23 arresti nel Catanese. La Mafia in affari con Matacena?
La mafia catanese sarebbe stata in affari con una società riconducibile ad Amedeo Matacena per la gestione dei traghetti sullo Stretto di Messina. Questo è quanto emergerebbe nell'indagine della Dda di Catania che ha portato all'arresto di 23 persone e al sequestro di beni per 50 milioni di euro. L'inchiesta ha riguardato l'evoluzione di Cosa Nostra subito dopo l'indagine Iblis e avrebbe confermato la vocazione imprenditoriale della "famiglia" catanese, infiltratasi in vari settori, tra cui i trasporti, su iniziativa del Enzo Ercolano, presunto boss e figlio del capomafia deceduto Giuseppe e fratello di Aldo, condannato all'ergastolo. Ercolano avrebbe operato con la collaborazione di altri indagati tra cui, Francesco Caruso e Giuseppe Scuto.
Affari anche nel commercio delle carni per la grande distribuzione in cui si sarebbero inseriti Enzo Aiello e alcuni dei suoi più stretti aiutanti, grazie all'intestazione fittizia di società di settore e - secondo gli inquirenti - tramite accordi con l'imprenditore calabrese Giovanni Malavenda. Sarebbero anche emerse delle alleanze a livello regionale, in particolare con i Pastoia di Belmonte Mezzagno (Palermo) e con imprenditori collegati a Cosa Nostra agrigentina.
In questo ambito è stato verificato il ruolo, definito "significativo" dagli investigatori, rivestito da Enzo Ercolano, titolare di imprese di trasporti di considerevoli dimensioni e sarebbe stato anche appurato che i guadagni derivanti dalle attività imprenditoriali avrebbero determinato l'interesse e l'occulta partecipazione di Enzo Aiello e del fratello di quest'ultimo, Alfio. Sarebbero stati Francecso Caruso e Giuseppe Scuto a tenere i rapporti con affiliati mafiosi catanesi ed agrigentini e con esponenti della politica, tra i quali gli inquirenti menzionano Giovanni Cristaudo e Raffaele Lombardo, entrambi imputati nel processo Iblis.
Ma le manovre della mafia sul terreno della politica si sarebbero spinte fino alla costituzione nel 2008 di un partito (il Partito nazionale degli autotrasportatori) che, speigano ancora gli inquirenti "con l'intento di garantire i loro interessi di cui erano portatori in conto proprio ed altrui, per esempio avere un canale privilegiato con le amministrazioni pubbliche per incassare gli ecobonus, era stato messo a disposizione dell'allora Presidente della Regione in occasione delle elezioni europee del 2009".
Secondo quanto ricostruito, la società Servizi Autostrade del Mare, che sarebbe stata fittiziamente intestata a Caruso ma in effetti facente capo agli Ercolano e i fratelli Aiello, aveva stipulato con la società Amadeus spa, riconducibile ad Amedeo Matacena, un contratto di affitto di tre navi da utilizzare come vettori per i collegamenti tra la Sicilia e la Calabria. L'attività si protrasse con ottimi risultati nei mesi a cavallo tra gli anni 2005 e 2006, fino a quando - per ragioni legate a scelte effettuate da un'altra società estranea alle indagini - si interruppe improvvisamente la navigazione con consistenti danni per la Servizi Autostrade del Mare.
Sarebbe stato anche documentato che Cosa Nostra catanese si sarebbe infiltrata nelle attività relative alla commercializzazione delle carni per la grande distribuzione; in tale ambito, infatti, sarebbero emersi interessi dell'associazione mafiosa per le aziende di Carmelo Motta che gestivano le macellerie negli hard discount a marca Fortè, e per le aziende di Giovanni Malavenda che gestivano le macellerie in numerosi supermercati del gruppo Eurospin Sicilia.
Nell'ambito dell'operazione Caronte sono stati inoltre sequestrati beni di valore ingente, comprendenti 31 imprese ed i relativi beni strumentali, 7 beni immobili e 4 autoveicoli. Il sequestro colpisce il patrimonio immobiliare, finanziario ed imprenditoriale ritenuto illecitamente accumulato negli anni dall'associazione mafiosa, non solo nelle province siciliane di Catania, Palermo e Messina, ma anche nelle province di Napoli, Mantova e Torino.