La Calabria sui media nazionali è “La zattera della Medusa”
La Calabria sui media nazionali è "La zattera della Medusa" di Théodore Géricault
La Calabria chiama tutti gli italiani
di Lello Naso
Da un paio di giorni vengono diffuse dalle televisioni in tutto il mondo immagini da guerriglia negli slum di Soweto: teatro è invece Rosarno, Piana di Gioia Tauro, provincia di Reggio Calabria. Gruppi di immigrati africani armati di bastoni e spranghe che invadono il centro, distruggono automobili e vetrine di negozi, si scontrano con la polizia. I cittadini reagiscono, qualche gruppo fa scattare la caccia all'immigrato, teppisti malavitosi gambizzano due ragazzi extracomunitari e ne riducono un altro paio in gravi condizioni a colpi di spranga.
Che cosa sta - davvero - succedendo? Prima di tutto il luogo: la Piana di Gioia Tauro, 33 comuni, sotto scacco della criminalità organizzata. I principali centri - Gioia Tauro, Rizziconi, Rosarno, San Ferdinando, Taurianova - sono commissariati per infiltrazioni mafiose nei consigli comunali.
Negli ultimi anni le cosche della zona - Piromalli, Molè, Bellocco, Pesce, Crea, Alvaro, Mammoliti - si sono dilaniate in guerre per il controllo del territorio, insanguinate da una lunga scia di morte. Solo nel 2009 sono stati uccisi una mezza dozzina di ragazzi, qualcuno perfino minorenne. È la nuova 'ndrangheta: più spietata di quella che ha dominato gli anni Ottanta, insinuata nei grandi appalti pubblici e dedita al traffico di armi e droga.
Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio, a Reggio Calabria, una bomba è stata fatta esplodere davanti alla Procura generale. Due giorni dopo, un petardo è stato trovato nell'aula bunker dello stesso tribunale. Un caso? Una burla? Una minaccia?
Gli indicatori dell'economia sono micidiali: una delle percentuali più alte di disoccupazione del paese, l'area del porto priva di insediamenti industriali. Una fuga di cervelli senza sosta verso le università del Nord e sempre senza ritorno in una terra avvertita anche dai calabresi come ostile, nemica. Un'agricoltura arretrata, colpita dal crollo dei prezzi. Agrumi e olive lasciati a marcire sugli alberi o raccolti da extracomunitari accampati nella bidonville da Terzo Mondo alla periferia di Rosarno, senza acqua o corrente elettrica. Ricattati e sfruttati dalla 'ndrangheta, trenta euro al giorno di cui dieci trattenuti dal "caporale ", un ex emigrante al soldo delle cosche.
Alla bidonville numerosi i raid dei bulli di Rosarno e di giovani affiliati alla 'ndrangheta e sono sassaiole quando va bene altrimenti colpi di arma da fuoco, agguati, pestaggi. Tutto dunque perduto, la Piana di Gioia Tauro come una zattera della Medusa disperata e alla deriva? Qualche segnale di speranza c'è, spesso trascurato dai media. Molti dei boss sono stati condannati in primo grado a pene pesanti e sono in attesa dei processi d'appello. Il nuovo procuratore della repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e il procuratore generale Salvatore Di Landro sono decisi a ripristinare la legalità e spaventano i boss. La società civile prova a sostenerli organizzando manifestazioni e fiaccolate contro la 'ndrangheta, in testa don Pino De Masi, sacerdote di Polistena, vicino a Libera e don Ciotti. Confindustria Calabria con Umberto De Rose, nello scorso novembre, ha lanciato la campagna «Io il pizzo non lo pago», dopo i successi dei colleghi siciliani Lo Bello e Montante.
Per qualche boss la misura è colma, la 'ndrangheta reagisce: omicidi, la bomba di Reggio Calabria, ora i raid di Rosarno, espressione quindi non di disagio sociale e neppure di razzismo, ma segnale di malessere criminale chiaro. La reazione deve essere ferma, e i magistrati, gli intellettuali, i giovani e gli impreditori devono sentire di non essere soli. Reggio Calabria e Rosarno, come ha scritto lo studioso Miguel Gotor sul Sole, sono Italia, i loro nemici minacciano tutti. La 'ndrangheta è potente come la mafia, ma finora ha prosperato in una zona d'ombra tra disinformazione e indifferenza.
Il presidente della Repubblica Napolitano invita a fermare senza indugio ogni violenza. Il governo, l'opposizione, la giunta regionale della Calabria dimentichino le divisioni e lavorino insieme con il solo obiettivo di stringere in un angolo la 'ndrangheta mai potente come adesso ma che soffre i primi colpi. Ci sarà così un retroterra ben più solido per drenare l'acqua dallo stagno delle cosche. Tanti cittadini stanno a guardare: se vedranno repressione e prevenzione operare insieme contro la 'ndrangheta ricorderanno a se stessi, presto, che si deve solo stare dalla parte della legge.
Il Sole 24ore