Lavoro. Abramo: “Decreto Dignità soffoca imprese", e annuncia taglio di 400 unità
Circa 400 lavoratori dell’Abramo Customer Care nei prossimi giorni si ritroveranno a casa e senza un lavoro. Ad annunciare il provvedimento è proprio l’azienda calabrese, attiva nel settore del contact center in outsourcing per grandi imprese, e che oggi sostiene di sentirsi "soffocata dagli impatti causati dal Decreto Dignità” e di conseguenza si vede impossibilitata a rinnovare un importante numero di contratti a tempo determinato e somministrati.
L’azienda, operativa prevalentemente nella nostra regionale dal 1998, ma anche a Palermo, Roma e Cagliari, conta circa 4500 addetti di cui 800 collaboratori nelle sedi di Crotone, Montalto Uffugo, Catanzaro, Lamezia Terme.
Tale impatto del decreto voluto dal ministro Di Maio, ricadrà su tutte le sedi calabresi con numerosità maggiore su quella di Crotone.
“Tra le principali ragioni del ricorso all’outsourcing da parte delle grandi imprese committenti, - precisa l’ Abramo Customer Care in un comunicato – occorre certamente mettere al primo posto la specializzazione e la flessibilità offerta da imprese come la nostra. Difatti, laddove i nostri Clienti manifestano rigidità interne tali da non poter svolgere determinati servizi, le stesse attività vengono esternalizzate verso le aziende in grado di fornire maggiore flessibilità e rispondere a quei picchi di attività altrimenti non gestibili.”
“Non è il nostro mestiere quello di fare valutazioni su atti e provvedimenti legislativi, - aggiunge - ma riteniamo sia altresì un nostro dovere segnalare le difficoltà operative, di sostenibilità del business e di impatti occupazionali che l’entrata in vigore del decreto “dignità” possa avere nel comparto dei contact center in outsourcing, la cui attività si basa su commesse con durata media limitata ed un costo del lavoro che incide per oltre l’80% dei ricavi, agendo profondamente sugli strumenti di flessibilità del lavoro.”
“Nel settore dei call center, caratterizzato da picchi e flessi di volumi, le misure adottate mediante il “Decreto Dignità”, complicano e appesantiscono di nuovi costi le imprese, - aggiunge l’azienda- che già oggi faticano a garantire la sostenibilità aziendale e la tenuta occupazionale. In particolare, si tratta di un irrigidimento, che toglie ogni possibilità di risposta in termini di flessibilità alle aziende committenti, non tutelando le esigenze dei clienti finali”.
Il rischio che intravede la società è quello “di confondere la cattiva occupazione con l’utilizzo di strumenti finora previsti dalle norme e riferiti ai contratti a tempo determinato ed alla somministrazione di lavoro. Se ci fossero le condizioni per generare lavoro stabile nel settore dei contact center, probabilmente nessuno si tirerebbe indietro, ma attualmente il costo del lavoro (troppo ampia la forbice tra costo e ricavo rispetto alla tipologia di lavoro) e le condizioni di flessibilità richieste dal mercato impediscono di ragionare in tal senso”.
“Pensare di rendere stabile e rigido un servizio che vive delle esigenze “personali” degli utenti finali (siano esse dovute a ragioni di mercato o di assistenza) – prosegue l’Abramo - è di per sé un percorso miope; ritenere anche di annullare le leve di flessibilità che hanno fatto nascere questo tipo di attività, significa rendere l aziende inermi ed incapaci a dare una risposta al mercato, trovandosi d’altra parte a rinunciare a gran parte della forza lavoro”.
Per meglio comprendere la necessità degli strumenti di flessibilità in un call center l’azienda ha voluto dettagliare con un esempio il funzionamento di un call center.
“Il committente – spiega - il 20 del mese di Luglio dichiara all’outsourcer il numero delle chiamate a cui rispondere nel mese di agosto, supponiamo 1500 per le quali si genera un fabbisogno di 15 risorse; il 20 del mese di agosto indicherà un numero pari a 1000 per il mese di settembre per cui si genera un fabbisogno di 10 risorse (quindi 5 risorse in meno di agosto); il 20 settembre indicherà un numero di 800 per il mese di ottobre per cui si genera un fabbisogno di 8 risorse (7 in meno di agosto e 2 in meno del mese di settembre).”
Detto ciò, l’azienda si chiede: “Con quali azioni si può sostenere la continuità aziendale se non con la flessibilità, escludendo l’ipotesi di sostenere esuberi o fabbisogni a scapito della coerenza economica e quindi mettendo a rischio le posizioni occupazionali dei tempi indeterminati?”
“Con le flessibilità attuali – conclude la nota - è già complicato sostenere il processo produttivo del servizio in outsourcing (il numero delle risorse a tempo indeterminato di Abramo Customer Care è di circa 3.000), con il nuovo provvedimento diventerebbe insostenibile. Resta altrettanto chiaro che le azioni non sono limitate alla fine del mese di luglio, e qualora il decreto dovesse diventare legge, a meno di un provvedimento ad hoc per le attività labour intensive, il numero delle risorse che non potranno essere prorogate vedrà definitivamente morire opportunità di lavoro per centinaia di ragazzi e ragazze in un territorio a crescita occupazionale zero come è la Calabria.”