Prostitute e casa d’appuntamento pubblicizzati anche sul web, 12 indagati
12 persone indagate poiché ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere “finalizzata alla sfruttamento della prostituzione, all’esercizio di una casa d’appuntamenti e di altri reati puniti dalla legge “Merlin”. I fatti contestati sarebbero stati commessi ininterrottamente, nel capoluogo reggino, dal settembre del 2014.
All’alba di oggi è così scattato il blitz dei carabinieri in località reggio campi dove è stata anche sequestrata l’abitazione dove veniva esercitata principalmente l’attività di meretricio
L’indagine è partita da un’ispezione effettuata dai militari Cannavò in un circolo privato poi chiuso dal comune. In partica si sarebbe scoperto che l’associazione per delinquere reclutava giovani donne da avviare, appunto, alla prostituzione, gestendo anche una casa di tolleranza nei locali del circolo stesso. Inoltre si sarebbero organizzate feste ed addii al celibato durante i quali far prostituire le donne sia all’interno della casa che in locali pubblici o abitazioni private.
Così cinque persone sono finite ai domiciliari e altre cinque sono state sottoposte all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. Gli arresti hanno dunque riguardato un 55enne, Francesco Alati e la moglie Gregoria Liberata Logoteta (51), entrambe destinatari di un ordine custodia cautelare in carcere. Ai domiciliari invece sono stati posti tre uomini e due donne, rispettivamente F.A. (55); M.T. (23); P.L. (62); P.B. (55) e S.P. (39).
Secondo gli investigatori il ruolo principale nell’associazione era ricoperto dal 55enne, che “in qualità di fondatore, promotore ed organizzatore” sostengono i militari, si sarebbe occupato di organizzare e dirigere la casa di tolleranza, prendere i contatti con i clienti per le serate “a domicilio”, reclutare prostitute, organizzarne il lavoro ed accertarsi che le stesse non avessero rapporti “affettivi” con i clienti.
“Con la sua onnipresenza” - è la tesi degli inquirenti - avrebbe così tutelato le donne che si prostituivano, evitando problemi o rischi per la loro sicurezza personale. Infine, avrebbe incassato i guadagni, retribuendo il lavoro delle donne e dividendo gli utili.
Alati sarebbe stato assistito dalla moglie: per i militari a lei sarebbe spettato il compito di tenere i contatti con le prostitute, reclutandole ed organizzando le serate, nonché sovraintendendo al buon andamento della casa ed accompagnando le ragazze alle serate esterne.
Un dipendente “a tempo pieno” dell’associazione sarebbe invece il più giovane, il 23enne, stato incaricato di andare a prendere al porto di Villa San Giovanni le prostitute che arrivavano dalla Sicilia, oltre che di “recuperare” i clienti che non riuscivano a trovare la strada, sostituendo all’occorrenza Alati alla reception e scortando le ragazze nei servizi “a domicilio”.
Gli altri due uomini, sempre secondo la tesi accusatoria, coadiuvavano genericamente il “capo” nella gestione della casa, anche sostituendolo in caso di assenza, in pratica, sostengono i carabinieri, “distinguendosi come uomini di fiducia”.
Tutta l’attività del gruppo, dunque, si sarebbe basata principalmente sull’esercizio della casa di prostituzione, il cui punto di forza, spiegano gli investigatori, “era rappresentato dalla vasta gamma di offerte sia in termini di tipologia di prestazioni che di ragazze”. In linea di massima, le serate organizzate e pubblicizzate alla clientela anche con un sms, si svolgevano due volte a settimana, dalle 22 in poi. Inoltre, era possibile “prenotare” delle prestazioni sessuali a pagamento su appuntamento anche in orario diurno, durante l’arco settimanale. Nel corso dell’indagine è stato possibile appurare che nella casa esercitavano il meretricio 11 donne dell’età compresa tra i 20 e i 50 anni.