Centenario della morte di Capuana, mostra alla Biblioteca Nazionale
"Con “I colori del vero” la Biblioteca Nazionale di Cosenza (Ministero beni e attività culturali e del turismo – Direzione generale beni librari e istituti culturali) celebra il centenario della morte di Luigi Capuana. La manifestazione, nella quale si inaugura una mostra Bibliografica e documentaria, curata dagli esperti della Biblioteca (Mibact)vedrà la prolusione critica dello scrittore Pierfranco Bruni sul Capuana della favola e del “vero”. L’evento si svolgerà il 2 dicembre prossimo nella Sala Giacomoantonio della Biblioteca Nazionale alle ore 11.00. la presentazione sarà sviluppata dalla Direttrice della Biblioteca Elvira Graziani."
La “nuova” letteratura (la letteratura del Novecento tanto per capirci) trova una sua sede di dibattito proprio nel 1898. Un dibattito contrassegnato da una forte discussione su ciò che è stato definito Verismo. Ed è, appunto, sul Verismo che si focalizzano le discussioni. Verga e Capuana operavano il quel tempo. Come pure De Roberto. I Malavoglia viene pubblicato nel 1881. Mastro – don Gesualdo in volume dopo una revisione vede la luce nel 1889. I romanzi di Capuana escono tra il 1879 e il 1907: Giacinta, Profumo, La sfinge, Il marchese di Roccaverdina, Rassegnazione. I Viceré di De Roberto nel 1894.
Ma credo che l’attenzione vada spostata proprio al 1898. Luigi Capuana (Mineo, 28 maggio 1839 – Catania, 28 novembre 1915) pubblica un libro che anche a distanza di molti decenni ha un interesse particolare sia sul piano narrativo che su quello più direttamente teorico, in termini letterari, riferiti al Verismo e quindi alla nuova letteratura. Mi riferisco a Gli “ismi” contemporanei.
Capuana aveva dato già alle stampe romanzi significativi. In quello stesso anno pubblica, tra l’altro, Nuove “paesane” e Scurpiddu. Il primo è un testo di racconti. Il secondo rientra in quel mondo fiabesco al quale Capuana ha dedicato scritti di grande rilevanza linguistica e poetica. Racconti e fiaba nello stesso anno in cui esce un testo dove si teorizza un percorso letterario.
Gli “ismi” contemporanei pongono all’attenzione dei modelli narrativi sui quali la critica continua a discutere. Capuana è uno scrittore che ha consumato tutti i generi. Lo troviamo vicino a Eola con le teorie positiviste e naturaliste. Si allontana da questo e afferma una idea dell’arte come forma. Si avvicina alla tradizione recuperando e rivalutando, dopo una pesante stroncatura, Manzoni con i suoi Promessi Sposi. Lavora assiduamente alla fiaba, la quale resterà la sua ispirazione più importante. Era convinto che soltanto attraverso le fiabe sarebbe rimasto legato il suo nome.
Ma la cosa più emblematica è una sua dichiarazione di avvicinamento al Futurismo. Prendendo le difese del romanzo di Marinetti Mafarka il Futurista nel 1910 su “Critica Nuova” fa questa affermazione: “Se era l’età mi consiglia di tenermi in disparte il ribello di una volta si compiace di stare a guardare e ad ascoltare quel che fanno e dicono i giovani”. E poi sottolinea: “Se avessi cinquant’anni di meno io mi dichiarerei futurista”. Capuana muore cinque anni dopo all’età di 76 anni.
Gli “ismi” contemporanei segue, comunque, il saggio Per l’arte apparso nel 1885 nel quale Capuana fa una sintesi della sua scrittura e del Verismo. Gli “ismi” contemporanei costituisce un testo – laboratorio che guarda e medita su ciò che è avvenuto nella letteratura ma prende lo spunto per individuare un nuovo itinerario.
Ci sono due saggi, che hanno una loro valenza di fondo sia per una discussione ideologica che creativa. I due saggi hanno questo titolo: “Idealismo e cosmopolitismo” e “La crisi del romanzo”. Capuana giunge alla conclusione che “l’opera d’arte è forma soltanto e nient’altro che forma”. C’è una convinzione che si contrappone a ciò che ha teorizzato prima il Verismo e successivamente il Realismo. Una convinzione che non è ideologica ma semplicemente letteraria. Ci dice che la letteratura è una cosa ed ha bisogno delle sue contrassegnazioni teoriche, poetiche e avventuristiche legate ai personaggi, mentre, una cosa diversa, è scrivere saggi. È molto esplicito in questo: “Tutti coloro che vogliono esprimere puramente un concetto…facciano dei trattati, delle conferenze, degli opuscoli, delle prediche magari, ma non si servano del romanzo. La forma, cioè la creatura viva, è assai più complessa del pensiero astratto”.
Pone in risalto il personaggio. Mi pare che questo sia già un elemento di rottura con quella sua prima esperienza che portava in primo piano la classificazione dell’ambiente attraverso le definizioni del Naturalismo. Il personaggio è, dunque, nel destino del romanzo e diventa il reale protagonista nel rapporto tra l’io narrante e lo scrittore stesso.
Da questo punto di vista Gli “ismi” contemporanei anticipa di decenni il dibattito sulla crisi del romanzo che Capuana aveva offerto come base sulla quale il Novecento troverà terreno fertile per una impostazione complessiva sia attraverso parametri storici che critici.
Capuana sposta l’asse di riflessione perché mette in rilievo due punti che saranno significativi nella letteratura contemporanea: la fantasia e la metafora. Ma non dovevano esserci dubbi per Capuana perché è, soprattutto, nelle fiabe che segue il percorso della immaginazione e della allusione e non solo quella teorica della lettura antropologica che all’autore stesso non riguarderà.
Indubbiamente, nella contestualità del dibattito sulla “crisi” della letteratura non si può fare a meno del testo di Capuana. Gli “ismi” contemporanei segnano e individuano un percorso. Ma è da questo testo che la critica dovrà partire per una rivisitazione sia della letteratura sia del rapporto tra ideologia e romanzo.
Allora si poneva questo interrogativo: cosa è il romanziere moderno? E oggi ci si pone davanti a questa domanda: cosa è lo scrittore?
La contemporaneità è più della modernità. Anche in letteratura. Ma da un fatto non bisogna prescindere. Lo scrittore per essere tale, per essere un inventore, un creatore e non un duplicatore, non può dimostrare di non essere un artista. Essere scrittore è essere artista. Altrimenti si imita, si rappresenta. E Capuana lo sapeva benissimo in quel testo in cui si decreta la fine di un romanzo legato ad un ideale di scrittore per il quale il documento aveva una sua logica. Gli “ismi” segnano una nuova idea di fare letteratura.