Si accendono le luci sulla decima edizione del Premio Tropea
La decima edizione del Premio Tropea si apre con l’ingresso sul palco del presidente dell’Accademia degli Affaticati Michele Accorinti, accolto dai giornalisti Michele Cucuzza e Livia Blasi, in un’atmosfera che solo il centro storico di Tropea sa regalare.
“Un traguardo molto importante – ha esordito Accorinti alla nutrita platea -, quello dei dieci anni, grazie anche ai nostri partner. Un ringraziamento particolare a Nicola Gratteri, che ci onora della sua presenza”.
Dopo aver presentato i libri in concorso, Accorinti ha annunciato però l’assenza di Cristina Comencini, una dei tre autori in lizza per il Tropea, della quale il presidente degli Affaticati ha letto un messaggio con il quale l’autrice, a causa di problemi familiari, ha dovuto annullare tutti i suoi impegni per questo periodo. Accorinti, infine, ha spiegato che durante queste prime dieci edizioni del Premio, l’Accademia ha distribuito oltre 12mila ebook e libri a oltre 4mila tra giurati e sindaci della Calabria. Una parentesi molto importante per gli “Accademici” è stata poi dedicata ai due soci Lino Daniele e Pasquale D’Agostino. Ai due soci scomparsi è stato tributato un lungo applauso da parte del pubblico.
Subito dopo una parentesi musicale del pianista Dario La Torre, il palco, la cui coreografia è stata curata da una nota azienda di Arredamenti di San Calogero di Vibo Valentia, ha ospitato il procuratore Nicola Gratteri.
Immancabile la domanda sullo scioglimento del Comune di Tropea per infiltrazioni mafiose. “Di solito un magistrato non commenta mai – ha esordito Gratteri – il lavoro di un collega, ma è ovvio che quando si preparano le liste nei paesi piccoli, chi le compone sa chi sceglie. Le liste vengono fatte in base al numero delle parentele. Non voglio riferirmi allo scioglimento del Comune di Tropea, ma è questo quello che accade in genere. I patti col diavolo, i politici, i candidati, sia ai Comuni, sia alle Regionali e alle Politiche, si fanno nelle ultime 48 ore, quando al candidato viene l’ansia di non essere votato. E i patti col diavolo non si sciolgono mai, quindi bisogna non farsi prender l’ansia di non essere eletti, ma la volta successiva bisogna farsi trovare preparati”.
“Sapete perché non cambia nulla? – ha proseguito Gratteri - Perché con lo scioglimento si mandano a casa gli amministratori, ma non i quadri, spesso risultato di quella maggioranza politica. Spesso il responsabile di un settore, che è la cinghia di trasmissione, il collettore tra lo ‘ndranghetista e l’amministrazione. Non penso a Tropea, ma faccio un discorso che ho sempre fatto: non cambia nulla perché all’interno del Comune il cavallo di Troia resta sempre. Andrebbe rivista la norma in modo che possano essere rimossi anche i funzionari comunali. C’è chi vorrebbe cacciare solo il candidato che ha avuto rapporti con la ‘ndrangheta. Ma è troppo facile, perché senza i suoi voti non ci sarebbe stato il sindaco. Io proporrei di eliminare tutti i soggetti border line”.
“Molte volte si rischia di morire per due motivi: o perché uno gioca con due mazzi di carte, e avviene spesso, o sostanzialmente perché uno è un integralista che attacca intere organizzazioni, un soggetto che contrasta le mafie ad ogni livello senza ‘se’ e senza ‘ma’. Tutti gli attentati fatti non sono attentati fatti a soggetti che sono contro la mafia”.
A che punto siamo? Ha chiesto Michele Cucuzza.
“Io dico – ha risposto Gratteri -, dal mio punto di vista, che stiamo pareggiando la partita, non stiamo vincendo. Noi non dobbiamo misurare i successi dello Stato dal numero degli arrestati. Spesso indagini mediocri vengono veicolate come grandi risultati e spesso i giornalisti non hanno il tempo di fare inchiesta, di fare le loro indagini e questo avviene perché non ci sono soldi, ci sono giornalisti che scrivono gratis o ricevono 10 o 20 euro per un articolo e questo si chiama schiavismo, ma l’amore dei ragazzi per il giornalismo li porta a subire queste vessazioni. Quindi, spesso, non c’è una corretta informazione e si diventa megafoni del giudice Gratteri o di quella forza dell’ordine, spesso si fanno le squadre, con chi sta da un lato e chi sta dall’altro”.
Un altro motivo per cui la stampa non riesce a fare il suo lavoro, per Gratteri, è dovuto al fatto che spesso la gente non legge e quindi non si rende conto di ciò che viene veicolato. Come venirne fuori?
Per Gratteri serve una ricetta di breve periodo, i cui risultati non vedremo prima di 4 o 5 anni, con tante modifiche ai codici affinché si crei un sistema tale che non diventi conveniente delinquere. Gratteri ha ricordato le sue nomine, prima con Letta per uno studio sulle mafie e poi con Renzi, al quale ha chiesto di avere carta bianca sulla scelta dei componenti della Commissione.
