Banda di rapinatori: blitz nel reggino, nove arresti

Reggio Calabria Cronaca

La Polizia di Reggio Calabria ha eseguito stamani una decina di arresti (sia in carcere che ai domiciliari) nei confronti di presunti appartenenti ad un'organizzazione criminale che avrebbe avuto base nella Piana di Gioia Tauro ed avrebbe organizzato e commesso una lunga serie di rapine a mano armata a danno di autotrasportatori (sia di furgoni che mezzi pesanti), farmacie, uffici postali, cacciatori e distributori di carburante.

Le investigazioni che hanno portato all’esecuzione dell’operazione "Safe Roads", così come è stata denominata dagli inquirenti, avrebbero consentito di ricostruire il ruolo di ogni singolo indagato e di individuare anche i nascondigli per le armi e la latitanza di capi ed affiliati dell'organizzazione.

Le indagini sono coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi e condotte dalla Squadra Mobile di Reggio, diretta dal primo dirigente Francesco Rattà e dal vice Fabio Catalano, e dal Commissariato di Gioia Tauro diretto dal vice questore aggiunto Angelo Morabito.

Le investigazione condotte dagli agenti del Commissariato di Gioia Tauro, hanno consentito di trarre in arresto in flagranza di reato il presunto autore di una rapina ad un distributore di carburante, avvenuta il 6 aprile del 2012 a Polistena, nel reggino. La polizia, allora, intevennne e intercettò una persona, Salvatore Scandinaro, a bordo di un’auto e ne nacque un inseguimento durato fin quando l'uomo abbandonò la vettura, che risultò poi rubata, e tentò di darsi alla fuga a piedi. Gli agenti riuscirono a bloccarlo e vennero sequestrati oggetti che, sempre secondo l'accusa, Scandinaro avrebbe gettato durante la fuga, ovvero una pistola calibro 9 con caricatore e proiettili e un passamontagna. A capo dell'organizzazione, secondo gli inquirenti, vi sarebbero stati Diego Mammoliti (30 anni) e Rocco Furuli (28).


GLI ARRESTATI

In tutto sono state eseguite 9 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Palmi, su richiesta della Procura, nei confronti di: Diego Mammoliti, nato a Cinquefrondi, 30 anni, pregiudicato, detenuto; Rocco Furuli, nato in Germania, 28 anni, pregiudicato, detenuto; Rocco Gallo, nato a Taurianova, 40 anni, pregiudicato, detenuto agli arresti domiciliari; Salvatore Gallo, nato a Cinquefrondi, 29 anni, pregiudicato, detenuto; Giovanni Serreti, nato a Ciqnurefrondi, 32 anni, pregiudicato, detenuto; Bruno D’agostino, nato a Cinquefrondi, 28 anni, pregiudicato; Francesco Amato, nato a Rosarno, 46 anni, pregiudicato; Michele Varone, nato a Cinquefrondi (RC), 23 anni, pregiudicato; Antonino De Paola, nato a Correggio (Reggio Emilia), 30 anni, pregiudicato;

Sono tutti ritenuti responsabili, in concorso, dei reati di associazione a delinquere, di numerosi reati di rapina aggravata, ricettazione, sequestro di persona, detenzione di armi e munizionamento da guerra e di armi clandestine e procurata inosservanza di pena.


I PARTICOLARI DELL’INDAGINE

I provvedimenti restrittivi scaturiscono da una indagine, condotta dalla Sezione Investigativa del Commissariato di Gioia Tauro e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria col coordinamento della Procura di Palmi, nei confronti di quello che viene considerato dagli inquirenti un “pericoloso gruppo criminale emergente” che avrebbe compiuto numerose rapine e di altri reati. All’esecuzione ha collaborato anche il Reparto Prevenzione Crimine.

L’indagine, anche di carattere tecnico, durata tre anni, colpisce i presunti responsabili di decine di rapine a mano armata, perpetrate nel comprensorio della Piana di Gioia Tauro e nel vibonese, tra gli anni 2008 e 2012 e fino ad oggi, con riconducibilità delle stesse (o comunque di buona parte delle stesse) ad un’unica organizzazione criminale, che aveva disponibilità di armi di varia tipologia, recuperate anche attraverso rapine di cacciatori e nascoste in basi logistiche dislocate sul territorio.


