Processo “Mediterraneo”, chiesti 276 anni di carcere
Sono oltre 276 anni di carcere le pene complessive invocate, nel corso della requisitoria, dalla pubblica accusa (rappresentata dai pm della Dda di Reggio Calabria Roberto di Palma e Matteo Centini) nel processo "Mediterraneo", celebrato con rito abbreviato in aula bunker, dinnanzi al gup Cinzia Barillà.
Il processo nasce dall'operazione Mediterraneo, che è stata condotta dai Carabinieri contro la cosca di 'ndrangheta Molè nel giugno dello scorso anno. L'accusa ha chiesto la condanna dei 35 imputati che hanno scelto di essere giudicati con l'abbreviato a pene che vanno da un massimo di 17 anni e 8 mesi di carcere, a un minimo di 2 anni, per un totale complessivo di oltre 2 secoli e mezzo di galera.
Il 24 giugno del 2014 i Carabinieri di Reggio Calabria e del Ros eseguirono un'ordinanza di custodia cautelare di 53 persone indagate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, traffico di armi, intestazione fittizia di beni e altri reati. Tre i filoni principali dell'indagine: il narcotraffico, hashish e cocaina sulla piazza della Capitale; traffici di armi di provenienza slovacca, ma anche un insospettabile di Gioia Tauro che preparava silenziatori artigianali; attività di reinvestimento di capitali illeciti con l'acquisto di immobili ed esercizi pubblici, nonché il business delle slot machines.
L'indagine passò al setaccio gli anni successivi all'omicidio di Rocco Molè, avvenuo l'1 febbraio 2008, e che avrebbe segnato la fine ufficiale della storica alleanza con la potente cosca Piromalli, che avrebbe imposto ai Molè una riorganizzazione.