Crotone: il “caso Datel” tra Decreto Dignità e noti “malcostumi”

17 gennaio 2019, 13:34 Imbichi

È toccato ai primi lavoratori della Abramo Customer Care che, speranzosi di vedersi trasformare quel contratto a tempo determinato in un posto fisso, si sono ritrovati senza lavoro e senza prospettive. Sono solo i primi diretti interessati del Decreto Dignità, che secondo i sindacati sono potenzialmente 1500 persone solo a livello regionale, ma non sono di certo i primi a rimanere a casa in vista dell’obbligo di assunzione.


di Francesco Placco

Il sit-in di protesta dei lavoratori della Abramo Customer Care di Crotone (LEGGI) ha fatto il giro d’Italia in poche ore, tanto da diventare un caso di rilievo nazionale.

Oltre all’aspetto sociale, ovvero quattrocento disoccupati in più in una delle città con il più alto tasso di disoccupazione d’Italia, conta molto anche l’aspetto politico: sono i primi diretti interessati, a livello cittadino, delle nuove disposizioni del Decreto Dignità approvato lo scorso agosto ed in vigore dal 1° novembre.

“Meglio precari che disoccupati”, tuonano ex dipendenti e sindacati, che già lo scorso anno avevano manifestato contro il decreto (LEGGI).

Le parlamentari pentastellate crotonesi se ne lavano le mani (LEGGI), offrendo solidarietà ai lavoratori ed attaccando azienda e sindacati, scaricandosi di ogni responsabilità.

Ma le disposizioni del Decreto Dignità hanno effetto anche su chi venne assunto con il Jobs Act, limitandone dunque il periodo di contrattualizzazione a tempo determinato da 36 a 24 mesi. Un anno di lavoro in meno.

Fosse bastato limitare il numero di contratti a tempo determinato per veder impennare il numero di “posti fissi”, a quest’ora avremmo risolto il problema da decenni. Ma così non è, e gli escamotage trovati dalle aziende per non assumere chi ha già prestato servizio spesso si basano - paradossalmente - proprio sugli incentivi per le nuove assunzioni.

La Abramo Customer Care, nella fattispecie, è una grande azienda con più sedi in Italia (Catanzaro, Crotone, Cosenza, Palermo e Roma) e all’estero (Brasile, Albania, Romania, Croazia e Germania).

Vanta migliaia di dipendenti ed un fatturato superiore ai 100 milioni di euro annuo. Non parliamo quindi di un piccolo commerciante o di un imprenditore truffaldino: parliamo di una realtà solida ed in costante consolidamento della propria immagine. Una delle realtà lavorative più importanti, a Crotone, dai tempi delle industrie.

Eppure, la realtà lavorativa dell’azienda (così come quella degli altri call center in città) è da sempre caratterizzata dalle assunzioni a tempo determinato, raramente convertite in rapporti di lavoro indeterminato. E questo da ben prima del Decreto Dignità, tanto da essere una consuetudine ben nota a dipendenti ed aspiranti tali.

A livello locale, sul tema è tornato il Laboratorio Crotone, che dopo aver chiesto maggiore attenzione (LEGGI) chiede oggi che il tema sia portato in Comune (LEGGI), idea supportata anche da Consiglieri comunali e d esponenti della politica locale, tutti compatti contro una legge che, a loro dire, produrrà solo ulteriori disoccupati.

Dall’altra parte, gli esponenti del Movimento 5 Stelle ed i supporter cittadini non perdono tempo per lanciare accuse e invettive sui social, parlando di “strumentalizzazione”, di “manipolazione” e utilizzando tante altre parole ricorrenti nei loro attacchi.

Nel mentre, tutti esprimono solidarietà ai lavoratori ufficialmente in disoccupazione. La precarietà continua ad essere una costante nel mondo del lavoro cittadino – non solo tra i call center – accuratamente omessa quando non c’è da attaccare una legge o una parte politica.