I COLLEGAMENTI CON ALTRI CIRCUITI CRIMINALI

Alcune delle rapine individuate nel corso delle indagini avrebbero consentito di accertare dei collegamenti con circuiti criminali anche esterni alla piana di Gioia Tauro, in particolare della provincia di Vibo Valentia e della fascia ionica reggina, che sarebbero stati utili per acquisire la disponibilità di armi e delle auto usate per la commissione delle rapine, oltre che per collocare la merce provento dei reati e ricavarne, dunque, un profitto.

Si sarebbe ampiamente spiegato il modus operandi dell’organizzazione partendo da precedenti attività investigative che riguardavano lo stesso gruppo criminale, secondo gli investigatori già coinvolto in passato in altri delitti, in particolare rapine: l’indagine prendeva spunto da un’altra attività che è culminata con l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare che, nell’aprile del 2005, di fatto aveva bloccato l’operatività criminale del gruppo.

Si sarebbe così raggiunta la prova di una sostanziale continuità operativa tra quella associazione e quella attuale, seppure composta soggettivamente da più numerosi e diversi indagati.


UNA SERIE IMPRESSIONANTE DI RAPINE

La recrudescenza dei fenomeni delittuosi e l’analisi delle dinamiche criminali, per gli inquirenti “lasciava intravedere numerose affinità tra il gruppo di criminali attenzionato in precedenza ed i soggetti responsabili dei nuovi delitti”, pertanto, considerate le forti analogie sia nel modus operandi, sia nell’ubicazione geografica dove le rapine venivano commesse, cioè la Piana di Gioia Tauro, venne avviata una indagine ipotizzando che le azioni delittuose fossero compiute dagli stessi malviventi.

Dopo tre anni di accertamenti, comprensivi di attività tecniche e di servizi dinamici sul territorio, si sarebbe così accertato che l’organizzazione avrebbe commesso “una serie impressionante di rapine a mano armata” nei confronti di autotrasportatori di furgoni e di mezzi pesanti, alcuni dei quali anche sequestrati, privati temporaneamente della libertà personale, farmacie, uffici postali, cacciatori, distributori di carburante e autovetture.

In questo contesto, sarebbero stati accertati i ruoli di ogni singolo indagato, individuando i promotori e gli organizzatori dell’associazione, nonché i partecipi con compiti ben delineati, dal concorso nella commissione dei delitti, al recupero di veicoli di provenienza delittuosa, sino alla gestione delle basi logistiche, compresa la custodia di armi ed infine al supporto della latitanza di capi o affiliati.


I PRESUNTI CAPI E I LEGAMI CON IL CLAN BELLOCCO

Nel dettaglio, Fulvio Accurso, Gip del Tribunale di Palmi, ha accolto la richiesta di misura cautelare in carcere avanzata dai sostituti Salvatore Dolce e Enzo Bucarelli, con il coordinamento del Procuratore della Repubblica Emanuele Crescenti.

L’ordinanza è stata emessa nei confronti di Diego Mammoliti e di Rocco Furuli, ritenuti entrambi al vertice dell’organizzazione, già noti perché considerati collegati alla famiglia di ‘ndrangheta dei Bellocco di Rosarno, operante nel comprensorio della Piana di Gioia Tauro.

Mammoliti, in particolare, è considerato l’organizzatore di tutte le rapine del 2009, nonché della rapina del 6 aprile 2012 al distributore di carburante “IP” di Polistena. In quella occasione, la polizia arrestò in flagranza di reato Salvatore Scandinaro che aveva commesso la rapina insieme ad altri, armato con una pistola cal. 9, arma sequestrata, dopo aver fatto cadere il passamontagna.

Rocco Furuli, per suo conto, sarebbe stato diretto protagonista di tutte le rapine commesse nel 2009 e altre sei del 2011. Furuli, arrestato il 20 febbraio del 2011, è tutt’ora detenuto, motivo per il quale non è stato protagonista di ulteriori rapine successive a quella data.


IL RUOLO DEI “PARTECIPI” E I DUE GRUPPI

L’indagine avrebbe poi dimostrato il ruolo di partecipi, attribuito ad una parte degli altri indagati, nei riguardi di Rocco Gallo, Salvatore Scandinaro, Antonino Tortora, Giovanni Serreti, Cosma Biagio Nardelli, Francesco Amato e Bruno D’Agostino: responsabilità che, secondo gli inquirenti, sarebbero provate dalle modalità con le quali gli stessi avrebbero agito e dai rapporti tra loro intercorrenti, eseguendo le direttive impartite dai capi dell’associazione.

