Legambiente chiede la chiusura della cava di “Macchia di lupo”
"Nonostante le numerose denuncie che in diverse occasioni abbiamo segnalato alle autorità preposte continua a svolgersi un’attività di estrazione di materiale inerte dalla cava di località “Macchia di Lupo”, quella che sta sopra il depuratore della città sulla strada provinciale che da San Giovanni in Fiore porta a Trepidò, attività svolta in maniera illegale, abusiva e in assenza di autorizzazioni di legge, tant’è che in più occasioni tale cava ha subito varie ordinanze di chiusura e per giunta un sequestro con sigilli dell’area da parte dei Carabinieri, ma a quanto pare niente è riuscito a scoraggiare gli intrepidi imprenditore del settore."Lo dichiara in una nota Legambiente Sila.
"Una cava fuori legge, dunque, le cui attività estrattive,- affermano ancora - che vanno avanti da oltre un decennio, oltre allo sbancamento di una parte significativa del costone della montagna hanno prodotto la modifica del sottostante alveo del fiume Arvo che è stato deviato per installare un impianto di lavorazione e stoccaggio degli inerti. Tutte attività che riteniamo abusive e che oltre a pregiudicare la tenuta del versante della montagna sottoposto a forte rischio idrogeologico, hanno modificato in maniera consistente il sistema ecologico del fiume Arvo per la parte coinvolta dall’attività estrattiva abusiva.
Oltre a tutto questo è molto probabile che insista anche uno scarico di liquami prodotti da una vecchia discarica presente sul costone a monte del fiume, che abbiamo in altre occasioni anch’esso denunciato, e che va a defluire nello stesso fiume Arvo.
Per tali motivi noi di Legambiente Sila abbiamo prodotto formali denuncie alle varie attività competenti quali il Comune di San Giovanni in Fiore, l’ Assessorato alle Attività Produttive della Regione Calabria, l’Assessorato all’Ambiente della Regione Calabria, l’Autorità di Bacino della Regione Calabria, la Soprintendenza ai Beni Ambientali e A.A.A.S. della Calabria e la Procura della Repubblica di Cosenza per chiedere se la ditta interessata è in regola con le autorizzazioni di legge e paga regolarmente i canoni demaniali previsti dalla legge, se esiste un Piano per la coltivazione della cava autorizzato e/o vigente, se esiste un Piano di recupero del versante a rischio idrogeologico autorizzato e/o vigente, se esiste un Piano per il ripristino dell’alveo naturale del Fiume Arvo, se vi è la presenza di eventuali scarichi o fattori inquinanti prodotti dalla attività estrattiva che interessano il Fiume Arvo, se le disposizioni ed i pronunciamenti emanati dalla magistratura, in diverse occasioni, sono stati rispettati o sia stato modificato lo stato dei luoghi di area sottoposta a sequestro e se ci sono state connivenza da parte di organi tecnici e/o amministratori che hanno favorito il perpetuarsi di tale disastro ambientale e paesaggistico.
Pertanto attendiamo speranzosi - conclude la Legambiente Sila - buone nuove e come sempre contiamo sul buon lavoro della Magistratura Italiana affinché la legalità sia riportata su questa parte di territorio silano e Sangiovannese."