Clan degli Zingari progettavano un attentato al pm Bruni?
Avrebbero progettato di assassinare il pm della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni. Questa la convinzione degli inquirenti che stamani hanno coordinato l’esecuzione di 20 ordinanze di arresto nei confronti di presunti appartenenti al clan degli Zingari; accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e traffico di droga. La Procura non contesta direttamente agli arrestati fatti specifici in tal senso ma crede che la cosca avesse pensato di attentare alla vita del magistrato: episodio denunciato da un detenuto alla polizia penitenziaria e che ha raccontato come il piano criminoso fosse stato ordito dalle cosche del Crotonese, del Cosentino e del Lametino a seguito delle numerose inchieste coordinate sul territorio dallo stesso Bruni.
Un’associazione a delinquere, di stampo mafioso, dunque, quella degli Zingari, che operava tra Cosenza ed il Tirreno cosentino e che, sempre secondo le indagini, avrebbe imposto il proprio controllo sulla zona perpetrando estorsioni e utilizzando armi per acquisire la gestione e il controllo di attività economiche, appalti pubblici, addirittura l’occupazione abusiva di alloggi popolari dell'Aterp per poi rivenderli a ignari acquirenti. Un affittuario, per esempio, fu minacciato di morte affinché l’asciasse l’abitazione. Tra i destinatari dell’ordinanza, c’è anche Maurizio Rango, ritenuto il reggente della cosca e già fermato martedì scorso con l’accusa di concorso in omicidio pluriaggravato ai danni di Luca Bruni, 37enne scomparso dal gennaio del 2012.
Accertate almeno una ventina di estorsioni ad imprenditori e commercianti di Cosenza e Paola che venivano minacciati e fatti oggetto di incendi, danneggiamenti e anche percosse. Episodi, in molti casi, immortalati dalle telecamere piazzate dagli investigatori. Secondo gli inquirenti tra gli arrestati ci sono anche gli autori di un attentato, nel 2013, ai danni di una pizzeria del capoluogo, quando vennero esplosi colpi d’arma contro un dipendente dell’attività; o delle altre quattro intimazioni subite dal titolare di un negozio di autoricambi: durante una di queste fu rubata un’auto e incendiata proprio davanti all’attività. Anche i parcheggiatori abusivi erano costretti a pagare il pizzo venendo obbligati ad inserire uomini di loro fiducia retribuiti con 50 euro al giorno ciascuno. Finanche l’episodio di una delle vittime che, per costringerla a pagare il racket - ispirandosi forse alla filmografia, spiegano gli investigatori - venne portata davanti al boss Franzo Abruzzese, latitante all’epoca dei fatti ed ora in carcere.
IN QUATTRO SFUGGITI ALL’ARRESTO E L’OMBRA DI UNA “TALPA”
15:48 | Quattro persone sono sfuggite all'arresto nel corso dell’operazione di stamani aprendo lo scenario di una possibile fuga di notizie e dunque della presenza di una "talpa" così come annunciato da un pentito che aveva anche rivelato il progetto di attentato a Pierpaolo Bruni. "La fuga di notizie - tranquillizza però il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri - può essere ricondotta al fatto che erano noti i collaboratori che stavano facendo dichiarazioni", Bombardieri ha anche negato che la presunta talpa possa essere tra le forze dell'ordine.
LOMBARDO: I NOMADI HANNO SOSTITUITO I CLAN
"L'operazione di oggi registra l'evoluzione delle cosche cosentine e dopo l'operazione ‘Tela del ragno’ e altre, i clan Cicero, Lanzino e Perna sono stati sostituiti, a Cosenza, dal clan Rango e dagli zingari, visto che Maurizio Rango ha sposato una nipote di Giovanni Abbruzzese, realizzando una unione personale e attirando a sé anche gli uomini del clan Bruni". È quanto ha spiegato Vincenzo Antonio Lombardo, procuratore capo della Dda, nel corso della conferenza stampa di stamani. "Non si pensi che sconfiggere un clan voglia dire sconfiggere tutta la 'ndrangheta", ha affermato inoltre il magistrato.