Commercio: Confesercenti, miglioramento ma crisi non è finita
Il commercio dà segnali di miglioramento, ma la crisi non è ancora finita: nei primi otto mesi del 2015 ripartono le aperture (+16%), ma il saldo resta negativo: perduti oltre 6mila negozi rispetto al 2014. È quanto sostiene l'Osservatorio Confesercenti. "Nonostante il ritorno in territorio positivo di consumi e vendite, i negozi tradizionali continuano infatti a diminuire: tra gennaio ed agosto di quest'anno si registrano 6.052 Pmi in meno rispetto al 2014 (-0,9%), con una flessione più accentuata nel Mezzogiorno e nelle Isole rispetto al Centro-Nord (-1,2% contro -0,8%). Aumentano però le nuove aperture: nei primi 8 mesi sono state 17.015, il 16% in più delle 14.647 dello stesso periodo del 2014. La perdita di imprese del commercio in sede fissa appare compensata dall'andamento positivo delle commercio ambulante, che nei primi 8 mesi del 2015 mette a segno una crescita del 3,6%, pari a 6.682 imprese in più rispetto allo scorso anno. È quanto emerge dalle rilevazioni dell'Osservatorio Confesercenti sulla natimortalità delle imprese di commercio e turismo tra gennaio e agosto 2015".
"Rispetto agli scorsi anni - spiega Mauro Bussoni, Segretario Confesercenti - il mercato interno mostra qualche segnale di miglioramento, ma per i negozi tradizionali è sempre una fase difficile. Aumentano le aperture, ma l'emorragia di chiusure non si arresta. A pesare sè soprattutto la deregulation delle aperture delle attività commerciali: il regime attuale, che prevede la possibilità di rimanere aperti 'h24' per 365 giorni l'anno, è insostenibile per i piccoli negozi, che continuano a perdere quote di mercato a favore della grande distribuzione. Se non si modificherà la normativa, i negozi non agganceranno mai la ripresina dei consumi e continueranno a chiudere. Discorso a parte per gli ambulanti, che aumentano ormai ininterrottamente da tre anni. Un vero boom, che coinvolge soprattutto gli imprenditori stranieri, su cui stiamo conducendo un'importante approfondimento i cui risultati diffonderemo a fine ottobre".
A livello territoriale, lo studio rileva che "i negozi diminuiscono in tutte le regioni, con maggiore velocità nelle regioni del Mezzogiorno e delle Isole". "Fanno eccezione - si legge ancora - la Calabria, dove si rileva una crescita dello stock di imprese del commercio di 13 unità, ed il Trentino-Alto Adige, in positivo ma di una sola attività. La regione che mostra la diminuzione percentuale ed assoluta più elevata è la Sicilia, che si guadagna la maglia nera con una flessione delle imprese registrate del 2,3%, pari a 1.433 negozi in meno rispetto ai primi otto mesi del 2014. Segue la Basilicata, che nei primi 8 mesi dell'anno registra 138 negozi in meno (l'1,9%) sul 2014".
Per quanto riguarda i comparti merceologici, "la diminuzione di negozi in sede fissa riguarda praticamente tutti i settori merceologici, alimentari e non alimentari". "Particolarmente grave appare la crisi dei negozi svapo (sigarette elettroniche, n.d.r.): il settore di riferimento - svapo, articoli da regalo e fumatori - registra tra gennaio ed agosto una flessione del 7,9%, pari a 678 imprese in meno. Continua anche la crisi della moda: nei primi 8 mesi i negozi di tessile, abbigliamento e calzature sono diminuiti di 2.363 unità (-1,8%) rispetto all'anno precedente, un saldo decisamente negativo ma migliore di quello registrato nel 2014 (-5.203 imprese). Flessioni notevoli si rilevano anche per la distribuzione carburanti (-729 imprese in un anno, -3,5%) e delle edicole e dei rivenditori di giornali e periodici (-2,6%, per 461 attività in meno sul 2014)". (AGI)