Scilla in passerella porta la Calabria oltre il pregiudizio
Effetto Godzilla. «L’antico pregiudizio anticalabrese, dopo il 2005 e l’omicidio Fortugno, grazie ad una narrazione mediatica compiacente si è trasformato in un mostro che alimenta l’equazione calabrese uguale ‘ndranghetista. Ma si può dire la verità e raccontare questa terra senza marchiare tutti come si fa con il bestiame o con una stirpe maledetta»: così Alessandro Russo, giornalista e scrittore, a #Calabriaoltre il pregiudizio.
Questo il titolo del secondo appuntamento di Scilla in passerella, rassegna organizzata dalla Filodrammatica Scillese con la direzione artistica di Ossi di Seppia e Sabbiarossa Edizioni. In una affollatissima terrazza Le Sirene, partendo da Marchiati (libro-inchiesta su come stampa e media alimentino la Calabrofobia) nella serata moderata da Josephine Condemi e Filippo Teramo ci si è chiesti come e perché il pregiudizio, trasformandosi in stereotipo, possa diventare una maschera calata a forza su di un popolo.
«L’ultimo episodio in ordine cronologico, è quello relativo a Nando dalla Chiesa, che nel rapporto del comitato antimafia di Milano usa il termine calabrese come sinonimo di ‘ndranghetista» ha ricordato il giornalista Consolato Minniti, proseguendo: «occorrerebbe riflettere sulla responsabilità di chi racconta e quindi sulla nostra categoria, quella della stampa, che si riduce ad una passamaneria di carte senza alcun senso critico». Per la giornalista Manuela Iatì, «anche noi calabresi abbiamo colpe nell’alimentare questo pregiudizio verso noi stessi. Un’associazione mentale che ci porta a pensare, quando succede qualcosa di negativo, che c’entri comunque la nostra terra».
Da qui, la necessità, ha sottolineato Mimmo Martino, leader dei Mattanza, di trovare «altri linguaggi, per andare oltre, attraverso una presa di coscienza che, come i racconti degli antichi cantastorie, diventi una narrazione in cui ci si possa identificare». E che porti all’impegno: «dopo la rivolta del 2010, non mi sono riconosciuta nella descrizione del mio paese» ha raccontato Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno: «dovremmo fare diventare lo straordinario ordinario.
Abbiamo bisogno di uno stato non solo repressivo, ma preventivo. Questo non può diventare un alibi per lo scarso senso civico o la poca interiorizzazione delle regole». Come andare oltre? Per Minniti «facendo ognuno il proprio dovere senza continuare ad aspettare una salvezza che venga da fuori», per Iatì «recuperando il senso di appartenenza ad una collettività e non a gruppuscoli, dando voce ai calabresi, trovando esempi di cui andare orgogliosi».
«La Calabria deve sconfiggersi» ha chiosato Russo «superare il complesso di inferiorità rispetto alle narrazioni "altre". La lotta allo stereotipo ha bisogno di persone in carne ed ossa. Dobbiamo chiederci chi siamo e cosa vogliamo essere».