Castiglione, Mariani: “Adottare regole contro la ‘ndrangheta”
Si è aperta con l’enunciazione dei nomi delle vittime innocenti di ‘ndrangheta da parte della giovane amministratrice Alessia Primavera, accompagnata dalle note del violino di Elena Nunziante, la celebrazione della Giornata della Memoria e dell’Impegno organizzata dall’Associazione Culturale Più di Cento – Tana per la legalità presieduta da Salvatore Magarò che, alla guida di questo movimento, sta proseguendo nelle attività di educazione alla legalità intraprese alla guida della Commissione contro la ‘ndrangheta del Consiglio Regionale.
Alla manifestazione, ospitata nel Frantoio dei Saperi di Castiglione Cosentino ed introdotta dai saluti del sindaco Dora Lio, sono intervenuti il magistrato Eugenio Facciolla, il Viceprefetto Massimo Mariani, il presidente dell’Associazione Antiracket di Cosenza Alessio Cassano, il professor Ercole Giap Parini, docente dell’Università della Calabria.
“La memoria non è un sacchetto di ricordi, un posto dove riponiamo le nostre cose – ha affermato Giap Parini – è un esercizio di recupero del nostro passato per metterlo a disposizione del presente e per costruire il nostro futuro. La memoria è selettiva. E’ nostra responsabilità scegliere cosa ricordare con intensità e cosa invece relegare ai margini. Non vogliamo limitarci alla commemorazione delle persone che non ci sono più, ma documentare la loro storia e continuare nel percorso che essi avevano intrapreso. Le vittime della ‘ndrangheta erano sassolini scomodi nelle scarpe dei mafiosi. Oggi quei sassolini scomodi dobbiamo essere no”.
Assai critico il magistrato Eugenio Facciolla che ha denunciato come “il processo penale sia fortemente sbilanciato contro le parti offese, tanto che ancora oggi si registra una profonda reticenza nell’acquisizione delle testimonianze, fondamentali per assicurare i mafiosi alla giustizia.
All’indomani delle stragi del ’92 lo Stato aveva messo in campo strumenti legislativi formidabili che hanno consentito di infliggere duri colpi alle organizzazioni malavitose. Negli anni però, questo impianto normativo è stato progressivamente eroso ed oggi siamo costretti a lavorare senza risorse e senza un ordinamento adeguato. È vero che i testimoni di giustizia sono abbandonati – ha proseguito Facciolla – Spesso sono trattati come pacchi dimenticati in qualche località protetta e lasciati privi di assistenza. Il sistema di protezione fa acqua da tutte le parti nonostante l’impegno delle forze dell’ordine che fanno quello che possono, con sacrifici personali e senza straordinari o indennità di missione”.
Visibilmente emozionate, Marisa Garofalo, sorella di Lea Garofalo uccisa nel 2009, e Maria Avolio, vedova di Lucio Ferrami assassinato nel 1981, hanno raccontato le loro storie con una testimonianza che ha raggiunto le corde più profonde delle tante persone presenti alla cerimonia. “Mia sorella Lea e sua figlia Denise – ha detto tra l’altro Marisa Garofalo – hanno scelto la difficile strada della giustizia, al costo della vita e della libertà. Seguendo questo esempio ognuno di noi ha il dovere di fare in modo che il loro coraggio non vada sprecato”.
“La solitudine è il nostro nemico più terribile – ha aggiunto Maria Avolio – le nostre esistenze sono state sconvolte e nessuno potrà mai restituirci quello che abbiamo perso. Ma ancora oggi avvertiamo il bisogno di sentire la vicinanza delle istituzioni, e il bisogno di parlare di ‘ndrangheta, nelle famiglie, nelle scuole, perché la forza delle parole scuote le coscienze e combatte la rassegnazione che porta i calabresi ad accettare la convivenza con le cosche, come se fosse un ineluttabile destino”.
Le conclusioni sono state tratte dal Viceprefetto Massimo Mariani: “Sento spesso dire che l’Italia non è un paese civile. Basterebbe che fosse un paese serio. La ‘ndrangheta è un’organizzazione estremamente precisa con regole rigorose. Per combatterla dobbiamo contrapporre altrettanta serietà e adottare regole che tutti i cittadini devono percepire come proprie”.