‘Ndrangheta: beni per 11 milioni sequestrati ai clan della Piana

Reggio Calabria Cronaca

Una serie di sequestri hanno riguardato un’ingente patrimonio, del valore stimato in oltre 11 milioni di euro, considerato riconducibile ad importanti esponenti delle cosche di ‘ndrangheta che operano nella Piana di Gioia Tauro. I provvedimenti sono stati eseguiti dagli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, insieme ai colleghi dello Scico di Roma ed in collaborazione col Ros dei Carabinieri reggini. A coordinare le indagini la Procura della Repubblica dello Stretto.

L’operazione trae spunto dall’indagine nota come “il Crimine che avrebbe fatto luce sui rilevanti investimenti fatti dalle principali cosche calabresi. Una successiva analisi economico-finanziaria degli elementi investigativi, avrebbe consentito ai finanzieri di accertare una “sproporzione tra l’ingente patrimonio individuato ed i redditi dichiarati” dai soggetti sottoposti alle investigazioni e tale da non giustificarne una provenienza legittima.

Nel complesso sono stati sequestrati 28 beni immobili tra terreni, fabbricati e complessi immobiliari; 17 società, 4 autovetture e varie disponibilità finanziarie. Irrogate anche nove misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti affiliati ai clan.


I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE “TRAMONTANA”

In particolare sono stati 10 i decreti di sequestro eseguiti ed emessi, su richiesta della Sezione misure di prevenzione della Procura della Repubblica di Reggio. Inoltre, nei confronti di 9 membri ritenuti apicali delle cosche, è stata applicata la sorveglianza speciale.

Oggetto del sequestro è il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, che sarebbe intestato o riconducibile a vari soggetti, ai vertici delle cosiddette “società” di Rosarno e Polistena nonché dei “locali” di Laureana di Borrello, Oppido Mamertina e Bagnara Calabria, e che gli inquirenti ritengono far parte del mandamento tirrenico della Provincia di Reggio Calabria, già destinatari di una sentenza di condanna nell’ambito della Operazione “Il Crimine”.

I TRE “MANDAMENTI” E L’ORGANIZZAZIONE DELLA ‘NDRANGHETA

Proprio in seguito a quest’ultima indagine si sarebbe evidenziato come la ‘ndrangheta, spiegano gli investigatori, “sia un’organizzazione di tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice, insediata nella provincia” reggina che sarebbe suddivisa in tre aree, denominate mandamenti (tirrenico, città e jonico), nel cui ambito insistono società e locali, composti a loro volta da ‘ndrine e famiglie.

Ai vertici dell’organizzazione vi sarebbe un organo collegiale con compiti, funzioni e cariche proprie, definito “Provincia” o anche “Crimine”, quest’ultimo termine riferito anche alle singole articolazioni associative e, in altre occasioni, all’intera associazione i cui organi direttivi sono costituiti dal “Capocrimine”, dal “Contabile”, dal “Mastro Generale” e dal “Mastro Di Giornata”.

IL CAPOCRIMINE E GLI ALTRI VERTICI DELLA COSCA

I provvedimenti adottati dalla Sezione Misure di Prevenzione sono stati emessi al termine di un’accurata rielaborazione dei dati reddituali, effettuata dalle Fiamme Gialle, che hanno eseguito oltre 200 accertamenti economico-patrimoniali a carico di persone fisiche e giuridiche tra i quali anche l’intero nucleo familiare del presunto “Capocrimine”, Domenico Oppedisano (84 anni), del “Mastro di Giornata della Società di Rosarno” Michele Marasco, del “Capo del Locale di Laureana di Borrello” Rocco Lamari, del “Capo del Locale di Oppido Mamertina” Antonio Gattellari e del “Capo del Locale di Bagnara Calabra” Rocco Zoccali.

L’ECCEZIONALE ARRICCHIMENTO PATRIMONIALE

“Sono stati valorizzati i numerosissimi riscontri acquisiti, mettendo in risalto l’aspetto della sperequazione tra redditi dichiarati e l’incremento patrimoniale accertato – spiegano i finanzieri - per poi procedere ad una nuova e definitiva analisi contabile, che ha consentito di evidenziare un eccezionale arricchimento patrimoniale” dei soggetti indagati e realizzato nel corso dell’ultimo ventennio, conseguendo così profitti e vantaggi “ingiusti ed illeciti”, frutto del controllo del territorio “di competenza” e delle relative attività economiche e produttive.

Le indagini portate a termine sono state persuasive quanto complicate a causa della minuziosa capacità dei soggetti investigati di mascherare la reale intestazione dei beni mobili e immobili e delle attività economiche intestate a terzi, ma da loro gestite da anni.