Truffa e frode a Comune e Provincia: un patto “scellerato” tra ‘ndrangheta e professionisti
Un connubio che gli inquirenti hanno definito “scellarato”. Un giro di corruzione messo in atto grazie alla collusione tra soggetti appartenenti a varie Amministrazioni pubbliche, in particolare il Comune di Locri e la Provincia di Reggio Calabria, e altri vicini agli ambienti della ‘ndrangheta locrese.
Sono 15 le persone indagate, per lo più incensurati e liberi professionisti, caduti nelle rete degli investigatori ed accusati, in concorso, di truffa aggravata e continuata; abuso d’ufficio e frode nelle pubbliche forniture, reati aggravati dalla circostanza di agevolare la cosca Cordì, attiva nell’alta provincia jonica-reggina.
Uno è finito in carcere, quattro ai domiciliari e i rimanenti dieci sono stati colpiti dall’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria.
Stamani il blitz è scattato sia Locri che a Roma: i carabinieri, nel corso una vasta operazione, denominata “€uro-Scuola”, hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare a loro carico - emessa dal Gip del Tribunale di Reggio, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia - e importanti sequestri, finalizzati alla confisca per equivalente, di beni per un volare che supera i dodici milioni di euro.
SCUOLE TOTALMENTE ABUSIVE, SEQUESTRATE
I provvedimenti di oggi sono il frutto di una intensa ed articolata indagine condotta dai militari del Nucleo Operativo tra il 2015 ed il 2017. Nel corso del blitz sono state eseguite numerose perquisizioni personali e domiciliari anche nei confronti degli stessi indagati.
In particolare, gli investigatori avrebbero scoperto che gli immobili che ospitano, a Locri, l’Istituto Statale d’Arte “Panetta” e il Professionale Statale per l’Industria e l’Agricoltura (Ipsia), sarebbero totalmente abusivi. Le due scuole sono state così sottoposte a sequestro preventivo
L’indagine è stata chiamata “€uro-Scuola” proprio perché ha visto concentrare l’impegno investigativo sugli appalti - di svariati milioni di euro - per la costruzione di un immobile che sarebbe totalmente abusivo (di circa 5mila mq) in contrada Gnuramomma di Locri, dove ha sede l’Istituto Statale d’Arte “Panetta”, nonché l’individuazione di un immobile da acquisire in affitto e da destinare a sede dell’Ipsia, in Via Marconi a Locri.
L’operazione può considerarsi la prosecuzione delle investigazioni dopo la cosiddetta pax mafiosa tra le cosche “Cordì” e “Cataldo”, che si sono dapprima scontrate in una faida ultratrentennale (tra gli anni 1969 e 2005) per la supremazia nel territorio e scandita da innumerevoli fatti di sangue; poi fu raggiunta la riappacificazione, tra il 2008 ed il 2010, nell’accordo per la spartizione del territorio così da insinuarsi nell’appetibile tessuto economico che lo contraddistingueva ed infiltrarsi nei meandri della Pubblica Amministrazione.
LA GUERRA DI MAFIA PER IL BUSINESS DELL’EDILIZIA SCOLASTICA
In particolare, sarebbe emerso come proprio i contrasti generati dai forti interessi delle due consorterie nell’ “affare” dell’edilizia scolastica avessero rappresentato, tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, una delle scintille che aveva fatto riaccendere, già dal febbraio del 2005, la guerra di mafia a Locri, con l’uccisione di Giuseppe Cataldo (cl. 69).
Nell’ordinanza di custodia cautelare sono richiamate numerose captazioni anche tra presenti, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, riscontri di polizia giudiziaria, ordinanze di custodia cautelare, sentenze di primo e secondo grado, molte delle quali già passate in giudicato, ed il cui fine evidente è stato quello di dimostrare la capacità delle cosche Cataldo e Cordì di insinuarsi e di controllare l’imprenditoria del territorio anche nel caso di appalti e lavori banditi dalla Pubblica Amministrazione.
Anche le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Domenico Oppedisano e Domenico Novella, evidenzierebbero l’interessamento delle ‘ndrine locresi riguardo lo svolgimento di lavori pubblici, tra cui quelli dell’operazione di oggi.
COLLAUDO IRREGOLARE, EDIFICI A RISCHIO?
L’indagine, poi, si è svolta con attività anche di intercettazione, ascoltando vari testimoni: valutando le relazioni di un consulente nominato ad hoc, si sarebbe accertata la disponibilità da parte di una serie di imprese, tra i cui soci figurano gli indagati di oggi, che sarebbero riconducibili ad ambienti contigui ai Cordì, di immobili destinati, appunto, alle scuole che non potevano essere utilizzati per uso scolastico per vari motivi.
Ad esempio perché avrebbero violato le indicazioni del piano regolatore e le norme tecniche di attuazione del Comune di Locri: gli immobili del “Panetta” e dell’Ipsia, non sarebbero cioè conformi perché la particella dove ricadono i fabbricati sono nella zona “B1” di completamento, in cui non è consentita la realizzazione di immobili ad uso di scuola0
Sarebbero state poi eseguite opere abusive prima dell’emanazione di qualsiasi titolo concessorio, cosa che avrebbe dovuto essere sanata e che così non è stato.
Ed altro ancora: la difformità delle opere rispetto ai progetti consentiti; l’irregolarità del Certificato di “Collaudo delle strutture”, tra cui le scale; l’illegittimità del Certificato di Agibilità rilasciato nonostante il richiedente non abbia prodotto la Dichiarazione di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato; altre gravi difformità tra le “parti strutturali” depositate a progetto e i relativi elaborati del progetto architettonico; così come irregolarità vi sarebbero tra i Calcoli Statici e i Certificati delle prove sui materiali di calcestruzzo.