“Ho scelto gente libera, fuori da centri di potere - ha spiegato -. In questa Commissione ho detto che noi dobbiamo applicare l’informatica, per abbattere una serie di problematiche, e poi ho detto che dobbiamo pensare a un diverso sistema carcerario: non più inutili contenitori, ma qualcosa come i centri per i tossicodipendenti, dove si lavora fisicamente per una serie di ore e poi si fa psicoterapia. Il detenuto dovrebbe avere lo stesso percorso, duro e che dura quattro o cinque anni”.
Di tutto il lavoro che la Commissione sta portando avanti, tuttavia, Gratteri ha spiegato che forse passerà solo il lavoro sul processo a distanza.
“Se noi diciamo che tutto è ‘ndrangheta – ha proseguito - la definiamo come onnipotente. Le mafie esistono perché noi le diamo consenso. La ‘ndrangheta non muore perché si nutre del nostro consenso e cammina e avanza con la società. Il vero ‘ndranghetista non è quello che spaccia cocaina, ma è quello che amministra, che fa le scelte per voi. Qualcuno mi chiede se si può fare qualcosa, e io dico: al bar fate finta che non esistano, oppure prendete il caffè con vostra moglie, che di sicuro lo fa più buono!”.
Sulla legalizzazione delle droghe leggere, Gratteri ha detto di non voler fare invasione di campo, ma ha anche riconosciuto di aver sequestrato tantissime tonnellate di cocaina, girando tutti i paesi del mondo in cui c’entra la ‘ndrangheta. “C’è gente che parla senza aver mai fatto un’indagine di droga. Se parliamo dal punto di vista medico, dobbiamo dire che con la marjuana, la corteccia celebrale da 6 millimetri passa a 2, con l’effetto della perdita della memoria. L’uso sistematico di droghe leggere incide sulla crescita del cervello. Ho sentito dire in questi giorni che bisogna legalizzare le droghe leggere per impoverire le mafie: è una sciocchezza, perché su 100 tossicodipendenti solo il 5% usa droghe leggere e di questo solo il 25% è maggiorenne”.
Gratteri ha poi fatto una serie di calcoli, dimostrando che per via del divario di costo tra droghe leggere e droghe come la cocaina, la legalizzazione delle prime non rappresenterebbe un danno per le mafie.
“Legalizziamo piuttosto la cocaina – ha detto provocatoriamente -, se noi vogliamo provocare un mancato guadagno alle mafie!”.
Gratteri ha poi presentato vari esempi pratici, ampliando la sua analisi a livello internazionale e alle varie tipologie di droghe, raccogliendo una serie infinita di applausi dal pubblico del Tropea, per poi concludere dicendo: “Dateci gli strumenti, la ricetta c’è”. Gratteri è infine uscito tra gli applausi del pubblico, sulle note di violino del virtuoso Antonio Pontoriero.
Dopo il seguitissimo intervento di Gratteri, è stata la volta degli autori dei libri in lizza del Premio Tropea. L’assenza della Comencini è stata in parte colmata dalla competenza della dirigente scolastica Bice Lento, accademica affaticata, che ha presentato Essere vivi al pubblico. La Lento, del resto, è stata la promotrice del libro di fronte alla giuria tecnica durante le selezioni della scorsa primavera. L’attrice Noemi Di Costa ha letto alcune pagine del libro della Comencini, mentre Bice Lento ha sottolineato l’importanza del tema dell’adozione e dell’armonia che si deve creare affinché ciò possa avvenire nel miglior modo possibile.
È poi stata la volta di Nicola Fiorita, Maura Ranieri e Valerio De Nardo, del collettivo Lou Palanca, autori del libro Ti ho vista che ridevi. Rispondendo a Cucuzza, curioso per la novità del collettivo, gli autori hanno spiegato come scrivere assieme sia più semplice, per via delle varie revisioni e della possibilità di confrontarsi. A leggere alcune pagine del libro è stato ancora l’attrice Noemi Di Costa, mentre gli autori hanno spiegato il parallelismo tra le vicende delle donne protagoniste del libro e quelle di tante donne che ancor oggi, in vari paesi del mondo, vivono le stesse problematiche.
A chiudere la seconda parte della serata, quella dedicata agli autori finalisti, è stato l’autore Demetrio Paolin, autore di Conforme alla gloria. A Paolin è stato chiesto di soffermarsi sull’ elemento che domina la trama: la deportazione. L’autore piemontese si è dunque soffermato su alcuni dettagli del romanzo e sulla sua volontà di raccontare “il male di sopravvivere”, cioè l’esperienza di disagio vissuta dai deportati al loro ritorno a casa. Anche le pagine del libro di Paolin sono state lette al pubblico dall’attore Francesco Saverio Rombolà, dopo una profonda riflessione sulla disumanizzazione dei deportati fatta dall’autore.
Dopo lo stacco musicale del violino di Antonio Pontoriero, sono saliti sul palco del Tropea Carlo Minervini (ComeTe, Falco Editore), Antonio Pugliese (La civiltà contadina in Calabria, Calabria Letteraria Editrice), Ruggero Grio (La mia sfida, Laruffa), Pasquale De Luca (I figli di Filomena, Meligrana), Pino Vita (La treccia rossa. Storia della cipolla di Tropea, Pellegrini), Antonio Il Grande (Nella terra dei sogni proibiti, Meligrana).