“Santa Tecla”: Sigilli a beni per 8 milioni, scatta la confisca per eredi dell’indagato
Supera gli otto milioni di euro il valore dei beni che il Gico di Catanzaro ha confiscato eseguendo un provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Cosenza, su richiesta della procura distrettuale del capoluogo di regione.
L’attività rappresenta il completamento della vasta operazione “Santa Tecla”, condotta nel 2010 dalla Guardia di Finanza e che portò alla contestazione, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, usura, estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti a diversi soggetti residenti in varie regioni d’Italia ma tutti ritenuti facenti parte della ‘ndrangheta coriglianese.
Le indagini, secondo gli inquirenti, avrebbero anche permesso di dimostrare come le imprese riconducibili a due imprenditori, avvalendosi della forza intimidatrice della cosca, potessero essere proposte come “partner obbligati” nell’esecuzione di vari lavori (edili, di movimento da terra, pitturazione, cartongesso e distribuzione di prodotti di cartoplastica), instaurando, di fatto, un particolare e fraudolento regime di “monopolio” e diventando, allo stesso tempo, un’importante fonte di guadagno per la cosca a cui poi sarebbe stata destinata una consistente parte dei proventi ottenuti.
Destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali sono due imprenditori di Corigliano Calabro che secondo gli investigatori avrebbero “legami” con la “locale di Corigliano”, e che avevano ottenuto numerosi ed importanti appalti pubblici e privati.
Una caratteristica della confisca di oggi, spiegano i militari, è stata la possibilità di eseguire il provvedimento nei confronti degli eredi di uno dei due imprenditori che è deceduto nel corso delle indagini. I beni riconducibili a quest’ultimo, già sequestrati nel corso dell’operazione “Santa Tecla”, furono dissequestrati per estinzione del reato a seguito proprio della morte dell’indagato ma, grazie alla normativa di prevenzione, è stato possibile procedere al sequestro preventivo ed alla successiva confisca nei confronti degli eredi.
In base a questa normativa, i finanzieri ritengono di aver dimostrato la “pericolosità sociale” dei soggetti e, così, di aver aggredito i loro patrimoni. Le indagini patrimoniali ricostruiscono un complesso patrimoniale, costituito da beni il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità economico-reddituale ufficiale dichiarata dai destinatari del provvedimento e dai loro nuclei familiari.
La confisca ha riguardato fabbricati, tra cui appartamenti e villette di pregio, terreni, il tutto tra Corigliano Calabro, Cassano allo Ionio e Spezzano albanese oltre che attività commerciali, diverse quote societarie, automezzi, una polizza assicurativa e conti correnti bancari e postali per un valore di circa 8,2 milioni di euro.