Laboratorio Riace: la ‘ndrangheta raccontato da chi la combatte quotidianamente

Reggio Calabria Attualità

Dopo aver affrontato il tema dell’integrazione e dell’immigrazione, quello dell’accoglienza e dell’impegno nell’affermazione dei diritti per gli immigrati, il gruppo del Campo- Laboratorio Riace 2014 promosso da Cgil, Spi Cgil e Flai Cgil del Comprensorio Rc-Locri, Arci-Comitato territoriale Rc e Libera, ha partecipato all’incontro con i redattori di Stopndrangheta.it e Libera Locride.

I ragazzi provenienti dal nord Italia e i pensionati dello Spi Cgil di Imola a Rimini, insieme con i ragazzi del Campo di Libera che si svolgendo in questi giorni a Gioiosa Ionica, hanno ascoltato con vivo interesse le testimonianze dei familiari, vittime innocenti ‘ndrangheta: Stefania Grasso, Nino e Rosa Quattrone.

All’incontro, presso la sede don Milani di Gioiosa Ionica, hanno partecipato anche Francesca Chirico (autrice di “Io parlo. Donne ribelli in terra di ‘ndrangheta” e redattrice dell’archivio Stop ‘ndrangheta) e Alessio Magro (autore di “Dimenticati”)

Un aperto confronto sui temi dell’anti-‘ndrangheta e di una terra, la Calabria, ottenebrata dallo spettro della ‘ndrangheta, di un sistema che l’ha resa schiava di un’economia mafiosa e di sopraffazioni. Ma anche, terra di riscatto; di persone che, quotidianamente, combattono per l’affermazione della Legalità, dei diritti, dell’uguaglianza, che dicono No ai ricatti della criminalità organizzata.

Testimonianze toccanti che hanno ripercorso la storia della perdita di una persona cara. Un momento di condivisione e di interlocuzione con i ragazzi. Un modo per non dimenticare, per trasmettere messaggi importanti come quello di Stefania: figlia del commerciante Vincenzo Grasso, assassinato a Locri il 20 marzo del 1989, perché “non si è mai piegato, denunciando sin dall’inizio i primi tentativi di estorsione”.

O ancora, la storia di Nino e Rosa: il padre, l’ingegner Demetrio Quattrone morì il 28 settembre 1991 a colpi di lupara e di pistola, in una stradina buia della frazione Villa San Giuseppe, nella zona nord della città.

Con rispetto e con determinazione, si sono esposte diverse idee. Si è discusso del tema della responsabilità personale, della capacità di acquisire strumenti e conoscenze necessarie per comprendere meglio la ‘ndrangheta e le sue ramificazioni. Perché la ‘ndrangheta è un cancro della società, che ha infettato l’Italia, l’Europa e il resto del mondo.

Riuscire a capire i meccanismi e le dinamiche dell’infilitrazione mafiosa è fondamentale; così come avere quegli strumenti utili per leggere con occhi diversi, non più opachi, ciò che accade in tutti i gangli della società: dalla cosiddetta zona grigia alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato; dalle influenze esterne sulla gestione degli appalti alle minacce velate o dirette contro chi, giornalmente, combatte le logiche di un sistema fatto di corruzione, interessi e favoritismi.

Molte, le riflessioni che sono scaturite da questo incontro. L’iniziativa del Campo è quindi improntata a non dimenticare; a far parlare apertamente della ‘ndrangheta, di Mafie.

Perché solo attraverso la conoscenza e l’informazione di tale fenomeno, comprendendone la portata, si potrà dare vita a “piccole scintille di legalità” che , pian piano, si diffonderanno in tutto il nostro Paese.