Le attività avrebbero accertato l’esistenza di un primo gruppo di persone, tra i quali Antonino Tortora, Salvatore Scandinaro e Giovanni Serreti, che avrebbero agito sotto le direttive e il coordinamento di Diego Mammoliti e Rocco Furuli e di un secondo gruppo di persone costituito da Cosma Biagio Nardelli, Francesco Amato e Bruno D’Agostino, che avrebbero agito sotto le direttive di Rocco Gallo. In particolare, quest’ultimo, una volta arrestati Mammoliti e Furuli ne avrebbe proseguito l’azione, avvalendosi delle stesse tipologie esecutive per la realizzazione dei delitti che venivano svolti con armi e nell’identico contesto territoriale.


UN GRUPPO BEN ORGANIZZATO

La consorteria criminale era provvista di organizzazione tutt’altro che rudimentale, in quanto poteva contare su solide basi operative, diffuse sul territorio; poteva disporre di numerose armi, anche da guerra, oltre che di cospicue munizioni; era in possesso di ogni materiale necessario per commettere le rapine e di numerose autovetture; forniva assistenza agli associati in caso di detenzione di qualcuno di loro e soprattutto durante la loro latitanza. La pericolosità del gruppo criminale sarebbe testimoniata dalle modalità con le quali lo stesso ha agito, “incurante della presenza sul territorio delle forze dell’ordine e senza remora alcuna nell’agire anche in modo spietato contro le vittime designate”, affermano gli inquirenti.

Episodi sintomatici del modus operandi dell’associazione sarebbero alcuni dei delitti commessi dagli appartenenti al gruppo criminale in questione, tutti caratterizzati da condotte dirette a offendere il patrimonio con il ricorso alla violenza e alla minaccia delle persone.


LA PERICOLOSITÀ DEL GRUPPO TRA RAPINE E SEQUESTRI

Il 18 febbraio del 2009, Diego Mammoliti, con altri soggetti non meglio identificati, avrebbe effettuato una rapina ad un autotrasportatore che stazionava presso la piazzola nei pressi dello svincolo autostradale di Rosarno Sud, in attesa di proseguire per Cinquefrondi, dove avrebbe dovuto consegnare cibo per animali. Alle 7.30, veniva svegliato da tre persone con il volto coperto da passamontagna che, minacciandolo con una pistola e con un’ascia, lo hanno incappucciato e costretto con la violenza a percorrere un lungo tratto di campagna, a piedi e a bordo di un auto, sequestrandolo per circa un’ora in una baracca, ed impossessandosi del carico del furgone, del valore complessivo di 9600 euro, smerciando poi la merce sulla costa ionica reggina.

La pericolosità del gruppo sarebbe anche testimoniata da altro episodio avvenuto il 6 aprile 2009 quando si impossessarono di un camion carico di mobili, che stava percorrendo la SGC-Ionio Tirreno in direzione Siderno. L’autotrasportatore venne bloccato da un’Alfa Romeo 159 di colore nero, con a bordo due persone, una delle quali, una volta fermato il veicolo, scese dall’auto armato di pistola e col volto travisato, fece scendere la vittima, e si impossessò del mezzo per poi fuggire insieme al complice in direzione di Siderno.

Altro episodio di rilievo attribuibile al gruppo è la rapina avvenuta il 10 aprile 2009 presso l’esercizio commerciale “Phone Center” di Rosarno, quando tre malviventi, riconosciuti come Diego Mammoliti, Rocco Furuli e Salvatore Scandinaro, con volto travisato, minacciarono con un fucile la proprietaria facendosi consegnare la 7 mila euro in contanti.

L’operatività criminale del gruppo sarebbe dimostrata anche da altri episodi altrettanto significativi avvenuti negli anni 2011 e 2012. Il 5 gennaio 2011, Rocco Furuli e Rocco Gallo, si impossessarono di un’autovettura puntando un’arma all’indirizzo della vittima e costringendolo a consegnarla, dopodiché a bordo vi salì il Furuli.

Il 2 aprile 2012, Salvatore Scandinaro, insieme ad altri soggetti non meglio identificati, avrebbe minacciato gli impiegati dell’Ufficio Postale di Polistena con un’arma comune e un’arma da guerra, impossessandosi di circa 11.600 euro.

Infine, quanto ai delitti in tema di armi, sono stati effettuati diversi sequestri, tra cui un fucile a canne mozze, pistole, pistole mitragliatrici e munizioni di ogni tipo, utilizzate nei delitti, e sono state individuate le basi logistiche del sodalizio. Sono attivamente ricercati altri tre soggetti colpiti dallo stesso provvedimento.