“Qui la ‘ndrangheta non entra”, Morano grida il suo no alla criminalità organizzata

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La targa

Celebrata a Morano la giornata della legalità. Strutturato su due momenti distinti eppure inscindibili il programma della manifestazione: un convegno - al quale hanno preso parte il sindaco Nicolò De Bartolo, Salvatore Magarò, presidente della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta, Sonia Forte, membro dell’esecutivo moranese, il dirigente scolastico del locale Istituto comprensivo, Walter Bellizzi - e la scopertura dell’epigrafe “Qui la ‘ndrangheta non entra”, collocata al lato destro del portone d’ingresso del municipio.

«La legalità si nutre di simboli positivi» ha affermato De Bartolo «e noi proprio questo oggi vogliamo fare: lanciare un idea di rispetto per l’altro, di servizio, di ascolto. Abbiamo il dovere di realizzare le condizioni culturali perché tutto ciò si verifichi: la scuola, la famiglia e la politica insieme. Arginando per tempo le lusinghe che possono provenire da frange malate di società. La nostra è un’adesione entusiasta, piena e convinta all’iniziativa. Certo è solo un simbolo! Ma ha per noi un profondo valore morale, che intendiamo abbracciare e trasmettere». Alle parole del primo cittadino hanno fatto eco quelle dell’assessore Sonia Forte, la quale ha posto l’accento sulla «necessità di intervenire sul tessuto sociale educando alla pace e alla non violenza. La legalità – ha osservato - implica un coinvolgimento formativo diretto e sostanziale, svolto in primis dalla Scuola e dalla famiglia».

Sentito e articolato su più concetti il contributo di Walter Bellizzi: «Le radici della legalità – ha sostenuto – si rintracciano nella libertà di coscienza. Ed è fondamentale che si istruisca alla legalità in ogni fase della crescita, offrendo ai ragazzi non solo parole ma dando loro l’esempio e aiutandoli a sviluppare quella coscienza critica che si traduce in capacità di discernimento».

A trarre le conclusioni, incisive e ardimentose, Magarò. Il Presidente della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta ha catalizzato l’attenzione dell’uditorio, su questioni molto delicate. Partendo dall’analisi della situazione attuale per poi approdare alle proposte, più d’una e tutte suffragate da specifici progetti legislativi, Magarò ha sottolineato come «la lotta alla criminalità si alimenti anche con simboli in grado di infondere forza, coraggio, tenacia. Ma vi sono, purtroppo, anche emblemi negativi, - ha spiegato - che identificano il potere: la mala politica, i privilegi, gli arricchimenti personali, il malaffare. Questi dobbiamo combattere con ogni mezzo. Lo Stato fa la sua parte sì, con le forze dell’ordine, la magistratura. Ma le mafie non si sconfiggono solo con le manette e le sentenze. Occorre un’antimafia sociale, fatta di lavoro, diritti, opportunità. Meglio perdere le elezioni che vincerle scendendo a patti con la criminalità. In Calabria – ha aggiunto Magarò – deve crescere il voto libero. Libero cioè di scegliere da chi è meglio farsi rappresentare».

Dicevamo delle spinte e delle idee ribadite dal Presidente della Commissione regionale anti ‘ndrangheta nel corso del suo appassionato ragionamento. Su tutte e in primis il «sequestro immediato di beni e capitali alla criminalità organizzata per destinarli alla creazione di opportunità di lavoro». Ma ancora: la «vicinanza ai testimoni di giustizia: lo Stato affidi a questi soggetti i lavori di somma urgenza, offra loro l’opportunità di tornare a una vita regolare». In chiusura l’invito a «controllare assiduamente l’operato dei politici e a fare rete per riaccendere la speranza». Vorrei si potesse dire ai nostri nipoti – ha terminato Magarò: c’era la mafia, adesso non c’è più».