Inchiesta Strada del Mare, truffa aggravata ai danni della Provincia: i dettagli del sequestro

Vibo Valentia Cronaca

Dalla fase progettuale a quella dell’esecuzione dei lavori, per finire con la contabilizzazione e la liquidazione degli stati di avanzamento lavori. Per gli investigatori, investono tutte le fasi della vicenda della “Strada del mare”, opera incompiuta da 30 anni, le presunte irregolarità alla base del sequestro richiesto dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia e disposto dal Gip al termine degli accertamenti che, negli ultimi anni, sono stati disposti dall’Ufficio Giudiziario sulla gestione della Provincia di Vibo.

I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria del capoluogo e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Reggio Calabria hanno eseguito i sequestri preventivi di beni, eseguendo un decreto del Gip, che ha disposto l’esecuzione della misura patrimoniale fino alla concorrenza di circa 5 milioni di euro (tra immobili, quote societarie e rapporti finanziari) nei confronti di cinque soggetti che sono indagati, in particolare due imprenditori del vibonese e tre ex funzionari dell’Amministrazione Provinciale vibonese.

Il sequestro ha riguardato 24 fabbricati di cui uno a Roma e due a Milano; 47 terreni tutti nella provincia di Vibo; quote societarie in 11 società riconducibili agli indagati; una ditta individuale; quattro autovetture e ventidue saldi attivi esistenti su Conti Correnti ed altri sui rapporti finanziari.

La vicenda della “Strada del mare”, spiegano gli stessi inquirenti, ha riguardato l’esame delle procedure di affidamento e di esecuzione dei lavori connessi all’appalto per la costruzione dell’asse viario di collegamento rapido tra le Rosarno e Pizzo.

Le indagini avrebbe consentito di accertare numerose irregolarità che partono dalla gestione della progettazione per arrivare all’approvazione, da parte della Direzione lavori e del Responsabile del Procedimento, di undici Stati di Avanzamento, che hanno permesso di pagare, a favore dell’impresa aggiudicataria, importi che i Finanzieri considerano “nettamente superiori rispetto a quelli corrispondenti al valore dei lavori effettivamente realizzati”: le somme dei singoli Sal, sempre in base alla tesi investigativa, sarebbero infatti state “gonfiate” concordando le percentuali da applicare di volta in volta e inserendo lavori non previsti nel progetto iniziale, “sul falso presupposto che fossero necessari per l’esecuzione a regola d’arte”.

Nel corso delle investigazioni, poi, sarebbero emersi casi di pagamenti effettuati dalla Provincia utilizzando risorse finanziarie destinate ad altri fini, stornando quindi dei fondi da un capitolo di bilancio all’altro.

Dunque, si ipotizza il reato di truffa aggravata ai danni di ente pubblico e falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici. Come detto, l’indagine è coordinata dalla Procura della Repubblica e rappresenta l’ultimo dei filoni investigativi avviati a seguito dell’indagine denominataOdor lucri” che, nel 2012, portò all’accertamento di un peculato di circa un milione e 300mila euro, che sarebbe stato commesso da un dipendente dell’Ente intermedio attraverso l’emissione di falsi mandati di pagamento a favore di persone compiacenti oltre che al fermo di due responsabili ed al sequestro di beni per un importo equivalente alla somma di cui si era indebitamente appropriato il dipendente provinciale.

Le prove emerse all’epoca, avevano portato gli inquirenti ad ampliare il contesto dell’attività di indagine finalizzandola alla verifica del corretto uso e destinazione delle risorse pubbliche gestite dalla Provincia, dando origine, quindi, ad un ampio contesto investigativo su molteplici aspetti gestionali.

In questo quadro, spiegano ancora i militari, si inseriscono anche altre indagini. Dapprima quella sullatangenziale est”, conclusa con la denuncia di dieci tra funzionari e dipendenti dell’Ente, imprenditori e professionisti per i reati di truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e disastro colposo, con il sequestro di un tratto di strada di oltre due chilometri e mezzo e la segnalazione alla Corte dei Conti di un’ipotesi di danno erariale per circa sette milioni e mezzo di euro.

L’altra indagine è quella denominata Bis in idem che avrebbe permesso di svelare una presunta truffa di oltre 30 milioni di euro legata alla gestione illecita di fondi destinati a sostegno delle crisi aziendali ed occupazionali che ha portato all’esecuzione di nove arresti e quattro misure interdittive a carico di imprenditori e funzionari pubblici per falso e truffa e al sequestro di beni su tutto il territorio nazionale.

La terza indagine è sull’irregolare affidamento di appalti per fornitura di servizi ad una ditta riconducibile ad un ex consigliere della Provincia di Vibo Valentia, con la denuncia per abuso di ufficio di cinque tra funzionari e dipendenti dell’Ente oltre che imprenditori.

L’ultima riguarda presunte irregolarità nell’assegnazione dei fondi a favore dei Gruppi consiliari della Provincia e che ha condotto alla denuncia di 37 soggetti tra rappresentanti dell’Ente, Dirigenti di settore e revisori dei conti per ipotesi di reato che vanno dal peculato all’abuso d’ufficio e al falso ideologico in atto pubblico.