Violenza sessuale. Prete condannato per falsa testimonianza, legali: ricorreremo alla Corte Europea
Nonostante la VI sezione della Corte di Cassazione abbia confermato la condanna ad un anno, con pena sospesa e non menzione, nei confronti di don Antonio Scordo, il sacerdote accusato di falsa testimonianza nel processo di violenza sessuale di gruppo contro una ragazza di Amato di Taurianova, per la sua difesa la vicenda giudiziaria non può ritenersi completamente conclusa.
L’avvocato Antonino Napoli, che insieme al collega Guido Contestabile difende il sacerdote, ha reso noto che nonostante occorra attendere le motivazioni della sentenza della Suprema Corte, ricorrerà certamente alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo avverso alla pronuncia della Cassazione poiché, sostiene il legale, “riteniamo che nel processo contro don Antonio siano stati violati i diritti stabiliti dalla Convenzione”.
Napoli si dice fermamente convinto dell’innocenza del sacerdote perché, spiega, “vi è una chiara omissione da parte dei giudici nella valutazione della scansione cronologica degli eventi: don Antonio – prosegue la difesa - è stato chiamato a deporre in un processo che ha visto imputati alcuni giovani per violenze sessuali di gruppo che sarebbero state commesse negli anni 2001 e 2002 mentre la confidenza che il prete avrebbe ricevuto da parte della ragazza abusata e per la quale ha subito il processo, sarebbe avvenuta nel periodo di Pasqua del 1999”.
Per l’avvocato, dunque, sarebbe evidente che “nel 1999 la giovane vittima non avrebbe potuto conosce né riferire a don Antonio i nomi delle persone che l’avrebbero poi violentata nel 2001-2002”.
Nel giudizio della Suprema Corte, poi, Napoli ritiene che siano state violate le norme che regolano i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica “in quanto il segreto ministeriale, previsto dall’art. 4, n. 4, dell’accordo di Palazzo Madama del 1984 - ribadisce - è posto a tutela, non solo del diritto alla riservatezza del confidente di cui si percepisce il segreto, ma anche - e soprattutto – della dignità del ministero sacerdotale e dell’indipendenza della Chiesa Cattolica quale ordinamento distinto e autonomo rispetto a quello dello Stato”.
“L’incapacità della Corte di Cassazione di cogliere il senso e la portata della disposizione pattizia – conclude Napoli - è stata causa di un’erronea applicazione della normativa sul segreto ministeriale a cui, speriamo, la Corte EDU saprà fornire una definitiva interpretazione sovranazionale vincolante per la magistratura italiana.”