Villirillo (Maro Polo): “Bene legge divorzio breve”

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“Finalmente, dopo dodici lunghissimi anni di iter parlamentare e 41 anni dopo il referendum del 1974, la Camera ha approvato in via definitiva (con 398 sì, 28 no e 6 astenuti) la legge sul cosiddetto divorzio breve. Ridotti quindi i tempi di attesa da tre a un anno per la separazione giudiziale, e a sei mesi se consensuale. E non inficia nulla se nella coppia ci siano figli minori”. È quanto scrive Rosario Villirillo, presidente dell’associazione Marco Polo.

“Si tratta, in effetti, di “un testo equilibrato e realistico, che senza stravolgere le norme renderà più snello il percorso giudiziale riducendo il contenzioso. Abbrevia i tempi, facilita la soluzione dei conflitti tra coniugi, anche a vantaggio della serenità dei figli”. Il ‘divorzio breve’ peraltro “non sminuisce affatto il valore del matrimonio né obbliga a tempi accelerati, perché anche con la nuova legge saranno pur sempre gli ex coniugi a decidere quando chiedere il divorzio dopo la separazione. Quanto ai figli, il nostro ordinamento li tutela ampiamente a prescindere dal contesto familiare”.

Vengono altresì modificate anche le norme sul fronte patrimoniale, in quanto la comunione dei beni potrà essere sciolta nel momento stesso in cui viene sottoscritta la separazione. La riforma vale anche per le cause di separazione in corso. Sul tema il legislatore è intervenuto anche con il decreto legge 132 del 20142 (convertito con legge 162 del 2014), che ha operato una serie di modificazioni in materia civile.

In particolare: si è introdotto una particolare forma di negoziazione assistita dagli avvocati, finalizzata specificamente alla soluzione consensuale stragiudiziale delle controversie in materia di separazione personale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio; è previsto che analogo accordo di separazione o di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili o, infine, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio possa essere concluso dinanzi al sindaco quale ufficiale di stato civile, con l'assistenza facoltativa di un avvocato (la procedura è esclusa in presenza di figli minori).

Con il divorzio si ha la cessazione del matrimonio e le parti acquistano nuovamente lo stato libero potendo quindi contrarre nuove nozze. In questo caso permane comunque l'obbligo di versare l'assegno di mantenimento per il coniuge privo di mezzi, tranne se sia questi a contrarre di nuovo matrimonio. Ora si aspetta soltanto la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale poi sarà possibile divorziare senza mai mettere piede in un tribunale. E’ una legge doverosa in linea con i tempi e con gli altri paesi, è un passo avanti di civiltà giuridica e sociale.

Si Auspica, pertanto, che, entro breve tempo, il parlamento possa deliberare anche sugli accordi prematrimoniali e quale è la situazione in Italia: si tratta di veri e propri contratti mediante i quali i due futuri coniugi si mettono d’accordo sia sulle questioni inerenti gli obblighi del matrimonio sia su quelle da affrontare in caso di separazione e divorzio, mirando così alla preventiva risoluzione di ogni eventuale controversia.

In alcuni Paesi europei (tra cui Francia e Germania) esistono già diverse forme di intese prematrimoniali, ma il modello più diffuso è quello dei “prenuptial agreement” di origine anglosassone. Molto “in voga” negli stati Uniti, con questo genere di accordi, stipulati per lo più davanti al notaio, i coniugi si accordano per regolare l’intero regime economico durante il matrimonio e in vista di un eventuale divorzio (ivi compreso l’assegno di mantenimento e le clausole più disparate, riguardanti finanche l’adulterio.

In Italia i patti prematrimoniali non sono ben visti dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritarie, in quanto considerati accordi che incidono sui diritti “indisponibili” dei coniugi e caratterizzati dall’illiceità della causa, giacché finalizzati a circoscrivere, in modo espresso o indirettamente, il diritto di difesa in un futuro procedimento di divorzio (cfr. ex. multis Cass. n. 17634/2007; Cass. n. 5302/2006).

Tuttavia, di recente, alcune pronunce dei giudici di legittimità (cfr. Cass. n. 23713/2012; Cass. n. 19304/2013), pur ribadendo il tradizionale orientamento di “invalidità” delle convenzioni prematrimoniali, hanno mostrato una certa apertura, riconoscendo la libertà dell’autonomia privata anche all’interno del diritto di famiglia: autonomia che permette ai coniugi di disporre del proprio patrimonio nell’ottica della fine dell’unione, laddove l’accordo non contenga disparità o sproporzioni nelle prestazioni da effettuare reciprocamente”.