Ust Cisl, coordinamento femminile: Le Parole “macigni o valori “
"Da molto tempo si discute sul femminile di alcune professioni tradizionalmente maschili. Ma non tutte gli uomini e non tutte le donne che arrivano ai vertici amano il grammaticalmente corretto. Non è giusto che le donne che svolgono un qualsiasi ruolo, di vertice o no, non debbano avere un riconoscimento di genere, perché è il segno che vengono considerate delle eccezioni : qualcosa di passeggero, una parentesi e basta che non stravolgono la regola che invece è al maschile. Allora c’è da chiedersi se persino la grammatica italiana di norma richiede il genere grammaticale femminile per tutto ciò che ha un referente umano donna,perché i ruoli sociali politici dirigenziali e comuni non vengono declinati in modo corretto?". E' quanto scrive La Coordinatrice Donne della UST CISL di Cz Kr Vb, Rita Lorenzano.
"Non sono io a dirlo - continua la nota - ma faccio riferimento alla parola di esperti. E cioè l’Accademia della Crusca, che ha collaborato alla realizzazione della guida “Donne, grammatica e media. Suggerimenti per l’uso dell’italiano”, curata da Cecilia Robustelli, linguista dell’Università di Modena e Reggio Emilia, e voluta dall’associazione di giornaliste Gi.U.Li.A. E dire che in italiano per formare il femminile basta sostituire la desinenza, la ‘a’ al posto della ‘o’. La natura tutta culturale del problema viene a galla con la ‘o’ che continua a rimanere nell’uso comune quando si parla di professioni, incarichi e tanto più cariche di un certo livello. «Il femminile non si usa “perché è cacofonico”, qualcuno dice. Se le parole al femminile “suonano male”,come spesso si sente dire ,il problema non è della lingua ma nella cultura ,nella scarsa abitudine che abbiamo a utilizzare queste parole per nominare le donne ,quindi in fondo negli stereotipi di genere . E’ talmente radicato questo modello che spesso mi duole dirlo che le stesse donne preferiscono il maschile per evitare di sminuire, agli occhi degli altri , la propria conquista dicendo di essere anche una donna. Si può imparare e si deve imparare ad usare i femminili sia quando si parla che si quando si scrive , tutti e tutte possiamo diffonderne l’uso, io aggiungerei dobbiamo .I cambiamenti non riguardano solo la lingua ma di cultura volta al sostegno del riconoscimento delle parità nonostante le diversità. Sono pienamente d’accordo con la presidente della camera dei deputati Laura Boldrini : che è innanzi tutto una mancanza di riconoscimento e che l'uso del linguaggio "è "una scelta politica":Sono passati quasi trenta anni da quando la linguista e insegnante Alma Sabatini aveva redatto le “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, eppure siamo ancora allo sbigottimento davanti alle parole relative a professioni e cariche da declinare al femminile. Si può imparare e si deve imparare ad usare i femminili sia quando si parla che si quando si scrive perché i cambiamenti non riguardano solo la lingua ma di cultura volta al sostegno del riconoscimento delle parità nonostante le diversità . Il linguaggio ha una funzione politica. Un linguaggio che non mette in evidenza la donna, non la fa vedere, la nasconde la minimizza la ignora , la limita .Ecco dunque il senso di fare uno sforzo e porsi il problema, specie per chi si occupa di comunicazione. Il paradosso della lingua semmai è sentire dire il “ministro è incinta “ ,questo viola la regola grammaticale della concordanza di genere e che hanno un effetto di senso paradossale . il ministro fa pensare a un uomo ma incinta può essere solo una donna .Come istituzione e corpi intermedi dobbiamo essere un esempio e utilizzare la declinazione al femminile quando si rivolge la parola alle donne in tutte le loro professioni “anche se qualcuno ritiene che sia superfluo parlare di linguaggio di genere,io ritengo che non sia superfluo ma addirittura urgente e doveroso soffermarsi su questi temi perché “il linguaggio è molto importante perché è il modo in cui percepiamo la realtà,usare una parola anziché un’altra vuol dire avere una percezione diversa. il nostro obbiettivo ,tra i tanti ,come Coordinamento è quello di sensibilizzare alla cultura di genere attraverso un attenzione particolare al linguaggio ,anche attraverso le parole ,si invita e si pongono le basi per sradicare antichi stereotipi ed eredità lessicali o sintattiche provenienti da una storia culturale prettamente coniugata e declinata al maschile.Il nostro Coordinamento proprio nell’ottica di una politica di conciliazione che introduca una visione di genere in ogni contesto della vita, non abbiamo mai trascurato l’ambito della scuola, intesa non solo come istituzione, luogo educativo, ambito di relazione in cui vengono coinvolti figli, genitori e insegnanti in un percorso di crescita e scambio che li accomuna, ma come luogo fertile di confronto e di crescita culturale nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze, tra cui quelle legate al genere. Ed è nelle scuole importante proporre l’uso del femminile ai bambini e alle bambine, fin da quando imparano il genere grammaticale ,loro certamente non farebbero nessuna resistenza a declinare al femminile se solo la maestra e o il libro di testo proponessero l’immagine corrispondente ai ruoli nuovi delle donne ,oltre quelli tradizionali legati alla maternità ,alla cura ,alla cucina ,alla famiglia . Evitare di continuare a preservare gli stereotipi di genere ,che sono purtroppo il motivo scatenante dei pregiudizi e degli orientamenti devianti sessuali, delle discriminazioni delle prevaricazioni e della violenza ,ribadisco che gli stereotipi non sono innocui ,ma sono la causa dei fenomeni di bullismo sessista , e omofobico. Quindi usiamo correttamente le “Parole”.