipocrisia, prima ancora che sconcertante schizofrenia istituzionale; e la Città di Reggio Calabria, dal suo canto, paga, una volta di più, le tragiche conseguenze di quella proroga, sommandosi, alla sofferenza dei cittadini, l'azzeramento di conquiste importanti ottenute con sacrificio, intelligenza e quell’ “amor patrio” sconosciuto solo a chi si è rassegnato all'invidia in nome della quale riesce nella sola “impresa” di dividere.

Il deficit di democrazia che si vive a Reggio trova, quindi, perfetta corrispondenza nel vulnus arrecato alla rappresentatività politica da esponenti di partiti "selezionati" senza alcuna forma di rispetto per il territorio. E non è affatto un caso che, nel 2009, ad opporsi, con fermezza e fortunatamente senza successo, al sogno metropolitano di Reggio Calabria, sia stato proprio il PD, che addirittura riuscì ad imporre quello scellerato diktat alla sua deputazione “reggina”. Al PD, è certo, va dato atto di avere voluto al Governo in carica una calabrese senza averla fatta passare dalla competizione elettorale, ma questa è solo un’aggravante, visto e considerato che le specifiche competenze della pur solerte ministra sin qui non si sono tradotte in una iniziativa che eviti alla Città Metropolitana di andare incontro all'ennesima privazione di un simbolo di democrazia e libertà e si ritrovi costretta a proiettarsi nel futuro con un handicap intollerabile, perché privo di senso. Oggi, davanti a questo sacco di democrazia, tacciono i megafoni nazionali di chi non ama la Città e di Essa intende solo servirsi, né si hanno notizie dell’attività “riparatoria” che, a dire del segretario provinciale, qualche deputato reggino PD avrebbe già avviato in Parlamento. Il solito, eloquente -chiude Romeo - silenzio, che, però, non cancella il disastro che lo Stato, dopo più di quarant’anni, nuovamente riserva a Reggio, dopo averne spezzato il Cuore e mortificato l'Anima, quest’ultima, da sempre, Ribelle."