109 arresti a Catania, il clan Laudani in affari con la ‘ndrangheta calabrese
Una maxi operazione antimafia, denominata “Vicerè”, eseguita stamani dai Carabinieri di Catania, in Sicilia, ha portato all’arresto di quasi 110 persone smantellando uno dei clan di mafia ritenuti tra i più cruenti e spietati, i Laudani, meglio conosciuti come “labbro di ficodindia”, ovvero ‘mussi ‘ri ficurinia.
I CAPI D'ACCUSA nei loro confronti vanno dall'associazione di tipo mafioso, all'estorsione, all’intestazione fittizia di beni, alla detenzione e traffico di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi, e altri reati.
Il clan, negli anni '90, era considerato il “braccio armato” dei Santapaola, rendendosi responsabile di una serie di attentati e omicidi che caratterizzarono il periodo delle stragi, in cui vennero assassinati anche i giudici Falcone e Borsellino.
Radicato nella zona pedemontana dell'Etna si è caratterizzato sempre di più per la sua autonomia criminale rivendicata anche nei confronti di Cosa nostra catanese e avrebbe avuto saldi legami con la 'ndrangheta reggina.
LE INDAGINI dei militari, poi, avrebbero accertato il ruolo centrale ricoperto da tre donne in seno all'organizzazione, che sono state arrestate. Secondo gli investigatori erano in grado di dirigere le attività criminali dei Laudani secondo le direttive che venivano impartite dai vertici e si sarebbero occupare di gestire anche la "cassa comune" e il l sostentamento economico delle famiglie degli affiliati che erano detenuti.
Il clan, dunque, avrebbe pesantemente condizionato l'economia locale eseguendo attentati ad attività produttive ed aggressioni ad imprenditori, tutti assoggettate con la paura e che non hanno in alcun modo collaborate alle indagini o addirittura hanno negato di pagare il racket.