Omicidio Cricrì: per la difesa le accuse non reggono e chiede la scarcerazione
Per i legali di Liberata Gallace (51 anni), Fiore D’Elia (63) e Alfonsino Ciancio (28), l’impianto accusatorio ricostruito dagli investigatori non reggerebbe, e per questo hanno depositato un ricorso al Tribunale del Riesame.
I tre erano stati arrestati a fine novembre con l’accusa di essere gli assassini di Giuseppe Cricrì, allora 48enne operaio di Melicuccà di Dinami, il cui corpo carbonizzato venne ritrovato all’interno della sua auto, data alle fiamme, nelle campagne di Acquaro (il 22 ottobre del 2013).
I loro avvocati, Rosario Lopreaito e Giovanna Fronte, nell’atto presentato al Tdr chiedono l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare e, quindi, la scarcerazione di Gallace, D’Elia e Ciancio.
Gli inquirenti erano giunti al loro all’arresto dopo aver eseguito delle intercettazioni telefoniche e ambientali e dei pedinamenti. Stando alla tesi investigativa, la vittima sarebbe stata assassinata, utilizzando un corpo contundente, dalla Gallace che, sempre secondo gli inquirenti, pare non avesse accettato la fine della loro relazione.
Dopo aver riscontrato le celle dei ripetitori telefonici, i carabinieri di Serra San Bruno, che hanno effettuato le indagini con il coordinamento del sostituto Barbara Buonanno, si dicono certi che la notte in cui Cricrì fu uccio, sul luogo del delitto sarebbero stati presenti anche il figlio della donna, Alfonsino Ciancio e D’Elia. I militari sostengono che siano stati loro ad aiutare la presunta assassina a trasferire la vittima, che era già morta, nelle campagne di Acquaro dove poi fu ritrovata la sua Fiat Panda bruciata con dentro il cadavere del 48enne.