Referendum sul Jab act, Confail critica la decisione della Consulta
La dichiarazione di inammissibilità del referendum sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori da parte della Corte costituzionale, ha suscitato una dura presa di posizione da parte di Benedetto Di Iacovo, coordinatore nazionale della CONF.I.A.L., la Confederazione Italiana Autonoma Lavoratori.
Secondo il leader del sindacato, ormai già tra quelli più rappresentativi in campo nazionale, “la decisione della Consulta è squisitamente politica, finalizzata ad impedire sbandate al nuovo governo e alla sua maggioranza”. Per Di Iacovo “si è inibito l’esercizio della sovranità popolare tramite referendum, su di una materia, la tutela dell’occupazione, garantita proprio dalla Costituzione con l’art. 4, e negata invece dalla Consulta”.
Il coordinatore, apprezzando lo spirito e riconoscendo il valore elevato dei giuristi di cui si avvale la CGIL, ha espresso però perplessità proprio sulla formulazione del quesito referendario da parte di quella organizzazione, “non si comprende – ha detto - come l’importante sindacato di Corso Italia non abbia compreso i rischi di un referendum manipolativo, il cui esito positivo avrebbe modificato l’art. 18 dello Statuto, abbassandone la soglia di utilizzazione” e sulla ipotesi che “la contrattazione collettiva possa disapplicare in forma generalizzata il contratto a tutele crescenti, reintroducendo l’art. 18 anche per gli assunti dopo il 7 marzo 2015 a seguito del Job Act”.
Tutto questo - evidenzia Di Iacovo - “poiché i contratti di lavoro nel nostro Paese, a causa della mancata attuazione dell’art. 39, valgono solo per le imprese e i lavoratori iscritti alle organizzazioni contraenti. Allo stato attuale, in Italia, aggiunge, vigono (in via transitoria) due diverse tipologie di contratto di lavoro a tempo indeterminato: quello a tutele crescenti per i neoassunti (Jobs Act) e quello a tutela piena, che continuerà a trovare applicazione per tutti i rapporti di lavoro preesistenti, quindi salvaguardando il giusto diritto alla reintegra nel posto di lavoro”.
Il leader sindacale conclude, auspicando “una generale riformulazione del Job Act, non con atti d’imperio del governo e della maggioranza che lo sostiene, ma con una legge contrattata con le forze sociali, tutte quelle rappresentative, sia datoriali che sindacali, e non solo Cgil-Cisl-Uil, anche per evitare che ciò si configuri come una sorta di blocco difensivo con reminiscenze corporativistiche”.