“Cutro Reggio Emilia”, Migale precisa: non è un libro sulla ‘ndrangheta

Crotone Attualità

Riceviamo e pubblichiamo integralmente.

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“Essendo stato in alcune circostanze chiamato in causa a proposito del libro “Cutro Reggio Emilia: Dall’emigrazione alla crisi economica” in qualità di autore mi sono sentito in dovere di esprimere una mia opinione ed alcuni chiarimenti in merito. Il libro racconta la storia degli emigrati della Calabria e di Cutro in particolare a Reggio Emilia e vuole tracciare un profilo più veritiero dei tanti lavoratori cutresi approdati nella ricca e laboriosa Reggio Emilia a partire dagli anni 60.

È un lavoro di ricerca di circa 8 anni, tra interviste ed iniziative raccolte poi in una sintesi. Sono gli stessi emigrati a raccontare le loro storie fatte di lavoro di sacrificio e molte incomprensioni, specie nei primi decenni per i difficili rapporti con la comunità reggiana, prima di affermarsi.

I cutresi sono stati chiamati dall’esigenza di Reggio Emilia carente di forza lavoro. Nella prima parte del libro emerge il contesto economico e sociale da dove questi emigrati provengono. Le lotte contadine e il fallimento della riforma agraria e quindi le condizioni di povertà dei territori di origine.

Il rapporto già conflittuale degli anni 60 e 70, mitigato dal discreto lavoro del vecchio Pci negli anni successivi, a partire dagli anni 90 si incancrenisce a causa del fenomeno della criminalità. Reggio non ci sta e avvia una lotta di contrasto che non ha precedenti.

Tutti i cittadini di Cutro verranno messi sul banco degli imputati come se essere cutrese presupponesse essere mafiosi. Una sottile e palese forma di razzismo dettata dalla paura delle infiltrazioni della ndrangheta.

Il libro vuole restituire lo stato d’animo dei tanti calabresi perbene guardati con sospetto e oggi messi da parte. Così come è stato sottolineato a Telereggio. Per quanto riguarda i fatti di criminalità che nel libro ho trattato in vari capitoli e considerati poco convincenti, tengo a precisare che questo non è un libro specifico sulla ‘ndrangheta ma è piuttosto il libro di questi lavoratori perbene che oggi si sentono additati e pagano le conseguenze di azioni e reati che non hanno commesso.

Il complesso tema della criminalità a Reggio Emilia è stato trattato ampiamente dalla stampa e da esperti competenti del settore e che io ho citato nel mio lavoro al fine di restituire al lettore un quadro più completo di quanto è successo a Reggio Emilia negli anni e, anche per giustificare in qualche modo le posizioni assunte dalle istituzioni.

Questo lavoro non ha la pretesa di difendere nessuno in particolare, né tanto meno chi ha commesso dei reati più o meno gravi, non ne ho facoltà. Questo è lavoro di avvocati. È piuttosto un mio contributo per ragionare sui fatti di Reggio Emilia in un contesto più ampio al fine di individuare eventuali corresponsabilità per la mancata interazione tra cutresi e reggiani dopo oltre 50 anni di convivenza.

Dal libro emerge il mio rammarico per le tante iniziative culturali da me promosse nonché le manifestazioni per fare emergere questi disagi e quelli dovuti alla crisi e disertate dalle istituzioni e dagli stessi cittadini emiliani. Dal libro emerge il mio disappunto per i sindaci che dai cutresi hanno preso le distanze per i motivi sopra citati. Il rifiuto degli stessi sindaci dell’invito da parte del commissario prefettizio alla settennale della festa del S.S. Crocefisso a Cutro l’ho considerato un errore.

Il fatto che si siano verificati fatti di criminalità non è un motivo per rompere i rapporti anche con le persone perbene, anzi è un motivo per ricostruirli per migliorarli e correggere errori ed inadeguatezze. Sono sempre stato dell’avviso che da sola la repressione non è stata mai sufficiente per sconfiggere il fenomeno della criminalità ma occorre individuarne anche la cause.

Nello specifico suggerirei di riprendere il dialogo per valorizzare il lavoro fatto da molti di questi lavoratori, affinché con il lavoro e una sana interazione si possa insieme arginare il complesso problema della criminalità. Va da sé ed è superfluo sottolinearlo che per quanto riguarda il considerevole numero di persone indagate e accusate, anch’essi con storie e profili personali e soprattutto reati differenti, molti dei quali ancora sotto processo ed innocenti fino a prova contraria, vadano giudicati secondo i principi del giusto processo così come uno Stato di diritto, civile e democratico sancisce e mai all’ombra del pregiudizio o confusi dal virus leghista che si sta diffondendo in Emilia negli ultimi anni acuito dai fatti di criminalità e dall’atteggiamento a volte arrogante e provocatorio degli stessi imputati che spesso è frutto di retaggi culturali dei territori di provenienza.

Antonio Migale