LA LOCAZIONE E COMPRAVENDITA DEGLI IMMOBILI
Gli inquirenti fanno poi riferimento ad un presunto accordo con cui il responsabile dell’Area Urbanistica del Comune di Locri, violando la legge, avrebbe commesso un abuso di ufficio rilasciando illegittimamente un Permesso di Costruire (nel marzo del 2012) favorendo così la vendita, da parte della società proprietaria, dell’immobile dell’Ipsia alla Provincia di Reggio Calabria.
Tutto ciò avrebbe consentito, a soggetti vicini alla cosca Cordì, di percepire un canone d’affitto degli immobili, da parte della Provincia, ritenuto “assolutamente incongruo” perché calcolato in difformità alle previsioni sul calcolo delle superfici.
Un’altra condotto fraudolenta sarebbe poi quella relativa ai contratti di locazione e compravendita dell’immobile della Scuola d’Arte, stipulato con la Provincia con “l’aggravante – scrivono gli inquirenti - di aver commesso il fatto con modalità mafiose – in relazione alle indebite pressioni esercitate con modalità mafiose sull’Architetto … già Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Locri in vista della concessione dei permessi e delle certificazioni necessari alla costruzione dell’immobile”.
LA “REGIA” DELL’AVVOCATO
“I fatti delittuosi oggetto di indagine – proseguono gli invetigatori - sono risultati contraddistinti da un medesimo modus operandi, e dal protagonismo del nucleo familiare dei Circosta e, in particolare dalla “regia” di Pietro Circosta e dell’Avvocato Luca Maio, quest’ultimo già nella sua qualità di Consigliere della Provincia di Reggio Calabria”.
Gli inquirenti sostengono che Maia si sarebbe difatti interessato ad entrambi gli iter amministrativi relativi ai due immobili e comunque quale “…socio di fatto, cointeressato, beneficiario delle vicende delle società dei Circosta sin dalla loro costituzione”.
Invero, “del tutto preoccupante è la messa a disposizione da parte dell’Avv. Luca Maio della sua professionalità, anche nella intrapresa carriera politica, per perseguire senza pudore alcuno, interessi illeciti in danno della cosa pubblica ed a vantaggio di una cosca di ‘ndrangheta”.
LE PRESUNTE COLLUSIONI E LA SICUREZZA DEGLI STUDENTI
Le condotte illecite contestate dal Gip reggino sarebbero state perpetrate grazie anche alla collusione di soggetti appartenenti a varie amministrazioni pubbliche che, proseguono gli inquirenti “…non hanno avuto alcuna remora a realizzare tali condotte senza neanche curarsi dei conseguenti potenziali rischi per la sicurezza e l’incolumità degli studenti…”, con persone che si ritiene avrebbero rappresentato gli interessi della criminalità organizzata locrese (la cosca Cordì), come i fratelli Antonio e Rocco Maioran, due nomi già emersi nell’ambito dell’operazione “Primavera” (eseguita sempre dai Carabinieri di Locri alla fine degli anni ‘90). Entrambi sono considerati vicini al defunto Cosimo Cordì e con frequentazioni con appartenenti alla ‘ndrina. Sono poi i fratelli di Franco, che è stato condannato nell’ambito dell’operazione “Sharks” (eseguita nel 2009) che ha colpito il clan per presunto un giro di usura nella locride.
GLI IMPRENDITORI “AMBIGUI”
Dallo spaccato che emergerebbe dalla copiosa ordinanza si denota, purtroppo, ancora una volta, una posizione per lo meno da definire “ambigua” ricoperta da molti imprenditori della locride: pare che gli stessi, in tal senso, abbiano concretamente contribuito – pur senza farne formalmente parte – “… al rafforzamento, alla conservazione e alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, sul territorio nazionale e all’estero, costituita da molte decine di locali, articolate in tre mandamenti e con organo di vertice denominato “Provincia”; associazione che si avvale della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, allo scopo – tra l’altro – di acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore edilizio, movimento terra, ristorazione; acquisire appalti pubblici e privati; ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a sé e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilità; conseguire per sé e per altri vantaggi ingiusti”.
PER LA PROVINCIA UN DANNO DI MILIONI DI EURO
Quanto accertato dai Carabinieri con questa operazione, sviluppata anche grazie all’analisi di migliaia di atti e documenti amministrativi, farebbe emergere un danno, per la Provincia di Reggio Calabria, di diversi milioni di euro, versati in totale, dal 2003 al 2016 alle ditte considerate vicine ai Cordì.
Nello stesso contesto sono stati sequestrati i due istituti scolastici in questione e, per undici degli indagati, sono in corso sequestri finalizzati alla confisca per equivalente di beni per un valore di oltre sette milioni di euro (tra immobili, autovetture, polizze assicurative, somme di denaro depositate presso istituti di credito, finanziarie, o rimesse presso Case da Gioco, in Italia e all’estero).
I CONVOLTI NELL’INDAGINE
In carcere è finito l’imprenditore Pietro CIRCOSTA, nato Martone. Ai domiciliari, invece, l’avvocato Luca MAIO, nato a Locri e per cui è stato eseguito un sequestro beni di circa 920 mila euro circa. Sempre ai domiciliari: Antonio MAIORANA, nato a Stilo, impiegato, a suo carico eseguito un sequestro da 165 mila euro; Rocco MAIORANA, nato a Stilo, commerciante (sequestrati beni per 115 mila euro); Sofia PROCOPIO, nata a Davoli, impiegata (sequestrati 66 mila euro di beni).
(Aggiornata alle 12:30)